Grande folla nelle strade di New York per le operazioni di voto e l'attesa del risultato

Grande folla nelle strade di New York per le operazioni di voto e l'attesa del risultato L'America aspetta con ansia il nome del nuovo Presidente Grande folla nelle strade di New York per le operazioni di voto e l'attesa del risultato li tempo bello ha favorito l'affluenza alle urne - Molte signore agghindate come per una festa - Vivace clima anche nei quartieri negri • Cessate le polemiche elettorali, i cittadini si sono recati a votare come per un solenne rito civile (Dal nostro inviato speciale) New York, 8 novembre. La lunga maratona dei candidati, la corsa senza soste dei cento giorni è giunta alla fine: e come avviene, avvicinandosi al traguardo Kennedy e Nixon, Cabot Lodge e Johnson, ed il presidente Eisenhower al quale era stato concesso, dirò meglio, che si era preso un abbuono di novanta giorni, hanno intensificato lo. sforzo, moltiplicati i balzi da un capo all'altro della Federazione, i discorsi, lo spettacolo di se stessi, non sempre divertente, alla televisione. Ora si tirano i conti, si vede che in tre mesi hann.o sommato tante ore di volo da mettersi in gara con i più anziani piloti dell'aria (Nixon nelle ultime trentasei ore, andando e tornando dall'Alaska all'Illinois e al Michigan e rifugiandosi a casa sua in California ha percorso più di settemila miglia), hanno fatto cenUnaia di discorsi, hanno pronunciato migliaia di volte parole come libertà, pace, buona volontà, progresso, prestigio, sfacciata menzogna, inaudita propaganda di odio e di calunnie; ed hanno stretto decine di migliaia di mani, baciato altrettanti infanti nelle braccia delle madri, carezzato paternamente sulle chiome fiorenti fanciulle. Ora che la campagna elettorale è finita tutti dicono che è durata troppo a lungo; poche promesse di cui si possa tener conto, poche critiche profonde, una profluvie di luoghi comuni, il palleggiamento di accuse, sempre quelle, di leggerezza, di incompetenza, di falsificazione dei dati e dei fatti. Tuttavia qualcosa è avvenuto nel corso della lotta di cento giorni: cominciata fra la indifferenza generale, in una atmosfera di apatia caratterizzala dagli slogans ricorrenti, « io voterò contro tutti e due », « chi è contro Nixon è contro Kennedy », perché i due giovani candidati apparivano due mele dello stesso paniere, con un passato pressapoco uguale di ambiziosa attività politica, l'uno e l'altro figli di papà, Kennedy di un padre naturale ricco a miliardi, Nixon di un padre adottivo che intendeva trasmettergli intatta la sua potenza e la venerazione di tutto il popolo. Cominciata in sordina la lunga battaglia ha acqui- iiiiiiiiiiiiiiiriiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiii à a a a i o i i sfato tono e clamore di giorno in giorno, ha fatto dei due avversari due figure ben distinte sì da apparire alla fine agli antipodi l'uno dall'altro. E nelle descrizioni dei suoi devoti Nixon è descritto calmo, prudente, bravo a cercare abili consiglièri, modesto, campione di una savia politica del « giusto mezzo »; e Kennedy appare agli occhi dei suoi partigiani un uomo coraggioso, di intelligenza acuta e fresca, con la mente aperta alte possibilità del futuro: un «omo che non ha paura di guardare nel fondo delle cose, di riconóscere la debolezza e la decadenza della nazione perché sa come porvi rimedio. Nei discorsi finali il tono è stato più elevato, la polemica lasciata da parte o tenuta in sordina. Nixon non ha parlato di sé proponendosi come il presidente ideale, non ha nominato l'avversario, ha detto che i votanti non debbono far la loro scelta secondo la personalità del candidato o il colore del partito o le amicizie, ma collocare in primo piano l'America e dare il voto all'uomo che meglio possa servirla. Ma prima dell'ultimo discorso Nixon si è offerto all'ammirazione o alla critica di tutta la nazione in uno spettacolo televisivo che è durato quattro ore, ed è costato, dìcono, mezzo milione di dollari, più di trecento milioni di nostra moneta: un dialogo na zionale. Ogni cittadino era invitato a fargli domande per telefono, d'ogni genere, « tutte le domande che si possano fare sotto il sole*. E davvero gli hanno chiesto di tutto, « che cosa pensi di fare con Fidel Castro f perché ti sei portata dietro la moglie nella campagna elettorale} sei un padre severot (risposta: "No, vizio i miei figli "). Com'è che hai trovato il tempo di stare quattro ore a farci vedere la tua bella faccia e non hai trovato due ore per un quinto incontro televisivo con Kennedy? » (e qui la risposta è stata impacciata parecchio). Le domande venivano raccolte al telefono da un senato di duecento fanciulle — se ne è avuta la visione, in un anfiteatro che pareva enorme, tutte con la cuffia alle orecchie intente' a stenografare freneticamente); poi trasmesse ad un jriumt'irafo di professori che le vagliavano ed infine un altro signore leggeva le domande a Nixon che subito rispondeva, senza stare un momento a pensarci sopra (e per questo alcuni che avevano mandata la loro brava domanda, e non hanno avuta rispo sta, han detto che la cosa è stata truccata). Mi pareva di assistere ad una gigantesca moltiplicazione dei responsi di un oracolo dell'antichità, Del fo o Dodona: anche allora c'erano accoliti che ricevevano le domande dei credenti incise su laminette di piombo, e le passavano alla pitonessa, ed essa dava risposte ambigue (e così si è comportato Nixon, quando gli hanno chiesto se la Cina debba essere ammessa alle Nazioni Unite: « No — ha detto —, date le circostanze presenti, ma non è da escludersi che per l'avvenire... ecc. ecc.). Prima di entrare nello studio della televisione Nixon ha voluto lanciare l'ultima freccia avvelenata contro Truman che lo ha attaccato spesso con pesante arguzia, ma più greve è stata la battuta di Nixon: ha citato una strofetta che sarebbe invenzione di un vecchio divo del cinema e sostenitore di Nixon, Leo Carillo; e dice la strofetta: « C'era una volta un uomo che aveva un mulo. - Lo guardavo sul muso, mi pareva quasi umano. - Ma quando lo guardai dalla parte della coda - Mi sembri Harry Truman »; da cui si vede come la rima « human » « Truman* ha ispirato il poeta. Kennedy, che pronunciando il suo ultimo appello è apparso preoccupato, quasi triste, si è preso gioco tuttavia della proposta di Nixon, che ha definito futile, di spedire in un viaggio missionario intorno al mondo Eisenhower Truman e Boover (ed ha ribadito Walter Lippmann, se le idee e le trovate di Nixon son tutte di questo genere. Dio ci guardi da un presidente così); ed ha concluso esprimendo la speranza che nella giornata di oggi la nazione voglia ancora una volta scegliere il progresso, andare innanzi, mettersi al lavoro per creare una salda comunità in patria ed un mondo pacifico e produttivo. E parlando alla televisione, rispondendo anch'egli a domanti r. dei cittadini, ha detto ancora una volta che non per metterà né al Papa né ad alcun prelato o parroco di fiducia di influire sulla sua con dotta, ove fosse eletto presidente. Eisenhower infine, anche lui comparso a lungo alla televi sione, ha ricordato le sue trionfanti vittorie del 195S e del '56^ ha lodato le savie opi nioni politiche dei suoi nipotini (< Ieri dopo il servizio divino sono andato alla casa ove vive mio figlio con la moglie ed i suoi quattro figlioli. Questi miei nipoti, che ranno dai quattro anni ai dodici, mi sono naturalmente molto cari: per quanto giovani hanno idee proprie ben definite su queste elezioni, opinioni con le quali, debbo dirlo, concordo di tutto cuore »). Ed ha raccomandato agli elettori Nixon, che accanto a lui, ha detto, ha messo insieme in otto anni tutta la esperienza necessaria per fare il presidente. (Diceva Bernard Shaw: < E' mia esperienza che l'esperienza non ha mai insegnato nulla agli uomini»). Stamane Kennedy è andato presto a votare, traendo buono auspicio dal cielo chiaro. < Con questo bel tempo nessuno re sterà a casa, andranno tutti a votare ». Ed Eisenhower, co me otto anni fa di questi giorni — i vecchi amano ripetersi — ha esclamato < Questo è il sole delle vittorie». Anche su New York il cielo è limpido, un vento fresco esilarante corre le strade come il vento delle altezze, i novissi- \ mi grattacieli puri come teoremi di matematica, tutti vetro e sottili armature di metallo lucido, brillano festivi. C'è davvero un'atmosfera festiva nella metropoli, la gente si dispone ad attendere in lunghe file davanti alle sezioni elettorali come farebbe davanti ai cinema. Più fitte sono le code nei quartieri intorno alle avenues eleganti, la Quinta, la Madison, la Park, le belle signore, le belle vecchissime dame incipriate dall'arte e dagli anni si sono alzate tardi e sono «/l'unte alle sezioni tutte insieme, liete di essere prese di mira dai fotografi, liete di aspettare come nella imminenza di uno spettacolo. Anche negli squallidi quartieri della periferia, dove abitano i miserabili, i negri, i portoricani, c'è aria di festa. Dirò meglio, c'è la serenità e la compunzione della domenica, del giorno dedicato agli affetti familiari ed al servizio divino. Si avviano alla sezione con serietà, con il viso assorto, in silenzio: tengono in mano i documenti per farsi riconoscere come un libro di preghiere. Paolo Monelli MASSACHUSETTS 16 •RHODE ISLAND 4 CONNECTICUT 8 NEW JERSEY1S DELAWARE 3 MARYLAND 9 ALASKA 3 HAWAII 3 Gli Stati della Federazione americana con l'indicazione dei rispettivi «voti elettorali» XiXOX ALLE (rilXE In una sezione di Whittier, in California, Niton firma il registro elettorale prima di entrare in cabina per votare. Alle sue spalle è la consorte (Telcfoto)