Istintiva diffidenza dei viennesi per la propaganda anti-italiana di Enzo Bettiza

Istintiva diffidenza dei viennesi per la propaganda anti-italiana La questione alto-atesina è vista con disinteresse e apatia Istintiva diffidenza dei viennesi per la propaganda anti-italiana Il cittadino medio ha subito troppe ferite nell'ultimo cinquantennio per desiderare complicazioni nazionalistiche Molti passano le vacanze in Italia; tutti dicono «siamo stati trattati benissimo» - Le polemiche nella capitale sono limitate agli intellettuali - Il commento di uno sconosciuto : « Sono gli stessi che ci portarono a Hitler » (Dal nostro corrispondente) Vienna, 27 settembre. Ricordo la strana telefonata che mi fece uno sconosciuto viennese nella primavera di quest'anno, quando si stava svolgendo il congresso straordinario della Sudtiroler Volkspartel a Bolzano. Fu dalla risoluzione finale di quel congresso che il governo di Vienna ricevette, si può dire, l'Investitura morale per la presentazione della controversia italoaustriaca all'Onu. La voce senza volto, che sembrava al di là del filo molto agitata, s'Informò se io fossi 11 corrispondente di questo giornale e, ottenuta la risposta, mi fece suppergiù il seguente discorso: « Sono profondamente addolorato di quanto sta avvenendo tra i nostri due paesi. Il Sud-Tirolo all'Onu? Ma ciò significa aprire una piaga nel cuore d'Europa, una piaga che non rimarginerà forse più per qualche decennio. Io, austriaco, giudico pazzi coloro che ci stanno portando su questa strada. Sono vecchio, conosco bene gli uomini, specialmente della Volkspartei, quelli che stanno dietro le quinte: sono gli stessi che ci portarono, nel 1938, all'Anschluss. Stessi gli uomini, stesse certe parole d'ordine, stessa la ostinata caparbietà con la quale si persegue lo scopo. Non c'è più fascismo, nel Sud-Tlrolo; c'è, da parte italiana, semmai qualche errore psicologico, qualche furbizia e una certa lentezza burocratica. Tutte cose, comunque, che potrebbero essere tranquillamente appianate in corrette conversazioni tra i due paesi. Le ho telefonato perché sappia che non tutti, in Austria, in particolare qui a Vienna, condividono l'isterismo della stampa e di certi discorsi >. Quella telefonata fu la conferma esasperata di un'atmosfera di disinteresse e di apatia diffusa a Vienna tra il popolo e la gente media, per la questione sudtirolese. C'è di più, mescolata a una certa apatia qualunquistica, una punta di autentica diffidenza politica. Calmi, sornioni, sospettosi per storia e per natura di ogni complicazione nazionalistica, duramente scottati nell'ultimo cinquantennio dalle mistiche impennate della provincia (Hitler era di Linz, la truppa d'urto che dopo il '30 affrontò i socialisti per le strade di Vienna proveniva dalla Stiria, oggi stesso il focolaio sciovinistico per l'Alto Adige ribolle a Innsbruck) 1 viennesi seguono con perplessità e molto spesso sono costretti a sorridere acremente dello stile cui ricorre gran parte della stampa viennese nei confronti del l'Italia. Una volta leggono che i paracadutisti italiani, in una congiura segreta, hanno deciso di occupare Innsbruck, un'altra che i turisti austriaci vengono malmenati e le macchi ne austriache sfregiate in Italia, una terza che gli alpini stanno scavando trincee in territorio austriaco per fare la guerra all'Austria: e con giusto disgusto allontanano da sé questi fogli, tra i quali purtroppo si trovano i quotidiani più autorevoli. Né si dimentichi un fatto psicologico importantissimo: il non breve soggiorno estivo che molti di essi trascorrono ogni anno, in Italia. Grado, Lignano, Rimini anche quest'anno assunsero, tra giugno e settembre, l'aspetto di una mezza colonia viennese. Al rientro in patria, il commento di tutti è sempre lo stesso: «Il veleno della questione sudtirolese non riesce a corrodere la simpatia tra noi e gli italiani: anche quest'anno, siamo stati trattati benissimo». Dirò di più. So di autorevoli giornalisti, che per tre stagioni scrivono vibranti articoli di fondo contro l'Italia e che poi in estate prendono il primo treno per Firenze o per Venezia. Da questi fatti, si ha l'impressione che al fondo della crisi italo-austriaca si nasconda veramente, in qualche punto, un errore, un grosso e fatale malinteso, che i viennesi avvertono e che gli altri o non vedono, o lo gonfiano e freddo. E' salendo negli strati intellettualmente più qualificati che, nella stessa Vienna, il problema comincia ad acquistare un contorno più definito e più polemico. Gli intellettuali lo sentono, come malessere e come cria:. In miniatura si riproduce qui lo stesso fenomeno che paralizza da anni tanti intellettuali francesi a proposito dell'Algeria: l'esasperazione della campagna politica, penetrando in certi salotti, ha contagiato anche cervelli lucidi, non sospetti di filo-nazismo o dì pangermanesimo. Si è condensata ormai una certa isteria sud-tirolese, per cui un intellettuale che, per esempio, condanna il razzismo nel Sudafrica, è capace di prendere le difese del mago chiuso e del matrimoni < puri » nell'Alto Adige. Ogni illogicità viene razionalizzata con la frase: bisogna capire la situazione locale ed entrare nel dramma e nel cervello di quei montanari, grevi e patriarcali, assediati sempre più da un popolo mobilissimo, senza radici, disposto all'avventura, come l'italiano. Il viennese medio, a queste affermazioni, sorride. Sa bene che le riserve razziali e naturali possono essere conservate, come curiosità zoologiche e botaniche solo nei mondo della fauna e della flora. Ma la mistica del sangue e della terra da che mondo è mondo, ha trovato spesso fortuna tra i rappresentanti ufficiali della ra¬ gpDnlfmsmnTt gione; e così sta avvenendo purtroppo anche in Austria. Dove la ragione sta abbandonando le redazioni del giornali e 1 salotti per trovare un rifugio nella strada, tra gli uomini semplici. Enzo Bettiza

Persone citate: Hitler, Lignano, Linz