Un «ospedale di carità» a Nuova Delhi per curare gli uccelli ammalati o feriti

Un «ospedale di carità» a Nuova Delhi per curare gli uccelli ammalati o feriti LO SPIRITO DI "NON VIOLENZA,, VALE ANCHE PER GLI ANIMALI Un «ospedale di carità» a Nuova Delhi per curare gli uccelli ammalati o feriti Un bramino li assiste; rimette in libertà quelli guariti, ricovera gli invalidi - E' un discepolo del jainismo, la sètta più rispettosa di ogni essere vivente: i suoi adepti portano una garza sulla bocca ed un campanello al piede, per non uccidere nemmeno un minuscolo insetto - C'è in India un senso religioso di fratellanza tra gli uomini e le bestie: le anime, nella reincarnazione, possono trasmigrare in qualsiasi creatura viva (Dal nostro inviato speciale) Nuova Delhi, 11 ottobre. L'ospedale degli uccelli, un edificio a due piani che porta sulla facciata, a grandi lettere, la scritta « Charity Birds Hospital », riceve ogni giorno una media di sessanta volatili feriti o malati che la pietà dei cittadini raccoglie negli angoli più diversi della capitale. Sono pappagalli, paiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin voni, maine, passeri, piccioni e moltissimi altri dai colori soavi, che vengono presi in cura da un bramino di quarantacinque anni, chiamato Sciv Nath. Quando gli uccelli sono guariti ed abili al volo, il bramino li rimette in libertà. Fin dai primi giorni, ondarmi più viva la sensazione del rispetto degli indiani per tutti gli animali, sono stati gli uccelli e. la confidenza con cui si mescolano all'ambiente degli uomini. Nelle città, circolano dovunque tranquilli, entrano nelle abitazioni, nei templi, nei ristoranti, nelle stazioni; fanno il nido sulle cornici di stucco, nelle coppe dei ventilatori che pendono da} soffitto, tra gli scaffali di un ufficio delle tasse, dietro ai vasi di medicinali allineati nelle farmacie. Ad Indorè, un passero veniva la sera a dormire nel bagno della mia stanza\d'albergo, si accoccolava sopra il commutatore di un campanello elettrico, ed anche se entravo all'improvviso di notte, ed accendevo la luce, non si sognava di fuggire. Percorrendo in automobile le strade di campagna, capita come niente di avvicinare fagiani, pernici, colombe, cicogne, aironi (i bianchi aironi che trascorrono sui campi lievissimi, quasi fossero di carta velina) senza che nessuno mostri il minimo segno di spavento per l'uomo. Niente, tuttavia, come la visita all'ospedale degli uccelli, unico in tutta l'India (e credo-in tutto il mondo) mi dette il senso della fratellanza che in questo paese esiste tra uomini ed animali. Bisogna dire, proprio, che non esiste, qui, la separazione netta tra uomini ed animali che vige da noi: tutti i viventi, dal più piccolo al più grande, dal più debole al più forte, dal più semplice al più complesso, sonoanelli di una stessa lunga catena, di una stessa parentela che la religione indù esprime icasticamente éon la credenza della reincarnazione delle anime " sotto i più, vari aspetti detta scala biologica. Per gli indù gli animali non sono semplici animali; sono portatori di anime che, in una precedente vita, poterono albergare in iifiiiiiiiiiitiiifiTiiiiiiiiitiirifiii iiiiiimiiimi esseri umani, che potranno incarnarsi ancora in esseri umani in una vita successiva. Sciv Nath cominciò a prendersi cura degli uccelli all'età di dieci anni e da allora ha accumulato un'esperienza unica in tutta l'India. Nel suo ambulatorio si vedono bottiglie, fiale, siringhe, ferri chirurgici, una profusione di recipienti colmi di medicine misteriose, che affondano le loro radici nella antica scienza ayurvedica. I volatili che arrivano al suo tavolo operatorio sono quasi sempre in gravissimo stato: si feriscono, volando, ai fili elettrici sospesi nell'aria, o urtando contro le pale dei ventilatori che girano nell'interno delle abitazioni, dove riparano per cercare un po' di frescura. Il bramino mi mostra una corsia di pazienti che giacciono, vorrei dire boccheggiano, nelle loro cellette, e non capisco come possano resistere in vita. Vedo ali maciullate, zampe stroncate, squarci paonazzi traverso cui si scorgono organi vitali. Altri uccelli sono affetti da malattie non meno gravi e svariate di quelle che colpiscono gli uomini. Sciv Nath mi mostra un colombo serrato dalla paralisi, tutto contorto, che riesce a compiere solo alcuni goffi movimenti. Ebbene il bramino, con le sue medicine millenarie, i suoi ferri, ottiene guarigioni incredibili. Egli tiene conto anche dello < stato d'animo » dei suoi pazienti Sa che i malati intristiscono nella solitudine, che hanno bisogno del calore della compagnia, che il morale alto è una delle medicine migliori: e perciò affianca sempre ai degenti, nelle cellette, qualche volatile in via di guarigione, quasi potesse dite: « Anch'io sembravo spacciato, invece... ». L'ospedale culmina con una grande voliera nella quale Sciv Nath raccoglie gli uccelli risanati. Entro, ne vedo a centinaia che volteggiano con gran fracasso .d'ali, che gorgheggiano festosi come se presentissero Vimminente libertà. Altri zoppicano, oppure caracollano agitando un moncherino al posto dell'ala che hanno perdu- iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiin to, o brancolano incerti perché sono rimasti ciechi: sono gli invalidi che Sciv Nath-ricovera nell'ospedale per tutto il resto della loro vita. Il « Charity Birds Hospital », costruito a ridosso di un tempio dei Jain, vive con gli aiuti della setta che più di ogni altra esprime l'ideale della non violenza, cosi pullulante in tutta l'India, t Jain, di derivazione buddista, sono poco più di un milione e mezzo; si distinguono per una garza bianca che portano dinnanzi alla bocca, come i chirurghi nelle sale operatorie. Alla nostra mentalità occidentale, le loro tradizioni, le loro credenze sembrano una favola tra il poetico e l'assurdo. Permeati della ahimscià, dello spirito della non violenza, essi credono sia grave peccato uccidere qualsiasi vivente, dal più grande al più piccolo, dall'.uomo al microrganismo. Essi portano la garza dinnanzi alla bocca per non ingerire inavvertitamente i minimi esseri che vagano nell'aria, compresi quelli invisibili. / campanelli che spesso portano legati alle caviglie, hanno lo scopo di segnalare agli animaletti vaganti sul terreno il sopraggiungere di passi che potrebbero calpestarli. Sempre al fine di non sopprimere involontariamente vite impercettibili, molti Jain non mangiano né escono di casa dopo il calar delle tenebreLungo la strada da Indoro a D.har, incontrai un Jain, un uomo alto, elegantissimo nel suo paludamento candido simile ad una toga? la garza dinnanzi alla bocca che faceva spiccare il diamante nero dei suoi occhi. La sua mansuetudine era altera e vorrei dire solenne. Tra le tante altre cose, gli domandai: .« Come si comporterebbe nel caso che un malintenzionato cercasse di usarle violenza! ». Mi riSpose: < Cercherei di dissuaderlo con le buone maniere ». < E se egli non se ne desse per inteso, e minacciasse di ucciderla, lei si difenderebbe t ». E' difficile descrivere il sorrisa diafano, dolce e vorrei dire irremovibile che ■ sali alle sue labbra. Mi disse di. no, senza alcuna enfasi, senza alcun impeto, con una malinconia soave, ma capii che nulla al mondo l'avrebbe indotto ad alzare un dito contro il suo aggressore. A noi occidentali, che pur dobbiamo tanto della nostra educazione ai princìpi cristiani, un simile atteggiamento di arrendevolezza di fronte all'aggressione iniqua, può sembrarci persino vile e in ogni caso fuori della ragione. Bisogna tuttavia ricordare quale somma di forze conquistatrici può scaturire dal fondo della non violenza. Occorre appena accennare che Gandhi fece della ahimscià l'arma irresistibile, con la quale condusse un intero popolo all'indipendenza: ed è misurando la grandezza di un simile risultato storico che essa potrà apparirci in una luce meno incomprensibile. Se i Jain armati di garza e di campanelli possono sembrare l'incarnazione dell'assurdo, è alla loro fede che il Mahatma ispirò in gran iiiiiiiiliiiiiliiiiMiiiiiiiliiiiimiliiiiiliiililiiiiiin parte la linea politica della non violenza, che si rivelò strumento pratico di valore incalcolabile, e non fantasima o vana sogneria. Gandhi visse gli anni formativi della sua adolescenza a Rajcot, cittadina affondata nel cuore della tradizione Jain. E' vero, tuttavia, che oggi i Jain vanno addolcendo alquanto il rigore dei loro principi, sotto l'incalzare delle scoperte moderne. Oggi la garza dinnanzi alla bocca è diventata più che altro un segno di riconoscimento, come i campanelli alle caviglie, e coloro che li portano ancora sono ormai una minoranza. Ho parlato con molti Jain in varie parti dell'India, ed ho trovato che molti giustificano il principio della legittima difesa. A tutti quelli che mi sono capitati a tiro, ho posto una domanda che può sembrare stravagante: ho chiesto se sono disposti ad usare la penicillina o altri antibiotici nel caso che vengano colpiti dalle infezioni che i nuovi farmaci possono curare con grande facilità, distruggendo la vita dei germi che ne sono la causa. Ebbene, tutti mi hanno risposto allo stesso modo, che non avrebbero esitato a ricorrere agli antibiotici dopo che tutte le altre terapie si fossero rivelate inefficaci. Molti, con un sorriso, aggiungevano che un vero Jain dovrebbe lasciarsi morire piuttosto che salvarsi grazie alla distruzione di altri esseri vive7iti. I/ospedale degli uccelli di Nuova Delhi non è una bizzarria solitaria di Sciv Nath, né una prerogativa di una setta pittoresca: esso affonda le sue radici nel millenario sentimento di rispetto che la stragrande maggioranza degli indù hanno per gli animali. Se il bramino li cura e li guarisce, sono i cittadini qualsiasi che raccolgono gli uccelli feriti e malati e li portano al tCharity Birds Hospital* in numero così cospicuo. E' una pietà antica, che per nostro conto non esitiamo a defini¬ re commovente. Di solito è nei paesi, agiati che fiorisca l'amore per gli animali, mentre è nei paesi poveri che gli animali si distruggono senza troppi riguardi, anche per ragioni di sopravvivenza. Ebbene, una povertà che ha dell'incredibile, e spesso la fame, non impediscono agli indù di soccorrere i poveri uccelli straziati che cascano a terra, e di portarli all'ospedale del bramino Sciv Nath. Alfredo Todisco

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