Un magistrato anticonformista indica la via del coraggio all'«America sfidata» di Antonio Barolini

Un magistrato anticonformista indica la via del coraggio all'«America sfidata» GLI STATI UNITI NON HANNO SOLO IMMENSE RISORSE MATERIALI Un magistrato anticonformista indica la via del coraggio all'«America sfidata» Il giudice Douglas si batte da vent'anni alla Corte Suprema per le cause più nobili e per i diritti dei negri - Ha l'abitudine di trascorrere le vacanze girando interi Continenti, comprese le aree depresse, sulla sua « giardinetta » - Forte di quest'esperienza, ammonisce i suoi concittadini a non « imborghesirsi nelle comodità », ritornando al vecchio spirito generoso della loro rivoluzione - Così, solidali con tutte le inquietudini del mondo, potranno salvare per tutti la libertà .(Dal nostro corrispondente) New York, agosto. In questi giorni, per i tipi della « Princeton University Press », é uscito un volumetto di settantaquattro pagine, che ha già fatto e che — a mio parere — farà ancor più parlare di sé, nel futuro. E' intitolato America challenged, ossia « America sfidata ». Avverto subito che questa traduzione non mi piace, perché non dice affatto bene in italiano quel che invece suona assai bene in inglese, ma, almeno per il mo- l mento, non ne so trovare j un'altra. Autore del volume è Wil- \ llam Orville Douglas, giudice associato alla Corte Suprema degli Stati Uniti; vale a dire a uno dei corpi giuridici più illustri del mondo, ancor oggi considerato il più efficace e vero baluardo delle libertà costituzionali di questo Paese. Con ciò, non si è detto ancora quel che il giudice Douglas è e rappresenta nella contemporanea \ vita americana. Egli è un ' giudice e un uomo singolare j sotto tutti i punti di vista; | è uno strenuo campione dei ; « diritti civili ». Chiamato alla Corte Su- ! prema dal presidente Fran- I klin Delano Roosevelt, nel | 19S9, da allora, egli è sempre stato identificato come I l'esponente estremo dell'ala i liberale della Corte stessa; e I ciò anche se egli ama defi- ! nirsi un « conservatore della vecchia scuola ». A stretto rigor di termini ha ragione, essendo egli un tipico rappresentante della più vera e tradizionale scuola giuridica delle libertà costituziona- li americane. Ma non tutti | sono dello stesso parere. In genere, i conservatori d'oggi, cioè i reazionari del Paese (e non mancano), lo detestano e io combattono più che possono, e non c'è volta — si può dire — che i suoi interventi in Corte o le sue conclusioni non sollevino il loro furore Poiché, in quanto giudice della Corte Suprema, è quasi intangibile, molti di essi si sforzano di ignorarlo e di dimenticare che esiste. Anche tra i benpensanti, poi, ossia nella massa dei pigri per eccellenza, egli è spesso e perciò considerato un guastafeste e, soprattutto, il classico « Bastian contrario », quegli che dissente dalle conclusioni di maggioranza, per partito preso. Inutile dire che il giudice Douglas è invece, per ogni persona obbiettiva, una delle più alte'espressioni spirituali e intellettuali dell'America contemporanea. Ancora, egli è un appassionato di viaggi. Ogni anno, non appena la Corte Suprema va in vacanza, egli prende la sua automobile (uno station wagon, vale a dire una grossa « giardinetta *) e, insieme alla moglie, che è un'esperta meccanica, gira il mondo. L'automobile è attrezzata con tutti i possibili accorgimenti atti a rendere il viaggio quanto più sicuro e confortevole. Per il giudice Douglas, andare per il mondo non vuol dire girare intorno al perimetro di casa; ma traversare continenti interi, come l'Africa e l'Asia, visitare ricchi e poveri, capi di Stato 9 di governo, città famose e sperduti villaggi di sperdute zone depresse; avvicinare chiunque gli capiti. E, di tutto, trar giudizi conclusioni e documentazioni. Il Geographic Magazine, riuista di estrema ortodossia scientifica e letteraria, ogni qualvolta il giudice Douglas ritorna in patria, pubblica regolarmente le sue relazioni di viaggio e le sue fotografie, spesso bellissime, tutte a colori. Da un paio d'anni, egli ha cercato di poter avere un visto per poter traversare in macchina, visitandola come piace a lui, anche la Cina rossa; ma, finora, gli è stato negato. I cinesi di Mao sanno che egli sarebbe uno dei visitatori democratici più penetranti e pericolosi. Il libretto di cui voglio dare notizia al lettore, < America sfidata », si compone di due capitoli; contiene due pubbliche letture tenute dal giudice Douglas all'Università di Princeton. La prima s'intitola « L'individuo e la folla », la seconda « La nazione e il mondo ». E' facile intendere che il primo capitolo riflette le condizioni dell'individuo o, meglio, del cittadino americano, nell'America d'oggi; il secondo riflette invece le condizioni degli Stati Uniti d'America nel mondo contemporaneo. Tutto ciò è di estrema importanza per due motivi: perché, attraverso una esposizione eccezionalmente schematica e altrettanto chiara dei problemi che più assillano le nostre generazioni, si ha — anzitutto — una sintesi dei limiti e delle possibilità dell'America attuale, delle sue deviazioni dalla base dei suoi più veri principi, di come può e deve ritrovarli. Ancora, il libretto è importante perché non si limita a toccare i problemi di un'America, in quanto entità geografica afflitta da preoccupazioni e da problemi o benedetta da privilegi e da glorie; ma ne ripropone bensì una visione aperta, di paese partecipe della vita del mondo, cosciente e responsabile dei propri doveri. E pertanto di un'America in cui si riflettono gli affanni del mondo contemporaneo e i nostri stessi, dunque, in un tutt'uno con quelli. « Siamo a un crocevia della storia — avverte fin dagli inizi (né io traduco, ma riassumo e interpreto per necessità di spazio) — ricordiamo dunque, noi, americani, che, mentre ci stiamo compiacendo per il raggiunto godimento del più alto tenore di vita nel mondo, se continuiamo di questo passo, saremo anche quanto prima una potenza di secondo rango ». Il giudice Douglas non solleva, così dicendo, un problema di « primato » nazionalistico ; ma un problema di vitalità etica, perfettamente correlativo alle responsabilità degli Stati Uniti d'oggi, nel mondo di oggi. Non stimola pertanto alla difesa di un privilegio; ma a un preciso dovere di chi ha il compito di difendere e di tutelare più di ogni altro, di estendere, il patrimonio della libertà, comune a tutti i popoli. Il giudice Douglas si astiene da ogni polemica contingente e di partito. Per quanto democratico di tradizione, egli dà alle sue tesi un significato infinitamente più alto di quello della sua personale posizione politica: « E' un fatto — egli dice — cfte, da un po' di tempo in qua, noi non riusciamo più a fronteggiare adeguatamente le necessità sociali ed educative della nazione, ci stiamo imborghesendo nelle comodità. I comunisti sono preparati e organizzati a evangelizzare il mondo, noi no. Mentre l'Asia e l'Africa stanno cambiando rapidamente per raggiungere il tono della vita moderna, t russi possono inviare migliaia di esperti (specie agricoli) in loro aiuto, noi no... Non ci adattiamo a vivere le privazioni"degli altri, per aiutarli dalle radici delle loro difficoltà... I popoli del mondo lavorano per affrancarsi dal loro passato e rivoluzionare le loro condizioni. Noi, raggiunti il benessere e la sicurezza, non sentiamo e non comprendiamo più le loro tstanze. Parliamo un linguaggio completamente diverso dal loro. Mentre i nuovi popoli han bisogno di essere guidati e sostenuti nelle loro rivoluzioni, noi — che pur abbiamo vissuto la più generosa rivoluzione della storia — ci rivolgiamo con sospetto e diffidenza verso le nuove rivoluzioni ». Da queste premesse, il primo elemento contro il quale il giudice Douglas appunta le sue accuse è il conformismo di massa. Persistente adattamento dell' individuo, nella religiosità, nella scuola, nella vita, al punto di vista del pensiero di massa; facilmente ammannito e cloroformizzato con i mezzi della moderna comunicazione meccanica. Costante e persisten- te rinuncia, dunque, al diritto e al privilegio di dissentire secondo coscienza, che e base spirituale di ogni libertà, e che è stato il lievito della democrazia americana. Da ciò, l'ansietà e l'insicurezza dominanti, l'ipocrisia dei programmi, la burocrazia, l'enfasi materialistica, la pigrizia educativa, il predominio del militarismo, l'incertezza o l'esibizione di forza nei rapporti intemazionali. Non sono tutte critiche negative, tuttaltro. Secondo il giudice Douglas, l'America ha invece ancora la forza, la possibilità, la vitalità e la ragione per poter salvare la libertà del mondo; di raccogliere la sfida di quanti la negano: di affidarla a coloro che ancora non la possiedono. Ma bisogna che impari a sacrificare di più, a produrre di più, a dare di più e a dare con giudizio, con competenza, cosi come, per esempio, è stato fatto nel Messico dalia « Fondazione Rockefeller > c7ie, con i suoi tecnici, dal 19Ji3 ad oggi, ha riscattato l'agricoltura di quel paese, salvandolo dalla fame e dalle malattie che lo dominavano e dal comunismo. Più che il denaro, occorre dunque — secondo il giudice Douglas — un'attiva cooperazione, una aperta intesa per i mercati comuni, l'alimentazione, gii ospedali, le attrezzature scolastiche, l'educazione, in tutti i paesi del mondo. Un lavoro sistematico e persistente per l'istituzione di una vera « legalità internazionale », per la prevenzione della guerra e per l'abolizione dell'arma nucleare. Un'armonia di opere, fatte di costruttivo buon volere. Generoso libretto di altissima spiritualità. E' evidente che le sue ultime istanze non sono rivolte soltanto agli americani e all'America ma, proprio per lo spirito che lo pervade, a quanti sono citta-, dini coscienti del mondo, ovunque si esprimano e partecipino della vita ciuile. Per questo- mi è sembrato giusto segnalarlo, purtroppo sommariamente. Varrà, se non altro, a divulgare un po' di più, anche presso di noi, la personalità del giudice Douglas e, soprattutto, a ricordare che ' anche in questo paese esiste t— di là dalle sue strutture pubblicitarie e apparenze teievisionate —. una schiera di nobiZi intelligenze responsabili. Alla loro suprema ispirazione — alla fine — ricorrono quanti anelano alla salvezza e alla dignità, al riscattante coraggio dei liberi. Antonio Barolini

Persone citate: Mao, Roosevelt