A Fréjus affollata di turisti si stenta a trovare 8 segni del disastro

A Fréjus affollata di turisti si stenta a trovare 8 segni del disastro Otto mesi dopo il tragico crollo della diga A Fréjus affollata di turisti si stenta a trovare 8 segni del disastro La città è stata in gran parte ricostruita - Ma alla periferia si distende un deserto d'argilla simile ad una colata di lava: è In valle del Rcyran, destinata, a rimanere sterile - Per la regione sconvolta la Francia spenderà 15-20 miliardi (Dal nostro inviato speciale) Fréjus, 4 agosto. Una frase così banale da essere anche irritante, « a Fró-juu è ritornata la vita», assume qui un significato essenzia qqle: dice asciuttamente qual è sl'aspetto di Fréjus a otto mesi e due giorni di distanza dal disastro che impressionò il mondo intero. Fréjus sembrava 1? città della desolazione perenne: vi si parlava soltanto di morte, di famiglie distrutte, dei 1500 senza tetto. Il senso della morte era diventato abituale. Non dimenticherò mai la giovanissima volontaria in camice bianco, fortemente truccata, che segnava il tempo di una canzonetta battendo un martello su una bara vuota. Quando lasciammo Fréjus, sotto la pioggia di dicembre, c'era l'incubo della follia. Oggi Fréjus è inondata dai turisti; le case distrutte sono state ricostruite; nella Place Vernet, dove si raccoglievano ogni giorno centinaia di bare, per i funerali diventati cerimonia quotidiana sbrigativa, sono affissi manifesti invitanti ad una corrida di tori all'Arena romana domenica pomeriggio. Arrivando nella cittadina dal1p parte più bassa, qxiella colpita dalla valanga d'acqua e di fango, stento a ritrovare i segni della tragedia; soltanto fermando la macchina sulla « route nationale n. 7 »<■ presso il ponte lanciato sul fiume Rey,ran, riconosco il quadro desolato. A mare della ferrovia, una distesa di argilla disseccata, da cui si levano ancora alberi senza colore, mummificati, e poi pali del telegrafo abbattuti, qualche rotaia contorta come un filo di ferro. A monte della ferrovia (la massicciata è stata interamente rifatta) riconosco la valle che porta alla terribile diga di Malpasset, che non sarà mai più ricostruita. Si vedono canneti, ciuffi d'erba, alberi attorno alle case dei contadini. Si ode^il richiamo fitto delle cicale! Ma le case sono vuote, la terra è sterile, tanto più in vicinanza della diga, dove lo 6convolgimento fu completo: mai più l'alta valle del Reyran darà fiori e frutti. Resterà un deserto, dal suolo simile a una colata di lava. In questa valle scomparvero sessanta famiglie, trascinate in mare o sepolte dal fango; lun go la strada nazionale n. 7, investita per circa un chilometro da una massa d'acqua alta tre metri, morirono altre centinaia di persone. Nelle povere case sventrate che si vedono ancora al di là della distesa di argilla, verso la stazione ferroviaria, morirono intere famiglie di nord africani. Ricordo le due grandi casse di legno greggio col nome Mekki, scritto con gesso giallo: contenevano tutto quel che si era trovato della famiglia Mekki, padre, madre e cinque figli. Ma il visitatore di oggi, che non vide la tragedia, stenta a credere nelle sue proporzioni. Lungo la strada nazionale c'è una fila d'alberi secolari; i vuoti ricordano i tronchi giganteschi sradicati dall'acqua e abbattuti sui tetti delle case; sugli alberi rimasti saldi erano finite automobili infrante, come giocattoli. Il visitatore di oggi non vide tutto questo, perciò resta dubbioso, quasi deluso. Un medico romano, in visita a Fréjus con la famiglia, osserva ad alta voce, con aria incredula: «Ma perché la gente non salì sugli alberi? Se fosse salita sugli alberi si sarebbe salvata»». Inutile spiegargli che, crollata la diga, l'acqua arrivò improvvisa sulle case addormentate; inutile ricordargli l'odore dolciastro di putrefazione che stagnava nell'aria, proprio lungo la strada nazionale, fino alla stazione ferroviaria. Due giorni dopo il disastro un ferroviere trovò un materasso fra i binari: nascondeva un bimbo di pochi anni. I turisti vengono numerosi, trovano una cittadina di campagna come tante altre. Le case distrutte hanno lasciato ampi piazzali ai lati della strada di transito e gli automobilisti vi sostano senza immaginare che là duemila soldati scavarono per giorni e orni in cerca di resti umani. E' stato ricostruito interamente il quartiere prossimo al mare, quasi tutto il quartiere dell'Arena romana. Alcune autorimesse sono state provvisoriamente sostituite da grandi capannoni di lamiera ondulata (vi sono raccolti i mille e mille pneumatici che la marea aveva disperso nella piana; erano rimasti confitti nel fango asciutto come enigmatici simboli). Lo Stato spenderà in totale 15 o 20 miliardi per la ricostruzione di Fréjus; ne ha già spesi quattro per rifare la strada nazionale e la linea ferroviaria Affiorano sempre, nel seguito dei grandi drammi, la diffidenza o la critica. Agli slanci immediati seguono le polemiche. Ci furono polemiche sull'impiego dei nove miliardi di franchi raccolti con pubblica sottoscrizione in tutta la Francia; si insinuarono dubbi maliziosi. Il vice-sindaco di Fréjus, M. Sénéquier. dopo avermi ripetuto la gratitudine della città per l'aiuto italiano, insiste nel farmi controllare l'amministrazione dei soccorsi. Un dossier per ogni sinistrato. Leggo alcuni nomi con annotazioni in margine: 500 mila franchi, 150 mila, 300 mila. Le somme non sono elevate. Qualche famiglia lmfmmC ha ricevuto diversi milioni di indennizzo, ma aveva perso casa, terra, attrezzi. M. Sénéquier precisa: « Non si tratta che di acconti ». Mi sembra questione esclusivamente francese. Osservo, piuttosto, come sia incredibilmente difficile ac certare il numero delle vittime. Ancora oggi manca un conto definitivo La cifra ufficiale, mi dice il vice sindaco, è di 475 morti Nessuno saprà mai quanti furono i dispersi, quanti i corpi umani travolti dalla valanga e mai restituiti dal mare La tragedia ebbe anche episodi frammentari e patetici. Uno è ritornato di attualità in questi giorni: Irene Goddard, la < fidanzata di Fréjus », ha messo al mondo una bambina, figlia di André Capra, suo promesso sposo, vittima della diga di Malpasset alla vigilia del matrimonio. Fra pochi giorni, superati gli ultimi ostacoli, Irene Goddard sposerà André Capra, legandosi per tutta la vita alla sua memoria: il matrimonio postumo 6 stato consentito da un editto speciale del presidente De Gaulle. Mario Fazio

Persone citate: André Capra, De Gaulle, Irene Goddard, Mario Fazio, Mekki, Vernet