Le banane sono l'unica risorsa della Somalia ed il più forte legame tra l'Italia e l'ex-colonia

Le banane sono l'unica risorsa della Somalia ed il più forte legame tra l'Italia e l'ex-colonia LA COMPLESSA AVVENTURA POLITICO-ECONOMICA DI UN FRUTTO TROPICALE Le banane sono l'unica risorsa della Somalia ed il più forte legame tra l'Italia e l'ex-colonia Il consumatore italiano acquista l'intera produzione, organizzata secondo « quote » rigide ed al riparo della concorrenza - Sono le più care del mondo: ma su 450 lire il chilo, meno di 100 toccano ai coltivatori - La Repubblica somala incassa sette miliardi (su esportazioni totali per otto miliardi): deve spenderli interamente in Italia, li converte in automobili o fertilizzanti (Dal nostro inviato speciale) Mogadiscio, agosto. Tutti sanno che cosa sono le banane; rrìa, forse, poclii sanno che quelle della Somalia, ad un certo punto della loro storia, si trasformano in fertilizzanti, in cemento, in automobili, in macchine utensili, in trattori agricoli. Sono le metamorfosi segrete suggerite da ingegnosi rap¬ iliiiiiiiiiiiiiiiiMii mini un iiiiiiiiiiiii porti commerciali tra un paese e l'altro, in questo caso l'Italia e la Somalia. Nel porto di Merco, un mattino, vedevo scaricare dagli autocarri le banane imballate; il piroscafo che doveva trasportarle in Italia era al largo, perché i fondali bassi non permettono di attraccare. Il capannone dove le banane vengono raccolte poteva far iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii pensare al deposito d'una nostra ferrovia secondaria. Le attrezzature portuali non facevano invece pensare a nulla perché quasi non esistono. « Eppure — mi dice chi mi accompagna — di qui passa la maggior parte della ricchezza della Somalia. Le sue esportazioni si aggirano sugli otto miliardi di lire e di questi otto ben sette riguardano le banane ». Si tratta, dunque, d'una vita economica molto semplice, direi bonaria. Ma se fossi nei panni dei governantisomali, non sarei tranquillo, sapendo che tutta la bilancia commerciale è basata su un unico prodotto e, soprattutto, su un prodotto che ha un pregio soltanto: quello di essere il più caro del mondo. Se fossi un coltivatore di ba-^ nane, lungo l'Uebl Scebeli 0 sul Giuba, starei col fiato sospeso perché tutto l'apparato burocratico e protettivo, insomma monopolistico, può andart: all'aria da un momento all'altro, sia per capriccio dei governanti somali, sia per necessità di Mercato comune europeo. Chi mangia una banana in Italia, che per forza deve essere della Somalia, collabora attivamente ad una strana avventura commerciale e raramente considera quante fatiche, quanti pasticci, quanti scambi forzati e controllati, quante speranze e paure siano raccolte nella polpa di quel frutto. Un bananeto è bello da vedersi Gli alberi dalle larghe toglie si allineano uno tanto addosso all'altro da formare una foresta in miniatura. 1 bananeti che ho visitato ad Afgoi e a Genale facevano pensale a larghe oasi d'un paese favoloso e ogni pianta era carica di frutti, che pendono come enormi proboscidi a formare il casco. E' una meraviglia della natura c la si ammira quasi con incredulità, per quel tanto di astruso e di perfetto, di bizzarro e di complicato che essa pone nel manifestarsi. All'inizio, da una specie di grande e verdastra pannocchia, si diramanti piccoli steli, come tanti cornetti bianchi e pun- Iti M11111111111111111111 ■ 11111 111 ■ 111 ri 11111 ti 11111b tati d'azzurro all'estremità. Quelli che verranno a maturazione, saranno banane. Quando il casco ha preso consistenza e forma definitiva, lascia pendere una barba bluastra, molto decorativa. Ogni due anni la pianta muore, bisogna rinnovarla e la esatta rotazione è una abilità del buon coltivatore. Camminavo, tra un solco e l'altro, su un morbido tappeto fatto di foglie cadute e di vecchi banani morti, guidato da un esperto. Egli toccava le banane e, qualche volta, nemmeno le toccava bastandogli guardarle per sapere a che punto erano di maturazione. C'è un momento ottimo in cui il casco deve essere tagliato e corrisponde a quindici-venti giorni prima della data in cui verrà venduto in Italia. Tagliato che sia viene messo sulle spalle d'uno donna; e le donne in fila, camminando curve, li portano nel centro di raccolta. Sotto un capannone i caschi vengono divisi secondo il loro peso, imballati e trasportati al mare. Così cominciano a viaggiare verso l'Italia, nor polendo avere altra destinazione. I coltivatori di banane della Somalia, che sono un po' più di duecento tra piccoli e grandi, sapendo che il loro prodotto e la loro attività sono circondati da molte leggende, insinuazioni c dicerìe si difendono affermando: «Sappiamo bene che un chilo di banane costa in Italia 450 lire, ma noi non ne abbiamo colpa. Noi, in tutta questa storia, siamo quelli che ricaviamo di meno, faticando più di tutti gli altrii>. E' un ragionamento semplicistico, ma per un attimo accettiamolo. E così si mettono al tavolino, prendono carta e penna, fanno i conti sotto i vostri occhi cercando di convincervi. A tutti sarà capitato di comperare un chilo, un mezzo chilo di banane e pagarlo senza riflettere, perché l'italiano se non può spendere non spende, ma se può spendere lo fa sema darsi troppo pensiero. Per questo in principio ascoltai con disattenzione: «A me — diceva il coltivatore di banane — pagano 94 lire per chilo. Da 94 a 450 c'è un bel salto, ma io non ne ho colpa». Allora cominciai a incuriosirmi ed a prendere note. II coltivatore spiega che a quelle sue 94 lire, certe volte molto sudate, bisogna aggiungerne 55 per il trasporto. Adesso anche lui sa che tale prezzo è caro, ma oramai i contratti con le società di navigazione sono fatti e brontola perché basterebbero 35 0 magari 40 lire per chilo. Siamo così a 149 e bisogna ancora aggiungere 6 lire per spese di sbarco e arriviamo' a 155 lire. Su tale prezzo il grossista interviene con mano pesante: infatti ci carica sopra un utile di 75 lire per chilo e siamo a 22.5. Il mtnutante prende ancora più coraggio e ci carica sopra un utile di ino lire tonde e siamo a SS5. A questo pulito 1 ma forse bisognava ricordarlo prima) il monopolio, che non si lascia intenerire dai bambini che desiderano una banana per merenda, vuole per sé 125 lire. Il vostro chilo di banane vi è servito come fosse una prelibatezza, una merce rara a 450 lire il chilo. Dite al coltivatore: « Jlfa lei sa che le banane zanzibarine o della Guinea, che sono squisite, ben striate, le migliori del mondo, si potrebbero ave- 11111111 [ 1111111E111111 ! i II 11111 ! 11 ! 11M1 ; 111111 11 I ] 11M11 [| re per ottanta lire- il chilo? Persino lo Stato di Israele, che fatica per ricavare qualche cosa dal suo piccolo e arido terreno, le offre a minor prezzo ? ». Il coltivatore si stringe nelle spalle, come per far capire che le cose stanno così e che lui non ha nulla da aggiungere. Aggiungo allora io che è faticoso stare in Somalia e coltivare banane, ma che è molto comodo sapere la quantità che si deve produrre (ogni coltivatore ha una quota in rapporto all'estensione del bananeto, ed è quella* che deve consegnare al monopolio), e che ancora più comodo è il sapere che vende al riparo d'ogni concorrenza. Così ogni anno noi mangiamo settecentomila quintali di banane della Somalia. E se i dirigenti somali vorranno aumentare la produzione per ricavare qualche lira in più, noi dovremo mangiarne ottocentomila quintali? Non vale rispondere a simile ironico interrogativo c poi risulta più utile vedere altri aspetti della storia delle banane, regolatrici della economia somala e buona voce di nostri traffici politici, economici e burocratici. I nostri coltivatori, lavorando da anni sul velluto, si sono addormentati. Qualcuno ha persino smesso di coltivare le banane, accontentandosi di vendere la propria quota avuta in assegnazione dal monopolio ad altri, e iniziando cosi un giuoco di intrallazzo. Quelli rimasti veri coltivatori non sono stati spinti a rendere più razionale il lavoro di raccolta, di imballo, di spedizione; non sono stati nemmeno spinti a farsi una flotta propria. Sono nodi che possono venire al pettinet Forse sì, ma nessuno se ne preoccupa. A preoccuparsene dovrebbero essere i dirigenti della nuova Repubblica somala, ma a questo punto si scopre che siamo, noi e loro, legati a filo doppio. Un funzionario molto abile della nostra passata amministrazione fiduciaria mi illustrò il lato conveniente dell'affare: < Deve sapere — mi disse compiaciuto — che tutto quanto i somali incassano vendendo al nostro monopolio te loro banane, deve essere convertito in acquisti di merci italiane >. E domandandogli che cosa comperano, mi rispose: « Oh, comperano fertilizzanti, cemento, macchine utensili, trattori agricoli, automobili. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E si intende, comperano anche altro ». Davanti a queste parole la metamorfosi si compiva: i quintali .di banane che avevo visto ad Afgoi, a Genale, a Merca si tramutavano in ferro, in ingranaggi, in case ed in nuovi campi ben concimati. Continuiamo a mangiare banane non molto buone, ma in compenso molto care, con la coscienza di compiere un gesto politico. Esse, dopo tutto, rappresentano la unica risorsa d'una giovane Repubblica ed una risorsa economica per qualcuno di noi; ma senza dimenticare che, domani o dopo, potrebbero essere un punto interrogativo. Se, per esempio, spinti da ragioni particolari, i sovietici offrissero alla Somalia di compruic tutta la produzione (raddoppiata o triplicata) di banane a 150 lire il chilo ? Se, per esempio, la Somalia si stancasse di comperare fertilizzanti, macchine utensili, cemento, ecc. a prezzi che sovente sono più elevati di quelli che altre nazioni sono pronte . a fare? Adesso, tutte le volte che vi toccherà di.mangiare una banana, che in Italia deve essere per forza somala, avrete di che discutere. Enrico Emaniteli?