Triste storia di quattro derelitte dopo l'abolizione delle «case chiuse»

Triste storia di quattro derelitte dopo l'abolizione delle «case chiuse» ASla Mostra veneziana «lei cinema Triste storia di quattro derelitte dopo l'abolizione delle «case chiuse» « Adua e le compagne » di Pietrangeli, chiarissimo nei suoi significati di denuncia, è un film garbato, quasi dcamicisiano - Dopo la proiezione, conferenza-stampa della senatrice Merlin, che ha polemizzato vivacemente con le conclusioni del regista (Dal vostro inviato speciale) Venezia, 3 settembre. L'applicazione della nota leg1 g_ contro le < case chiuse» ha aperto un campo nuovo al ci- ; nenia italiano cosi costituzio nalmente tenero di problemi sociali, e uno dei primi a correrlo con dignità è stato il. regista Antonio Pietrangeli, che già nel suo precedente II sole negli occhi — la storia di una servetta, dagli accenti sommessi e persuasivi — palesò una speciale vocazione a occuparsi di donne derelitte. Adua e le compagne, il terzo film italiano della Mostra, da un soggetto di Pietrangeli, R Maccari e E. Scola, che con Tullio Pinelli sono anche gli sceneggiatori, mette l'occhio alle conseguenze della « chiusura ••, narrando la vicenda di ; quattro professioniste del pia|cel.e dal momento in cui viene Moro a mancare il i?rreno sot¬ to i piedi; restituite si illa lu|CCj ma ancne a, tormentoso 1 problema di un riadattamento alla società, quelli età che I riparo della quale, dopo il ne I cessano periodo ( quando ia messo un marchir a certe persone, ben di rado poi lo cancella. Come si vede, uri argomento complesso e grave, che include la polemica, non ancora spenta, prò o contro l'i abolizione >■ e lambisce un secondo e non meno importante problema, quello delle « passeggiatrici ». Reintegrate nella dignità di 1 ! donne Ubere (ma in effetto (sempre «schedate»), Adua JMilly Lolita e Marilina hanjno una pensata per tornare a essere, nonostante lo scatto della legge, quelle di prima. Riuniti i risparmi, apriranno una trattoria campestre, con alloggio, sull'Appia Antica, al to, riprenderanno l'antico mestiere. Quantunque le quattro baiadere non s'intendano affatto di gastronomia, avendo sempre mangiato a tavola apparecchiata, un'altra è la gravi, insuperabile difficoltà che le ferma al primo passo: appunto perché scritte nei libri della polizia, non possono ottenere la necessaria «licenza» d.at Devono pertanto ' . . , , 1 | mettere a parte del loro dise gno tutto femminile, un uoe, mo: e sarà un certo Ercoli, ex lloro ci}ente e purtroppo sfrut, t t vn(,azinn' costui . I,a,"'e , notazione, costui, , fiutato il buon affai'3, ottiene ) alle donne la «licenza» strin- i strane serventi e da quelle an che più strane vivande, poi via via rassicurati da un tratta. . _„„_,__ ..,„_„ ,-,„„ | mento sempre migliore. Giac endo con loro una società leonina che gli assicurerà 1 profitti della futura attività clandestina della trattoria. Intanto le quattro avviano il loro esercizio suburbano ser| bandnsi oneste com'era nei patti stipulati col furbo Ercoli. ' Incominciano a venire i clienti dapprima sbalorditi da quelle che AdUB e le compagne, pure maledicendo quel nuovo me- stiere che sentono tanto più pe- sante del'vecchio, lo imparanosempre meglio, anzi comincia no a provarvi un certo gusto, E che cosa avviene? Che fra i salubri fumi delle rigovernature (a cui talvolta partecipa anche un laico cappuccino del convento accanto) quelle quattro coscienze rigermlnano, afferrando nei piaceri fino allora sconosciuti della vita onesta. Non si tratta soltanto di fornelli: Marilina toglie di balia il suo bimbo e se lo porta nella trattoria, gustando finalmente se pure sregolatamente le gioie della maternità; Milly, tornata a chiamarsi Caterina, conquista a forza di frittate un giovane geometra che giungerà a chiederle di sposarlo, e Adua, l'anziana del gruppo, con tutta la sua esperienza e il suo cinismo impara per la prima volta amore vero e pudore fra le braccia d'un venditore di automobili usate, mariolo ma simpatico. Soltanto Lolita la grulla non s'evolve: era felice prima e felice adesso. S'intende cosi come il turpe progetto di cui s'è parlato sopra, venga accantonato per sempre e un regista ottocentesco qui avrebbe finito il film, con la redenzione casalinga delle quattro disgraziate. Ma Pietrangeli è del nostro tem po, e il film continua. L'Erco li, che ha investito del suo esige che la trattoria incominci a diventare quell'altra cosa E rifiutandosi le donne, prima con ragioni e poi con suppliche e infine con le brutte, egli fa scattare il congegno della società-trappola: perduta la licenza, svergognate sul giornale col ribadito marchio di prostitute, senza >un cane che le aiuti (addio geometra, addio piazzista), le meschine sono rincalcagnate nella condizione qccèebmRdeEMdadi prima, con la differenza che; rSrtcfmN-zerprima avevano alimento, una tutela e un tetto. All'interesse del film si è aggiunto quello di un'affollatissima conferenza-stampa tenuta nel pomeriggio dalla senatrice Merlin, che non poteva non polemizzare vivacemente con le conclusioni tratte dal regista. Esse riguardano la sola Adua, ma è chiaro che le sue più giovani compagne di cui non sappiamo più nulla avranno fatto la stessa flne. Adua dunque, farneticando di un passato di grandezze (« avevo una trattoria, ci mangiava anche Modugno.. ) fra i compatimenti o gli scherni delle colleghe, sotto una pioggia fitta, senza nemmeno la carità d un ombrello, la vediamo ingrossare le file di quelle sventuratis-[ sime «passeggiatrici» che per; ragioni d'età devono lavorareìcon qualunque tempo. E l'indi- lgnazione sale, pensando al-pl'ignobile Ercoli che se ne va!impunito nella sua bianca suoi signi- il film di fuori-serie »... Chiarissimo nei Acati di denunzia, Pietrangeli è condotto, e spes-'so miniato, da una regia ora arguta ora commossa, sorve- j gliata sempre. E per quanto evidenti quei signiheati non lostruiscono mai il racconto che si snoda e fluisce con tutta spontaneità lMa in questo è anche il li-.mite del lavoro, che volendo I essere un film tremendo, è sol- tanto un film garbato, fin troppo esplicito e sottolineato negli episodi e nelle figure. Quell'interno di « casa > colto porprio nell'ultima sera prima della chiusura: quelle -.pensionanti » smarrite, esitanti al volo che si congedano l'ima dall'altra: e lo staccarsene delle quattro illuse per andare a vivere la loro commovente avventura, e tutto l'arco di questa, dal risorgere al ricadere: son tutte cose fortemente approssimate al vero, ma non propriamente vere, spalmate e invischiate da una tenerezza che ormai s'usa dire deamicisiana (con qualche netto benché diluito richiamo al Maupassant della « Maison Tellier> come nel facile episodio del battesimo del bambino). Ma anche così nell'ovvio o nel quasi ovvio Adua c le sue compagne resta un film sincero, pieno e rifinito; che non è poco E ha una sua efficacia e avrà certo un suo -uccesso li commozione Il cast eccellente è distribuito con accortezza Pienamente svincolate Eminanuelle Riva (isterica Marilina), Sandra Milo (la svaporata Lolita) e Gina Rovere (la tonda Milly). E perfetti le due c canaglie » Marcello Mastrolanni e Claudio Gora. Resta invece un po' alla base, anche per colpa del romanesco, la grande Simone Signoret, la cui aspra natura repugna da certi sentimentalismi di questa Adua. Ma ha tanto mestiere da simulare più che degnamente convinzione e fervore. Buoni i dialoghi, ottima la fotografia di Armando Nannuzzi, lodevoli le musiche -li Piero Piccioni. Hanno assistito alla proiezione, festeggiatissime, la Riva e la Milo, con Mastroianni, Gora e al'ri interpreti del film. Leo Pestelli 1 Simone Signoret è stata la «Adua» nel film di Pietrangeli presentato ieri sera.

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