« Solo come una fiera » di Francesco Argenta

« Solo come una fiera » L BANDITISMO SARDO « Solo come una fiera » Così si sente il pastore della Barbagia, in perenne lotta con la natura e con la vita • Il codice della vendetta al quale egli obbedisce, è imposto dall'u autorità» di una tradizione plurisecolare Roma, luglio. La paurosa ripresa del banditismo che ha messo in allarme, in Sardegna, le popolazioni; ha mobilitato le forze di polizia e spinto i parlamentari a rivolgere concitati appelli al governo, ha per epicentro o teatro (come, del resto, è sempre accaduto in passato) la Barbagia, vale a dire la regione che corrisponde, territorialmente, a quella zona centrale dell'isola che si estende sul massiccio del Gennargentu e confina, a settentrione, col Nuorese, col quale però ha finito, storicamente, col coincidere, in conseguenza della azione unificatrice che Nuoro ha avuto, come capitale, sulle Barbogie di Seulu, Beivi ed Ollolai. Ora, è notorio che, a causa della sua posizione geografica, la Barbagia ha rappresentato la <zona» geografica e morale delle ultime resistenze autoctone alle varie invasioni e dominazioni che hanno condizionato o influenzato l'evoluzione della storia sarda. Per questo, appunto, i suoi costumi sono fra quelli più caratteristici della Sardegna; i suoi dialetti fra quelli più fedeli all'origine neolatina della lingua sarda; il tipo umano che vi predomina (il barbaricino) quello che appare più caratterizzato rispetto alle popolazioni delle altre regioni o sottoregioni dell'isola. Ma la Barbagia offre una sua netta caratterizzazione anche da un altro e fondamentale punto di vista: la sua economia è ancora dominata dalla pasto¬ llllllllItllllllllllItllIIIIIIIIIIIIIIIIIIItlllllllItllMIII rizia; l'allevamento ovino e. caprino è tuttora transumante; l'agricoltura è conosciuta in termini molto ridotti e trova applicazioni sporadiche e rudimentali. Senza correre il rischio di incorrere in giudizi avversi, sì può dire che la Barbagia rappresenta, nella struttura di un'economia arretrata, come quella sarda, la zona in cui l'arretratezza economica dell'isola è più manifesta e visibile: « visibile, ad occhio nudo, si può dire, in una terra che sembra appena uscita dalla creazione e che ha tutta l'aria di essere, dopo millenni di storia e di vita, la stessa terra, con la stessa vegetazione, gli stessi graniti, la stessa durezza di una natura indocile alle nude mani dell'uomo, la stessa terra insomma (e, per tanti versi, la stessa economia) che già era prima dei millenni >. L'immagine, che a taluno potrebbe < sembrare piuttosto barocca 0 troppo vistosa» ma che, in realtà, è tutt'altro che falsa, è di uno studioso sardo, il dott. Antonio Pigliarli, cui si deve una penetrante indagine volta a scoprire la natura ed il significato degli aspetti propri di quel sistema di vita etica che, nella quotidiana vicenda della comunità barbaricina, si esprime, così di frequente, in quel fenomeno sociale, ancora per tanti-versi inesplorato, che è il cosiddetto banditismo sardo. Si va ripetendo dai criminologi che ogni fenomeno criminoso è sempre un fenomeno bio-sociologico, non IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIt essendo possibile staccare l'uomo dall'ambiente e 'aiutare l'influenza dell'ambiente al di fuori di quella che è la particolare reazione psicologica dell'uomo all'ambiente stesso. Ma — avverte il prof. Benigno Di Tullio, presidente della Società italiana di criminologia, — quando si parla di ambiente, nel campo criminologico, conviene ricordarne almeno tre aspetti fondamentali: quello geo-fisico, quello igienico, quello psico-sociale, il che assume una particolare importanza quando ci si volca allo studio della delinquenza nelle aree depresse, essendo ben nolo che in coteste zone, economicamente e socialmente arretrate, esistono condizioni ambientali fra le più favorevoli allo sviluppo di attività antisociali e delittuose, individuali e collettive. — Se è vero — come van mettendo sempre più in chiaro gli studi crimìnologici — che coloro i quali cadono nel delitto sono sempre i meno dotati di intelligenza retta e di volontà libera, i meno provvisti di forze spirituali; coloro, cioè, che più sono portati a serbare la forza dell'istinto ed a cadere in forme di condotta contrarie alle norme morali codificate, è, altresì, dimostrato che l'ambiente cosmicogeografico ha una influenza determinante nella criminogenesi: il latifondo offre condizioni ideali per il compimento di grassazioni, sequestri di persona, estorsioni, atti di brigantaggio, giacché è certamente più agevole compiere simili reati in luoghi spopolati ed incolti, ma anche l'allimetria (montagna, collina, pianura) può avere un'influenza determinante nell'attività delittuosa, soprattutto in rapporto alle modalità di esecuzione od alla dinamica dell'azione. Ora, tutto quello che va accadendo attualmente in Barbagia ha da riportarsi, nella sua materialità e nella sua essenza, ■ •elusivamente alla spinta che può derivare dall'ambiente, con la sua arretratezza economicosociale, colla miseria in cui è condannata a vivere tanta parte della popolazionet I criminologi sostengono che non è la miseria per se stessa la creatrice o la stimolatrice della delinquenza. E' notorio, infatti, che moltissimi sono gli individui che vivono in stato di miseria e rifuggono dal compiere alcun atto contrario alla legge. La miseria diventa, piuttosto, un fattore criminogeno ogni qualvolta riesce a provocare una trasformazione più o meno fortemente peggiorativa della condizione della persona umana, o quando viene ad agire su di un individuo in cui preesistono particolari disposizioni innate od acquisite verso un comportamento antisociale e criminoso. Ebbene, l'indagine a largo raggio compiuta dal dottor Pigliaru (La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico, Giuffrè ed., Milano), confermando l'esattezza delle conclusioni cui sono pervenuti quanti hanno studiato da vicino quel complesso fenomeno sociale che è il banditismo sardo, e, nella pratica della vendetta, hanno individuato e segnalato una delle cauie determinanti del fenomeno, dimostra con dovizia di riferimenti 0 di dati, che la mi¬ seria e gli altri fattori comunemente presi in considerazione per spiegare il fenomeno delinquenziale nelle aree depresse, hanno una portata marginale ed insignificante nel caso del banditismo sardo. Il fenomeno che ha il suo epicentro nella Barbagia ha, alla « centralità » della sua. genesi, la vendetta, e questa centralità è quantitativa e qualitativa, tanto che < se si prescinde dalla pratica dell'abigeato, con tutti i suoi alti e bassi stagionali, la vendetta non può non risultare la componente essenziale di tutto il fenomeno, il fatto, anzi, più proprio di tutto il fenomeno ». Ha del pauroso e, alla nostra sensibilità può apparire senz'altro inumano e mostruoso l'atteggiamento del singolo che si abbandona alla vendetta, magari la più atroce, obbedendo come ad un imperativo, ad un comando < morale > cui non gli è dato sottrarsi. Ma. il codice della vendetta in Barbagia, il codice che si tramanda da secoli e che non ha subito sostanziali variazioni neppure ai giorni no¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii stri, talché l'attuale 1 edizione » del codice barbaricino della vendetta altro non è che il coacervo delle norme che han trovato applicazione sin dai tempi più remoti, costituisce un sistema normativo la cui efficacia e validità è assicurata da un'autorità che non emana da chi è investito del potere legislativo, ma che si riallaccia, soltanto, all'autorità della tradizione. Su sambene no est aba, (I sangue non è acqua, è il principio etico che la comunità barbaricina invoca, ancora oggidì, per spiegare la fatalità dell'azione vendicatrice. E la concezione della vita, propria del pastore barbaricino, è la concezione propria di un essere che, nel cimento quotidiano con la vita, con la natura, è andato incontro ad esperienze negative e dolorose, tanto da indurlo a proclamare che egli si sente solu che fera, solo come una fiera. Sono spunti e motivi che possono indurre ad investigare una realtà sociale, ancora, per tanti aspetti, sconosciuta. Francesco Argenta iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiii

Persone citate: Antonio Pigliarli, Di Tullio, Giuffrè

Luoghi citati: Milano, Nuoro, Ollolai, Roma, Sardegna