I maestri di scuola non sono fachiri

I maestri di scuola non sono fachiri I maestri di scuola non sono fachiri Mangiano anche loro tatti i 365 giorni dell'anno - Alle 4-5 ore di lezione al giorno detono aggiungere il tempo necessario per correggere i compiti - « Non abbiamo assegni per le mani, né zappe o badili: soltanto anime: un errore sarebbe fatale» A più riprese, negli ultimi tempi. La Stampa si c oc 17 ata dei maestri. La polemica è stata aperta dalle amare considerazioni dì un insegnante sulla propria vita di sacrificio; è proseguita con un articolo sulle retribuzioni dei maestri (primo stipendio: a Torino 53.238 lire mensili; fuori città 50.225) e con le lettere di solidarietà di molti lettori verso la categoria magistrale. A questo punto è intervenuto su Specchio dei tempi un geometra di Alessandria, il quale con un calcolo semplicistico ha voluto dimostrare che guadagna di più un maestro a 60 mila mensili che un impiegato di banca a 71 mila. Il maestro — diceva — lavora 5 ore al giorno per 142 giorni (4870 lire quotidiane); l'impiegato, un ragioniere per esempio, 8 ore per 284 giorni (3500 lire quotidiane). Concludeva lo scritto sottolineando la possibilità per gli insegnanti, di cercarsi un'occupazione secondaria. In quattro giorni sono giunte ai giornale l~2 lettere di protesta. Qualcuna l'abbiamo pubblicata; delle altre diamo un breve | riassunto. Due maestri, alcssan- drini come il geometra, gli attri- bulscono < doti innegabili di pre- stigiatore ed eccezionale abilitai di contabile» e soggiungono: « Crede forse che i maestri rappresentino una categoria di fachiri capaci di vivere mangiando | soltanto 142 giorni all'anno? ». Gli oppositori del geometra alessandrino rispondono sul numero dei giorni e delle ore di lavoro dei maestri: «7 plorai di lezione, senza contare gli esami e le iserisioni, nell'anno scolastico 'B9-J60 furono 189; Quest'anno saranno più di ZOO. La giornata lavorativa di un maestro non si esaurisce nelle i-5 ore di lezione. Continua per almeno altre t con le correzioni dei compiti, la preparazione delle lezioni, gli studi di aggiornamento ». Un insegnante della c Mazzini > -è pronto a dare dimostrazioni all'avversario dei « signori maestri ». Dice : « Venga pure a rendersi conto della mia giornata. Quaranta alunni, di ogni provenienza, mentalità, preparazione e possibilità. Centosessanta compiti settimanali di lingua e arifmetica da correggere: preparazione scritta quotidiana, programma mensile, cronaca di classe, schede, lavori manuali per le esercitazioni, registri, pagelle, adunanze didattiche ». Trovarsi un lavoro extra. Se- condo il geometra dovrebbe es sere qui il modo di risolvere il problema per gli incontentabili i maestri. Un maestro rurale di Villadeatl incalza: < Dunque nel mio paese il maestro, povero si, ma ben in alto nel concetto lei concittadini dovrebbe allevare be- i i > i e i e a - l i i l , i - rforrdpnpsfifutaqcqbprafol'ssarne o dedicarsi alla vigna, dato che, per legge, è proibito dar lezione ai propri alunni ». Il padre con quattro figli che vanno a scuola sostiene che « se partiamo dal principio che in un paese civile la scuola è servizio essenziale, dobbiamo pure accettare che ti maestro si guadagni la vita facendo scuola, zcxea costringerlo ad altre attività ». C'è In tutti gli scritti dei maestri un senso desolato di scoramento, come di persone ingiustamente umiliate e offese. Citiamo a caso: «Possibile che tutti si siano dimenticati che noi non "lavoriamo" ma perseguiamo un'opera dura colma di difficoltà e disagi? Noi non abbiamo assegni o cambiali tra le mani; e neppure zappe o badili. Abbiamo delle anime, ricche di sensibilità, dotate di capacità differenti: è nostro compito conoscere i bambini, guidarli nei primi passi della vita, migliorarli. Un errore sarebbe fatale. E' necessario essere sempre presenti a se stessi, vigili, giusti, severi, buoni. Un bambino non è una macchina; se si guasta non si può più riparare*. Chiudiamo con le parole di un vecchio insegnante: c Purtroppo il geometra di Alessandria, come molti altri, dimentica chi gli ha insegnato l'alfabeto. Non è un problema di matematica; è una questione morale ». iSainntorTgaCzgIl

Persone citate: Mazzini

Luoghi citati: Alessandria, Torino