E' morto il pittoresco "re di Poggioreale,, che Umberto aveva chiamato "caro collega,,

E' morto il pittoresco "re di Poggioreale,, che Umberto aveva chiamato "caro collega,, UN SINGOLARE PERSONAGGIO DELLA NAPOLI DEL DOPOGUERRA E' morto il pittoresco "re di Poggioreale,, che Umberto aveva chiamato "caro collega,, Giuseppe Navarra aveva avuto una misera giovinezza - Commerciando in scarpe vecchie, rottami, palazzi distrutti dai bombardamenti divenne milionario - Da allora la sua casa fu sempre aperta a chiunque avesse bisogno - L'avventuroso trasporto del tesoro di S. Gennaro che glifruttò un'alta onorificenza del Vaticano -1 contrasti con il fisco e la vittoria finale (Dal nostro corrispondente) Napoli, 17 agosto. E' morto stamane, a 63 anni, per un attacco di trombosi, il più stupefacente personaggio della Napoli del dopoguerra: Giuseppe Navarra, conosciuto come « il re di Poggioreale » dal nome del vasto rione ove « regnò e governò ». Nella sua scrivania i parenti hanno trovato un fascio di cambiali — per prestiti fatti senza una lira di interesse — che in base al suo testamento dovranno essere distrutte, rimanendo sconosciuto il nome dei beneficati. Giuseppe Navarra, nella cui casa, in via Stadera, si fermarono due re, Vittorio Emanuele III e il Aglio, era divenuto noto in Italia e fuori durante gli anni dal '43 al '48, quando la sua fortuna giunse all'apice. Ma in realtà era popolarissimo nel suo quartiere anche molto prima. Da giovane aveva sofferto una vita di miseria lavorando duramente. Per migliorare pensò di recarsi in Francia ove, tra gli altri mestieri, svolse anche quello di palombaro. Dopo Parigi e Tolone si stabili a Marsiglia e cominciò il commercio delle scarpe vecchie. De acquistava a quintali spedendole in Italia, ove, risuolate, venivano vendute soprattutto durante le nere in molte province del Mezzogiorno. Dalle scarpe passò ai rottami di ferro. Ritornato a Napoli verso il '35, continuò i suoi commerci con la Francia accrescendo sempre più il patrimonio. La guerra non lo danneggiò perché egli comperava in blocco, a bassissimo prezzo, per poi utilizzarne legna, ferro e quant'altro vi si trovava, i palazzi demoliti dai bombardamenti. L'atmosfera del primo dopoguerra fu particolarmente propizia ad un uomo del suo audace temperamento, ed egli divenne ricchissimo. Né per ciò si creò antipatie. Portava sul panciotto una pesante catena d'oro con un grappolo di napoleoni e sterline; la moglie Teresina s'ornava con una collana di perle stimata dagli intenditori 30 milioni e con de1 gii orecchini di brillanti del valore di almeno 20. La sua casa era sempre aperta ai postulanti, che egli aiutava con favori d'ogni specie. Ma l'episodio che portò il suo nome fuori di Napoli fu il trasporto del tesoro di San Gennaro. Le numerose statue d'argento di questo tesoro, formatosi in molti secoli con le offerte di gente del popolo e sovrani, durante la guerra erano rimaste a Napoli nei sotterranei del Duomo. Ma gli oggetti d'oro e le gemme — 11 cui valore materiale, pur non essendo mai stato esattamente calcolato, veniva stimato a molte centinaia di milioni — vennero trasportati per prudenza a Roma, nell'abbazia benedettina di San Paolo. Nel '45, quando la curia pensò di far ritornare il tesoro al suo posto, le comunicazioni non erano state ancora ristabilite ed 1 pericoli erano molti, dalle mine al proiettili inesplosi, alle bande di fuorilegge. Navarra — che aveva avuto il primo porto d'armi firmata a Napoli dal colonnello americano Charles Poletti dell'A.M-.G. con l'autorizzazione per due pistole — si assunse il compito e chiese una scorta di popolani, anch'essi • armati. Le auto erano tre: una precedeva e l'altra seguiva la sua, . una « Dilambda » scura già appartenuta a Vittorio Mussolini. Aveva il ventre fasciato dalla cartuccera e impugnava un fucile da caccia. Andò e venne senza il minimo incidente e senza fare spendere alla curia una sola lira, consegnando nelle mani del cardinale Alessio Ascalesi la cassa blindata e sigillata affidatagli dall'abate di San Paolo. Immediatamente il Vaticano gli concesse la commenda dell'Ordine Costantiniano. Da quel giorno Navarra fu più che mai « il re di Poggioreale », sua moglie < la regina » e « principini» 1 figlioli: Michele (che ha ora 30 anni ed è sposato). Maria — anch'essa andata a nozze — e Salvatore, chiamato così per ricordare un altro figlio ucciso in un bombardamento mentre tentava di soccorrere una donna. La casa del ere di Poggioreale» fu chiamata <la reg¬ gia». Uno stanzone era stato [addobbato con sfarzosi lampadari, artistici doppieri, orologi di varie epoche, tappeti e mobili antichi. Le pareti erano tappezzate di diplomi di onorificenze cavalleresche quasi tutte false eccetto alcune: quella costantiniana e le altre concessegli da Umberto (commendatore, grand'ufficiale e, Iinfine cavaliere di gran ere-, ce). In questo ambiente che1 egli, compiacendosene, chiamava c sala del trono », sedendo su una poltrona, filettata d'oro, riceveva le « udienze ». Sul capo aveva in una cornice la distinzione più ambita: « Fornitore di legna della Real Casa ». Fu qui che durante la campagna elettorale, nel maggio del '46, Umberto si recò a visitarlo, ben sapendo quanto questo gesto avrebbe influito nei quartieri popolari alla vigilia del referendum. Navarra — nella cui casa durante una visita a Napoli prima della guerra si era già fermato Vittorio Emanuele III — appariva commosso. Umberto gli tese la mano dicendogli: « Caro collega... », al che Navarra scattò: « Maistà, vule pazziate? » (Maestà, volete scherzare?). Ma i trionfi e gli onori del popolare personaggio — che aveva fatto scrivere a grandi lettere Bianche sul portabagagli della sua macchina « Giuseppe Navarra detto il re di Poggioreale » — vennero amareggiati dal fisco. Gli furono contestati 600 milioni di profitti di guerra. Navarra si rifiutò di pagare la tassa in proporzione e l'Intendenza di finanza gli fece un sequestro facendolo dichiarare fallito. Fu allora che Navarra cancellò la scritta dietro l'auto sostituendola con questa: «Ho sempre creduto in Dio e Iddio mai mi ha abbandonato » ; poi si fece stampare un biglietto da visita su cui era detto: «Il santo timor di Dio è la prima sapienza dell'uomo » e sotto: « Comm. Navarra Gran Croce Giuseppe - commerciante - fai lito - senza alcun creditore semplicemente per infondati accertamenti - dell'Intendenza [di finanza telef. 51-945 - Stadera in Poggioreale 52 ». In seguito, l'accertamento per profitti di guerra venne ridotto da 600 a 40 milioni, Navarra pagò e fu cancellato dall'elenco dei falliti. Dopo di che egli fece murare sulla sua casa una lapide che diceva: « Chi parla male di me e non si dichiara è cornuto e pusilla- Inime ». , Crescenzo Guarino 1