Tutto è in ordine nella casa di Mannerheim come se il "padre della patria,, dovesse tornare di Enzo Biagi

Tutto è in ordine nella casa di Mannerheim come se il "padre della patria,, dovesse tornare TRE VOLTE IL MARESCIALLO GUIDO' LA FINLANDIA IN GUERRE DISPERATE Tutto è in ordine nella casa di Mannerheim come se il "padre della patria,, dovesse tornare la vecchia governante rinnova ogni giorno i fiori, spolvera i mobili ed i mille trofei raccolti dal condottiero - Ebbe una carriera prestigiosa ed esperienze eccezionali : dalle esplorazioni in Asia alla caccia ed all'amore - Fu uno dei quattro ufficiali della Guardia che affiancarono il trono all'incoronazione dell'ultimo zar, ed uno dei più galanti cavalieri della vecchia Pietroburgo Dopo la rivoluzione del 1917, difese la riconquistata libertà del suo Paese Ora è sepolto sotto un nudo masso di granito, accanto ai più giovani caduti dell'ultima guerra (Dal nostro inviato speciale) Helsinki, 7 settembre. La vecchia donna dai capelli grigi ogni mattina dispone i fiori freschi nei vasi di cristallo e di porcellana, cambia gli asciugamani nella camera degli ospiti, spazzola gli antichi tappeti gialli e azzurri ohe il signore portò dall'Oriente, controlla il guardaroba perché le tarme non danneggino la pelliccia che protesse il Maresciallo durante cinque guerre. Sbiadisce un poco l'oro degli alamari nelle candide uniformi di gala che il barone Cari Gustav Mannerheim indossava quando era un giovane ufficiale della Guardia; fu uno dei quattro cavalieri che stavano, immobili, ai lati del trono, mentre il pallido Nicola II riceveva, stordito dall'incenso, dai cori e da angosciosi pensieri, la corona dello Zar di tutte le .Russie. La vecchia donna dai capelli grigi mantiene in ordine questa casa silenziosa, questi strani oggetti raccolti in ogni parte del mondo nel corso di una lunga, e intensa vita: un servizio da tavolo olandese del 1780, che ricorda le origini della famiglia, delle urne cinesi, la pelle di una grossa tigre, una < mangiatrice di uomini », che il padrone abbatté nel Nepal quando aveva ormai settant'anni, una collezione di immagini di Budda incise nel cuoio, delle trombette trovate in un tempio tibetano, la spada di un samurai, una ceramica di Samarkanda. ■iiiimiiimiiiiiimtiiiiiiiiiiitmiiiiiii iiii Ogni mattina spalanca le finestre che danno sul porto, l'aria sa di mare, di legno verde, di erba umida; passano, lenti come allora, i battelli, si sente lo sferragliare delle gru. Nulla è cambiato: gli occhiali sono rimasii abbandonati sulla scrivania creo, ai piedi della branda dn campo che gli faceva da letto, le ciabatte allineate, il calzastivali è nel solito angolo, il termometro, fuori, sulla facciala avverte i brividi dell'autunno, le lunghefolate di nebbia. c Era grande - dice la vecchia — come un nomo può essere grande », ma parla del suo signore col rispetto di chi ebbe l'onore di servirlo (per lungo tempo governò questa casa) ma senza soggezione: come si parla di una persona che amammo, non di un personaggio della storia, o addirittura del < Padre della Patria » < Aveva passato gli ottanta — racconta — ma era ancora bello, alto, diritto. Camminava per le strade col passo sicuro. Quando prestava servizio a Pietroburgo — una gaia, allegra città — le grandi dame se lo disputavano e il barone, dicono, non diceva di no. Sovrintendeva ai mille cavalli delle scuderie imperiali, e passava le notti al ballo, nei salotti, alle feste dei circoli aristocratici, ma prima che spuntasse l'alba i a già al maneggio. Cavalcare era per lui una forte passione, e anche andare a caccia, ma trovava il iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii tempo pure per corteggiare le belle donne, era un giovane con tanta voglia di vivere ». Mannerheim ' aveva, dunque, i gusti dei capitani o dei signori del Rinascimento: ha scritto che l'equitazione è t la più nobile conquista dell'uomo*, dalle pareti tirila ■lalazzina che fu la sua ri■•• denza pendono i trofei che testimoniano delle sue loi funate sparatorie nei boschi della Finlandia, nella giungla indiana, nelle pianure o sulle rive dei fiumi cinesi: ceco le teste di un capricorno siberiano, di un montoni selvatico, di un daino, di un» malinconica antilope; e mi hanno detto che, anche quoti do ave va raggiunta una venerabile età, dedicava qualche attenzione alle ragazze r — nappi i i condottieri sanno intendere certe debolezze, o rinunciare a certi, vanità — ricorreva alla tintura per mantenere vivo il colore dei baffi e dei capelli. Fra bugie che sostengono candele viola, fra lance africane, coltelli per scuoiare la selvaggina, accanto a un bronzetto di Kate, l'ultimo cavallo del Maresciallo, sfumate immagini, racchiuse in cornici d'argento, riportano, volti lontani, figure ormai leggendarie che animarono una cupa tragedia: questo giovanetto carico di decorazioni è il granduca Michele, che ha negli occhi un segno di fierezza, questo è l'assorto Nicola II, questa è la zarina Alessandra, la pelle esangue, i capelli divisi con cura, una piega amara sulla bocca. Le loro calligrafie sono ordinate, ma che cosa vogliono dire gli svolazzi che accompagnano le firme: carattere fragile, paura, leggerezza? Mannerheim vide per l'ultima volta lo zar a TzarkoieSelo. Ricordava quell'udienza, la conversazione sospesa su lunghi silenzi, il dramma che stava per iniziare, ma senza fremiti, i lampi del temporale pareva non giungessero in quelle stanze raccolte, le pesanti tende di velluto non facevano penetrare la luce. Lo zar era distratto, assente; Alessandra Feodorovna, indisposta, gli rivolgeva stancamente domande di convenienza; Alessio, l'infelice giovanetto, sdraiato su un divano ascoltava, senza nascondere la noia, parole che non destavano il suo interesse né alleviavano le sue sofferenze. Mannerheim raccontava al suo imperatore lo sconforto e il malcontento dei soldati, avviliti dalle sconfitte, la fame e lo spirito di rivolta degli operai; già per le vie si vedevano sventolare le bandiere rosse, e le cariche dei cosacchi non riuscivano più a sciogliere i cortei degli scioperanti. Era un racconto triste, perché il generale Mannerheim amava il suo zar e, pur giudicandolo, gli rimase fedele per sempre. Ricordava una sera di marzo del 1911, l'aria era fredda, i lampioni a gas di Pietrogrado mandavano un chiarore tenue, i rivoltosi andavano all'assalto delle prigioni, i fucili non potevano fermare quella nera folla esasperata che correva sulla neve e tutto travolgeva. Dai posti della polizia si levavano i bagliori delle fiamme; il barone Cari Gustav Mannerheim capi che tutto era finito, che bisognava tornare a Helsinki. Ripensò alle predizioni d'una veggente incontrata in un salotto di t)dcssa; le palpebre chiuse, gemendo, la donna aveva annunciato all'incredulo ufficiale che prove difficili lo attendevano: per tre volte la libertà della Finlandia sarebbe stata nellr sue mani. E rosi fu iQuesto stendardo bianco — spiega la mia accompagnatrice — fu donato al Maresciallo dagli ufficiali che. dopo il crollo della Russia, combatterono ai suoi ordini: é quella che noi chiamiamo la guerra dell'indipendenza; questa pelle d'orso gliela por-' tarono i soldati della foresta: lottavano contro i russi che ci avevano attaccati, in quella che noi chiamiamo la guerra d'inverno ; questa Bibbia gli fu donata dai pastori protestanti che accompagnarono le truppe in quella che noi chiamiamo, e vogliamo sperare che rosi sia. l'ultimi' guerra: duranti: la lunga ritirata ogni albero fu difeso, ed è per questo che noi abbiamo ancora una frontiera e una patria ». La donna dai capelli grigi apre la porta; ragazzi, vecchi uomini vengono a visitare questo strano museo dove si conservano sci ben lucidi, carabine sempre oliate, divise con le tasche piene di naftalina, come se colui che ha lasciato tutti questi oggetti dovesse tornare: è un monumento a un eroe fatto con le umili cose. che servono alla nostra vita di ogni giorno. La |«lllllllllllII*IIlt«liitiIlIillllllt!at!IlltlIllllllllltl aonna. dai capelli grigi spolvera i libri; è un'ampia, ricca biblioteca: « Questi li ha scritti lui », dice, e mostra, rilegati in marocchino, i titoli in oro, i volumi coi resoconti dei viaggi. « Conosceva sette lingue, e anche l'italiano; ecco gli ultimi scritti, le sue memorie ». Altri volti riappaiono fra le righe lucide e minuziose: Hitler, vegetariano, consumatore di acqua fresca e di tè, che a lui, che apprezzava la buona tavola e anche, come si conviene alla gente di queste parti, le rituali, sacrosante bevute, noi poteva piacere; Stalin, inesorabile, logico, realista, che all'ambasciatore Paasakivt, desideroso di rassicurarlo sulle oneste intenzioni della Finlandia: « Vogliamo stare in pace — diceva Paasakivi — al di sopra di tutti i conflitti», risponde: « Capisco, ma le grandi potenze noti ve lo permetteranno », e nella battuta del terribile Josef, c'è tutta la storia e il dolore di questo piccolo paese, e anche la misura della grandezza del maresciallo barone Cari Gustav Mannerheim. Lo hanno sepolto sotto un inasso squadrato di granito, la stessa pietra che ricopre le ossa di Napoleone, in un largo campo, circondato da i piante d'abete e di betulla, e da un braccio di mare. Attor- no o lui riposano \ aiovam sodati caduti negli ultimi giorni della lotta; su un lungo muro sono scritti i nomi dei combattenti che nessuno ha più ritrovato, scomparsi nelle acque dei laghi o nella tormenta. Su ogni tomba crescono ciuffi di roselline selvatiche che la gelida brezza fa sfiorire. Enzo Biagi llllIlllllllllillll11lllllllllllllllllllIllllilltlllllllllll

Persone citate: Alessandra Feodorovna, Gustav Mannerheim, Hitler, Stalin