Gli Impressionisti di Marziano Bernardi

Gli Impressionisti Gli Impressionisti Impressionismo, Impressionisti. E chi non ricorda la celebre esposizione del 1874, dei trenta pittori « chez -Nadar », dove il titolo d'un piccolo quadro di Monet, Impression, soleil levant, beffeggiato dallo Charivari, diede il battesimo al battagliero gruppo? Ma già nove anni prima il critico Castagnary lodando il precursore Jongkind aveva notato: «Per lui""tutto consiste neWbnpressione », e la parola dunque da tempo era nell'aria. Manet, Degas,. Monet, Pissarro, Renoir, Sisley, Cézanne, e poi Gauguin e Van Gogh, Seurat e Toulouse-Lautrec... nomi magici, entusiasmanti, quadri ammirati desiderati pagati come e più che dei Raffaello e dei Tiziano... Ma che è dunque questo Impressionismo che ognun crede di sapere cosa sia, mentre ancora, a circa un secolo dalla sua nascita, i competenti ne danno interpretazioni che soltanto fino a un certo punto collimano? Ecco — risponde brillantemente Francois Mathey nel suo ultimo volume Les Impressionnistes et leur temps, adesso pubblicato in italiano da « Il Saggiatore » (Mondadori), pagine che incatenano l'attenzione come un romanzo elettrizzante — l'Impressionismo è stato definito un movimento artistico autonomo che si propose di dare una rappresentazione del mondo esteriore in armonia con le verità affermate contemporaneamente dalla scienza. In realtà, ben più che un momento della storia dell'arte già esaurito verso il 1890, fu la prima rivelazione della sensibilità moderna. <t Più che una tecnica o uno stile, fu uno stato d'animo ». Ed è press'a poco la definizione che ne diede Lionello Venturi quando affermò che l'Impressionismo fu una nuova concezione della vita. Un fatto di costume, perciò, una verità murale che lanciava il suo messaggio per una società che sorgeva diversa dalla precedente. Con felice trovata il Mathey apre il suo libro offrendo la riproduzione a colori del Coup de, vent di Corot, alcuni alberelli che si piegano scarmigliati sotto l'improvvisa raffica. E commenta : « Un mondo stava per crollare. La tradizione non era altro che una facciata. La forma, ispirata a tanti accademismi defunti, non a'.-va più contenuto o quasi. Quando col mite, dolce Corot un soffio di aria pura disperde le nubi, le foglie morte volano via ». Le foglie morte. Cioè i grandi, aulici, intellettualistici «pompierismi» dei Saìoìis, gli Hébert, i Baudry, 1 Cabanel, i Géróme, i Fleury, accanto ai Dubufe, ai Carolus Duran e a certi Bonnat. Quel soffio d'aria pura screziando di vivi colori terreni acque cieli rivela la verità di natura nel trionfo della « luce », la nuova essenziale conquista: e tutto vibra, palpita, offre un'immagine da afferrare nell'istante che fugge, da tradurre sulla tela con immediata fremente sensibilità. Il vero nudo e crudo è l'arte, dicono 1 Goncourt. Fate del vero e vi applaudirò ancora più forte, grida Zola. Il « vero », temibile parola che pone in sospetto il conformismo borghese dei benpensanti, l'autorità costituita, l'ufficialità della « Scuola ». Ne fa esperienza Manet con l'Olympia. Persino Courbet, il padre del realismo pittorico, ne è sconcertato : « Si direbbe la dama di picche di un gioco di carte, appena uscita dal bagno » : la Olympia, che non è certo un quadro impressionista, ma che diverrà la bandiera del più pugnace manipolo degli Impressionisti, fra la diffidenza dello stesso .tutore, il dandy Manet che aspira alla Legion d'Onore, e sentirà sempre un'insofferenza quasi fisica per i veri Impressionisti massimi che sono Monet, « l'umile e gigantesco Pissarro » (giudizio di Cézanne), Sisley: perché lo stesso deificato Cézanne è il contro-impressionista per eccellenza, è l'uomo che vuol rifare Poussin « d'après nature », è il pittore che incitando a « trattare la natura col cilindro, la sfera, il cono, disponendo il rutto in prospettiva, affinché ogni lato di un oggetto o di un piano sia diretto verso un unico punto centrale », apre la via al Cubismo. Perciò è giusto dire che l'Impressionismo non è una scuola, non è uno stile (troppo incerto da autore ad autore), non è una tecnica, ma è un gusto, una sensibilità, uno stato d'animo. E' la vera Rivoluzione Francese dell'arte, attuata in un nuovo clima spirituale che l'arte trascende, con settantanni di ritardo su David, irretito da una estetica « politicizzata »; quella rivoluzione che Oelacroix, artista troppo intellettuale e fedele al mito del Museo, aveva potuto, scatenando il colore ma non la ltdcngmasgaralfipcanflcs luce, compiere solamente in parte, e l'idillico Corot, persuaso della divina immanenza delle cose naturali, semplicemente annunziare. Ma dandoci i loro capolavori gli autentici Impressionisti, «primitivi di una nuova arte », si assunsero, inconsapevoli, responsabilità immense; o per dir meglio, fornirono dei presupposti alle generazioni artistiche future, ch'essi stessi certamente avrebbero rinnegato. Dipingendo le ombre colorate (e colorate fino all'arbitrio polemico), applicando più tardi la teoria dei colori complementari, eccitando all'estremo lìmite, come il Monet delle Cattedrali e delle Ninfee, la fusione delle forme nella luce, pensarono di toccare il culmine della verità naturale, della verità dell'occhio. Nel loro supremo amore per la Natura fi¬ nirono, a guisa del Cézanne e del Renoir dei tardi anni, col dissolverla e distruggerla; e col suggerire ai successori il pretesto teorico per darle il bando dai quadri e dalle statue. Nel fiore del suo stupendo dipingere Renoir proclamava : « Se Iddio non avesse dato 1 seni alla donna, non avrei fatto della pittura »; ed era la trionfale affermazione del motivo poetico della forma umana. Ma quando Gauguin dichiara : « L'arte è astrazione » perché il soggetto non conta nulla, la strada è aperta all'Astrattismo attuale. Nessuno stupore dunque se, attraverso una serie di equivoci, di cui non è immune neppure il Mathey, proprio la civiltà artistica che si svolge sotto il segno dell'Astratto ^ha consacrato alla gloria l'Impressionismo. Marziano Bernardi