Olimpionici in via Veneto

Olimpionici in via Veneto Festa per i pallanuotisti Olimpionici in via Veneto Giusi Leone ha trascorso invece la giornata nei musei - Berruti ha perso la tradizionale calma Roma, lunedì mattina. Alla vigilia della sua grande giornata Livio Berruti aveva dormito profondamente, come e meglio del principe di Condé: è nel costume di questo smilzo, razionale campione torinese e chi lo conosce sa quanto poco ceda alle emozioni. Sull'ansia e sugli ultimi dubbi che lo divoravano, sulla paura di avversari del prestigio di Seye e di Norton, egli ha fatto prevalere il lucido cervello: si era imposto di riposare, per non compromettersi la corsa più importante della vita e, a comando, ha riposato. Ma la notte scorsa non è riuscito a chiudere occhio. La magnifica vittoria, la medaglia d'oro, il trionfo davanti a uno stadio delirante, gli avevano gonfiato il cuore. All'alba di ieri, mentre il Villaggio Olimpico si godeva fra le lenzuola le prime ore della domenica inoperosa, Livio passeggiava davanti alla palazzina degli atleti azzurri, ed era solo. Vederlo in pigiama, con la faccia stanca e tesa e le orbite segnate, andar su e giù lungo i vialetti, inquieto per la troppa gioia, ci ha consolati: flnal- mente Berruti usciva dal suo personaggio convenzionale, il giovanotto sempre padrone di sé diventava uno come gli altri. Livio non è dunque quell'algido superman di cui s'è tanto discorso. Il successo gli piace, naturalmente, e se lo assapora. Forse lo turbano un po' gli inevitabili codazzi del successo. Sabato sera, ritornato dalla gara, aveva trovato al Villaggio il ministro Andreotti, i dirigenti del Coni, i compagni di squadra: volevano festeggiarlo tutti assieme. C'è stato un pranzo, con i brindisi rituali, è seguito un rosario di congratulazioni. Berruti era confuso e lieto. Non immaginava che quell'amichevole banchetto alla buona fosse il preludio alle cerimonie e alle manifestazioni che immancabilmente, d'ora in poi e chissà per quanto tempo, gli toglieranno la pace. Lo studente torinese ha già in mente un preciso programma di attività e l'atletica non vi ha che una parte minima: « Ho ancora da scendere in pista, mercoledì, per la staffetta; poi considero chiuso il capitolo olimpico. Sono indietro con gli studi, penso di preparare tre esami e sostenerne due in ottobre e uno in febbraio' gli esami che ho dato a luglio sono andati bene, anche se gli allenamenti mi assorbivano. Non si vive di solo sport e io lo valuto per quel che è: uno stupendo, impagabile divertimento, nulla più. Quando terminerò la mia ferma nella polizia, forse resterò a Padova: è 11 che ho cominciato l'Università e lì mi piacerebbe concluderla. Con la laurea In chimica non sarà dinicile crearmi una posizione ». Giudizioso com'è, anche in momenti agitati come questi trova il modo di usare il cervello. Chiunque nei suoi panni, dopo la gara entusiasmante che lo ha posto tra i più perfetti campioni di ogni epoca, penserebbe a ben altro che agli esami. Penserebbe, magari, a trarre profitto dall'improvvisa notorie. tà (ed i precedenti illustri non mancherebbero: il tedesco Armin Hary, l'uomo dei 10 secondi netti, sfrutta la sua fama con un curioso mestiere che ufficialmente è quello del commesso in un negozio e in realtà è di c manichino > per attirare i clienti. E, contro moneta sonante, ha accettato un ingaggio d'una «ocietà sportiva rli Francoforte che lo utilizzerà negli stadi). Ma Berruti che è consapevole di quanto ■ia effimera la fama, anche ■a conquistata a duro prez¬ zo, e ohe, soprattutto, da giovanotto dì gusto e di cultura, pratica lo sport nel senso vero ed etimologico — ha i prodigiosi piedi appoggiati sulla terra e le sue mire sono forse meno ambiziose, certo più nobili. Ieri ì fotografi lo hanno torturato per ore; e poi i giornalisti, a decine gli stranieri, persino un giapponese del Tokioshimbun il quale scriverà una biografia a puntate del fuoriclasse torinese: ed infine le ondate dei romani che, ai cancelli del villaggio, bimbi e vecchi, donne e uomini, imploravano un suo autografo. Erano venuti da Torino alcuni amici, compagni di scuola, e si sono improvvisati guardie del corpo di Livio: 10 hanno sottratto alla vorace curiosità e se lo sono portato fuori Roma, lontano dal frastuono domenicale. Anche Giusi Leone, l'altra torinese alle Olimpìadi, ieri era introvabile. Sabato aveva compiuto un magnifico exploit, nelle batterie dei 200 metri alle quali, fino a un minuto prima della gara, non intendeva partecipare: si sentiva spossata per la sfibrante corsa dei 100 metri, non era in condizioni fisiche ideali e, modestamente, si accontentava della medaglia di bronzo già intascata. Adesso è lieta d'avere ascoltato i consigli dei dirigenti: 11 tempo di 23' e 7, di appena 5 decimi di secondo superiore a quello della formidabile negra americana Wilma Rudolph, le permette di sperare, alla finale di oggi, in una altra medaglia, se d'argento tanto meglio. Giusi, uscita dì buon mattino, non è andata in campo ad allenarsi: ormai non ne ha più bisogno, le occorreva soltanto stendersi e Hiotrarsi. Ha fatto il giro dei m sei, con il Baedeker alla mano, mescolata alla folla dei turisti. II settore del villaggio riservato agli azzurri risuona ancora dei canti che hanno salutato il rientro vittorioso dalla piscina del Foro Italico dei sette nuotatori di water-polo. I ragazzi erano folli per l'entusiasmo: già prima della cerimonia protocollare della premiazione, con gesto burlone, si erano gettati in massa verso il podio e l'avevano accuratamente spazzolato. Gli spettatori li hanno coperti di. ovazioni, fra uno sventolìo di bandiere tricolori, hanno improvvisato una fiaccolata accendendo come torce i giornali: e hanno intonato il ritornello che s'usa nei derby di calcio della Capitale: « V'avemo 'mbriacati, oh oh oh! ». Con al collo i trofei delle medaglie d'oro, pigiati sull'automobile dì un tifoso, i sette sono andati a via Veneto a mostrare alle dive e ai nottambuli i loro preziosi trofei. Dopo mesi di forzata astinenza, si sono sfogati a bere ed a ballare. H gruppo chiassoso e ilare richiamava capannelli divertiti. Nella notte, terminata la baldoria, i due atleti di Recco, Pizzo e Lavoratori, sono partiti per la Liguria dove li aspettano nuovi festeggiamenti; il napoletano Parmegiani è rientrato a Napoli per abbracciare la madre; i tre fiorentini Lonzi, Bardi e Spinelli e il bolognese Rossi hanno preferito rimanere a Roma, dove la atmosfera olimpica è più calda, a bearsi del loro successo. Gino Nebìolo L'azzurra Giusi Leone

Luoghi citati: Francoforte, Liguria, Napoli, Padova, Roma, Torino