Una scuola

Una scuola Una scuola per chi lavora E' di buon augurio che il nuovo presidente del Consiglio abbia, tra le sue prime dichiarazioni, menzionato le necessità della scuola. L'attenzione che gli italiani portano alle cose scolastiche è tenuta desta non soltanto da ambiziosi piani che aspettano l'approvazione definitiva del Parlamento, ma soprattutto dalla domanda che si pone in tante famiglie, per cui corrono tante richieste di consigli e formulazioni di dubbi e di giudizi: a quali studi si debbano avviare i figli. La risposta è difficile, perché la scuola appare — e non soltanto da noi in Italia — invecchiata di fronte al rapidissimo mutare della società; ai declinare di certi valori e di certe professioni, al sorgere di cose ed esigenze nuove. Da noi, però, la scuola si dimostra insufficiente, anche con l'alta percentuale di analfabeti (quasi il 13 per cento secondo il censimento del '51), e di semianalfabeti (il 18 per cento circa); col grandissimo numero di coloro che non sono proseguiti oltre la terza classe elementare (il 28 per cento) e la quinta (il 30 per cento). Circa il 90 per cento della nostra popolazione insomma (forse bisognerebbe ritoccare oggi questo dato) sembra non aver fruito affatto o soltanto in parte di quel diritto dell'educazione, sancito dalla nostra Costituzione. Quel che più importa, essa si trova praticamente esclusa dalla possibilità di partecipare in maniera soddisfacente all'occupazione tecnologica. L'industria, che da noi sembra avviata verso un periodo di floridezza, va intanto adottando sempre più quei processi di automazione, i quali richiedono non tanto « braccia », come si diceva una volta, quanto « cervelli » : e cioè persone dotate di una preparazione anche teorica, capaci di apprendere e di collaborare sul fondamento di una comune base culturale. Non si può certamente pretendere dalla scuola che essa diventi lo strumento di esigenze indu striali; essa deve dare una istruzione che abbia un va^ lore autonomo, in cui parte preminente sia l'uso cor retto e onesto della nostra lingua; mentre una porzione di essa scuola va dedicata interamente a preparare coloro che hanno vocazione per le discipline umanistiche o giuridiche. Ma per i giovani (e sono i più), che sono destinati alla vita aziendale, la scuola deve anche — sacrificando, se è lecito dirlo, un po' di maldigerito latinetto — fornire le menti che facilitino loro le future carriere: come la migliore conoscenza delle lingue moderne e una buona preparazione matematica. Soprattutto bisognerebbe che fossero istituite in maggior numero le scuole professionali, dove si insegnano direttamente ai giovani licenziati dalle elementari le discipline meccaniche e tecniche; dalle quali scuole, come l'esperienza dimostra, è facile per gli adolescenti passare alle industrie, senza lunghe ed esasperanti attese. Le migliori aziende dal canto loro provvedono poi a integrare la istruzione delle reclute nel le scuole aziendali, fornirle rfbilcaNfilncttdtvpgcppsptgssdi mezzi che sarebbe assur-Jdo richiedere allo Stato su scala nazionale. Leggendo a volte sui giornali di rapine o delitti di sangue stupidi e feroci, compiuti da giovani, maga ri associati in bande, ci siamo domandati sovente come mai si sono traviati a questo modo? Non sempre, ma forse in molti casi è mancata ad essi soltanto un po' di istruzione; quel poco che avrebbe loro aperto l'adito ad uno stabilimento, con la conseguente soddisfazione di esercitare un mestiere, di far parte di un processo produttivo; con la accettazione di una disciplina e il conseguimento di un equilibrio psicologico. Invece si sono trovati esclusi, oziosi, bisognosi, con quel che ne è seguito. Tra i doveri dello Stato verso i giovani ci sembre- rebbe giusto questo: che fossero rimosse le odiose barriere di cui s'è discusso in questi tempi; per cui l'adito ai Politecnici è concesso soltanto a coloro che abbiano frequentato i licei. Non sembra giusto dividere, fin dal principio degli studi, la popolazione scolastica nelle due classi di coloro che andranno alle università e di coloro che si accontenteranno delle licenze medie. E' bene che sia facilitata la via a tutti i meritevoli; è bene altresì che un padre possa avviare un figlio ad una scuola media che dia un titolo utile di per sé (quello di geometra per esempio), senza vietarsi con ciò la prospettiva di poterlo far proseguire più tardi all'università, se il giovane si sarà dimostrato studioso e il padre potrà sopportare la spesa. Didimo (ìli onorevoli Andreotti, Go a destra) durante la riuni

Persone citate: Andreotti

Luoghi citati: Italia