Le tre ranocchie

Le tre ranocchie Le tre ranocchie Su una spiaggia tre ragazze si confidavano segreti. Avevano corpi magrolini, gambe un po' corte, tipiche' della razza latina, e certe enormi capigliature corvine a forma di casco. Erano identiche, e solo i diversi colori dei costumi da bagno e le pose assunte sotto il sole volevano far intendere diverse personalità. Una era allungata su una sedia a sdraio, l'altra era sistemata a pancia in giù sopra un materassetto di gomma, la terza sedeva graziosamente su un accappatoio, aveva in mano una piccola radio e accompagnava la musica da ballo con un voluttuoso movimento delle spalle. La spiaggia era gremita di madri, balie, poppanti. Poco di- stante dalle ragazze, un bambino di cinque o sei anni era intento a scavare una profondissima galleria, e ogni tanto, per provarla, ci si calava dentro. — <t Devi farlo cuocere al punto giusto. L'essenziale è che sia ben cotto » — disse la ragazza che aveva la radio, a quella sul_la sedia, col tono di chi dà la ricetta di un dolce. — «Farlo impazzire. E' indispensabile » — disse la ragazza sul materassetto. — « Secondo me, un po' ci dovi stare » — disse quella con la radio. La ragazza sulla sedia a sdraio scattò : — « Questo mai. Il sistema è, invece, di non cedere. Altrimenti è finita ». — « Non cedere mai è pericoloso — disse la ragazza con la radio — mi ricordo di mia cugina... ». — « No, se c'è abilità — interruppe l'altra — se si fa in modo che sia sempre più preso, lo si provoca continuamente, lo si fa impazzire, morire! ». — « Ma tu lo odi! » — sfuggi detto alla ragazza con la radio. Però dopo un attimo di riflessione disse : — Forse hai ragione. Se mia cugina fosse stata più abile, ce l'avrebbe fatta ». — « Sprecare un'abbronzatura simile senza poterla sfruttare — sospirò la ragazza sulla sedia, e cavato da una cesta un pettine, si sfiorò appena i capelli, nel timore di mandare all'aria l'enorme costruzione — che bel colore ho preso, non vi pare? ». — « Anch'io » — dissero le altre, e ognuna contemplò compiaciuta la propria abbronzatura. — « So un sistema » — disse misteriosamente la ragazza con la radio, e poiché la musica da ballo intensificava il ritmo, dondolò più velocemente le spalle. — « Quale? » — disseroìè-'altre due. La ragazza si guardò intorno: nessuno ascoltava. Il bambino li accanto era sprofondato nella buca e non lo si vedeva affatto. — « Prima lo cuocio bene — disse la ragazza — un po' ci sto, naturalmente. Quando è al punto giusto, a un tratto lo ignoro, anzi, mi metto a .civettare con un altro- Allora vedi se non impazzisce. Diventa matto, disposto a sposarsi in quattro e quattr'otto! ». Il bambino sporse la testa fuori della buca e spiò le ragazze, con occhi spalancati. Si rimise a scavare. Quella sulla sedia a sdraio scuoteva il testone gonfio, disapprovando. — « Cuocerlo, d'accordo. Fargli rabbia, d'accordo. Ma cedere, mai. Io lo provoco in tutti i modi, ma non cedo. Voglio provargli che sono una ragazza seria ». — <c Un po' bisogna starci — disse la ragazza con la radio — non farò mai come mia cugina ». — « Sapete un buon sistema? — disse la ragazza sul materassetto — intendo, per cuocerlo bene: ballare molto strettamente, e poi far finta come niente fosse. E anche, dirgli subito: io, non mi voglio sposare, e ballare sempre più strettamente ». — « E poi? — chiesero con avidità le altre. — « E poi ballare sempre più strettamente ». — «Fino a quando? » — insistè la ragazza con la radio. — « Fino a che impazzisce, è naturale, e propone di sposarlo». Il bambino sollevò la testa dalla galleria e guardò le tre, senza fiatare. Gettò fuori una palata di sabbia. — « L'importante è che ci sia sempre gente nelle vicinanze — disse la ragazza sul materasso r— e che le porte stiano sempre per aprirsi e che qualcuno stia sempre per arrivare. Questo è importante ». — « E' vero — convennero le altre, e quella con la radio aggiunse: — Lo sbaglio di mia cugina fu infatti... ». — « Mai dare sicurezza, mai » — disse la ragazza sul materasso. — « Cotto, ma insicuro ». — « Sempre più cotto, e sempre meno sicuro ». — « Sicuro di nulla ». — « Neppure di sé. E' importante che non sia sicuro di sé ». — « Un buon complesso di inferiorità è efficace ». — « Certamente. Se non ce l'ha, glielo devi far venire ». — « E' qui appunto che mi* cugina sbagliò, oltre il fatto che non c'era mai nessuno nelle stanze vicine, e così fece la figura di essere frigida ». — « Ma la cosa importante è che impazziscano, che non sappiano più dove sono, né cosa fanno, e non desiderino altro che sposarci! ». Il bambino sbucò fuori dalla galleria e puntò su di loro la pala di plastica. — « Siete tre brutte ranocchie » — disse freddamente. Le ragazze lo guardarono, stupite. Risero, un po' nervose. — « Che vuole quel moccioso? ». — « Siete tre brutte ranocchie — ripetè il bambino, a voce più alta — fossi scemo a sposarvi. Nemmeno se fossi impazzito vi sposerei. Mai, vi sposerei! Brutte ranocchie che non siete altro! ». ' Senza badargli, le ragazze si prepararono a entrare in acqua. Per nuotare meglio, calzarono tre paia di pinne di gomma verdi e, caracollando a lunghi passi, in verità assai simili a tre rane, raggiunsero il mare e ci si tuffarono. Simona Mastrocinque

Persone citate: Simona Mastrocinque