Le grandi nazioni già si affrettano ad avere un'ambasciata a Mogadiscio di Enrico Emanuelli

Le grandi nazioni già si affrettano ad avere un'ambasciata a Mogadiscio -bhh OTTI3USMO E PESSIMIS3IO SULL'AVVENIRE DELLA SOMALIA =- Le grandi nazioni già si affrettano ad avere un'ambasciata a Mogadiscio Il riconoscimento « telegrafico » dell'Unione Sovietica - Si osserva che banane, pellami e arachidi non giustificano tanto interessamento • Che cosa desiderano i potenti? perché vengono? - V'è chi parla di petrolio, chi di basi aeree che si affaccino sull'Oceano Indiano - Gli ottimisti sono felici, gli altri sospettosi; Mogadiscio intanto si riempirà di belle residenze, di lussuose automobili, di signore eleganti, spettacolo consueto dell'attività diplomatica (Dal nostro Inviato speciale) Mogadiscio, luglio. I festeggiamenti per la nascita della nuova Repubblica Somala sono terminati, le delegazioni straniere ripartono e il lavoro riprende. E si riprendono anche le chiacchiere, le previsioni, le insinuazioni, i sogni come sempre si è fatto: ottimisti e pessimisti, a turno, credono di avere sotto mano il quadro esatto dell'avvenire. Riferirò imparzialmente qualche opinione degli uni e degli altri; e dirò subito che sono con gli ottimisti. Parlate con un funzionario della ex-nostra amministrazione fiduciaria, che si è occupato del settore politico e vi dirà: < L'ossatura per una vita democratica l'abbiamo lasciata. Dal 1951, quando si è costituito il primo Consiglio territoriale al 1956, quando si è proceduto alle prime elezioni, di strada ne abbiaìno fatta. Non tutto è perfetto? Ma in dieci anni non si poteva fare di piii. In dieci anni un ragazzo frequenta le scuole elementari e quelle medie, poi prosegue per gli studi superiori. I somali sono preparati per andare avanti, in questi studi superiori, da soli>. Se state a sentire qualcun altro, non preso dalle strettoie ufficiali e che si presenta come conoscitore della vita somala, vi dirà.: « E' ancora difficile parlare di vera organizzazione politica. I cosi detti partiti ed i loro leaders non rappresentano,ideologicamente, ancora nulla o ben poco. Essi rappresentano soltanto il peso di certe ■iiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiimiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii cabile, i Darot, gli Hauia, i Dir, i Dighil. Siamo ancora in una specie di infanzia e la lotta è tra agricoltori, pastori, commercianti. La camera legislativa, come la polizia e l'esercito, come la burocrazia sono state messe insieme tenendo conto, più che delle posizioni politiche, di quelle di cabila ». Se parlati con un funzionario, che si è occupato dei problemi dell'istruzione, vi dirà: < Dieci anni fa avevamo quattromila frequenze nelle elementari, oggi, nel momento in cui ce ne andiamo, sono quarantamila. Vn tempo il fascismo non permetteva ai somali di andare oltre la quinta elementare, oggi a Mogadiscio c'è persino un'università. Non importa se ri è soltanto la facoltà di scienze politiche e se ha sfornato dottori in modo precipitoso. E' pur sempre qualche cosa ». Chi non condivide tale ottimismo, vi dirà: < Per stare nel breve termine di tempo concesso, si sono dati alla preparazione dei quadri amministrativi e burocratici tralasciando qualsiasi preparazione dei tecnici. Il guaio è che i tecnici strewieri (noi dovremmo lasciarne 250), indispensabili ancora per molti anni, sono adesso trattati dall'alto in basso dai nuoui padroni. Ben pochi si adatteranno ». Se poi si passa ad esaminare i problemi legati alla fusione dei due territori, quello ex-italiano e quello exinglese, i pareri discordano in modo ancora più deciso. Da una parte c'è il Somaliland con scarsi settecento- iHiiiiiiiiiiiiiniiiM mila abitanti su un territorio grande come l'Italia, con la capitale tHargheisa) che è poco più di un grosso paese. Dall'altra parte c'è la Somalia con un milione duecentomila abitanti su un territorio grande due volte l'Italia, con la capitale /Mogadiscio) che ha già l'andatura di una piccola città. L'economia del primo territorio è statica, povera, mentre quella del secondo può sperare in un continuo sviluppo. I pessimisti vi dicono: tTra i due Paesi, che si sono uniti, di comune c'è soltanto la regola di circolare in auto tenendo la mano sinistra imposta dagli inglesi nel loro ex-protettorato e lasciata alla Somalia italiana come ricordo di nove anni d'occupazione ». Ed aggiungono: <I due Paesi sono stati allevati con sistemi diversi e dovranno faticare per mettersi d'accordo su molte cose: moneta, dogana, esercito, polizia. Sono scogli che bisogna superare facendo tacere le vanitil e le velleità > Ribattono gli altri: « Le difficoltà esistono, ma saranno risolte. I dirigenti somali guidati da noi italiani hanno una esperienza di vita pubblica ed a Mogadiscio c'è un uomo che da quattro anni porta il titolo di Primo ministro. Invece i dirigenti che provengono dal Somaliland hanno una pratica di governo che risale soltanto a tre mexi fa e sino all'ultimo giorno hanno avuto il governatore britannico che era anche presidente del Consiglio esecutivo. Ma tale situazione non darà a questi ultimi nessun complesso di inferiorità. Hanno anche loro certe carte da giocare ». Adesso, per capire di quale carta parlino gli ottimisti, bisogna che dica come risulta composta l'Assemblea unificata. Essa è formata da' trentatrè deputati del Somaliland e da ottantotto (perché due nomine non furono convalidate) della nostra ex Somalia. I pessimisti prevedono che l'equilibrio raggiunto dai vari partiti nei due territori sarà immediatamente annullato dall'unificazione o che, nella migliore delle ipotesi, lo si ritroverà soltanto se quelli del Somaliland si adatteranno sempre ai desideri ed ai comandi degli altri. Rispondono gli ottimisti che non sarà cosi perché gli inglesi hanno provveduto a dare un peso economico ni trentatrè deputati del loro protettorato. Restando sul terreno economico gli ottimisti dicono: < Quando nel 1950 abbiamo assunto il mandato la bilancia commerciale aveva un passivo notevole, ma oggi è stato molto ridotto. E questo passivo verrà turato con l'aiuto di due miliardi di lire dato ogni anno al loro ex territorio: ecco il peso economico dei trentatrè deputati del Somaliland. Noi italiani daremo altrettanto e gli americani hanno promesso tre miliardi. Totale otto miliardi, che basteranno a far quadrare il bilancio ». I pessimisti scuotono il capo non convinti. Essi vedono nella nascente burocrazia somala un motivo di spese che andranno via via aumentando. E dopo lunghi discorsi concludono: « Adesso i somali desiderano avere almeno tre ambasciate, a Roma, a Londra, a Washington ed ecco altri milioni da spendere. Vogliono raddoppiare il numero dei soldati, pensano di acquistare nuove armi ed ecco altri milioni da spendere. Come potranno farei ». Se i pessimisti sono italiani preveaono anche altre complicarlo.'i. Essi sanno che è nell'animo dei nuovi governanti di contestare a certuni la legalità del possesso delle terre acute in concessione nel passato ". allargando il campo, 1 :ono che — presto o tardi — i somali non si adatteranno più a comprare da noi macchine, zucchero, utensili a prezzi troppo alti. Gli ottimisti ribattono: « Certo, chi non ha tutte -le carte in regola può trovarsi di fronte a gravi complicazioni: magari alla confisca. Per il resto non c'è nessun pericolo immediato. Anche i nuovi dirigenti si renderanno conto della realtà e non vorranno fare salti nel buio. Guardate: gli inglesi, durante la loro occupazione, hanno dato vita alla Lega dei Giovani Somali e noi, nei primi quattro anni di mandato, l'abbiamo avuta come avversaria. Adesso la Lega, che dispone di ottanta voti su centoventuno nell'Assemblea è sinceramente nostra amica ». Ancora una volta i pessimisti scuotono il capo. Essi dicono: « Il favore popolare non è più come una volta per gli uomini della Lega dpi Giovani Somali. Hanno visto tropye rapide fortune finanziarie e sono sospettosi. La Lega della Grande Somalia, capitanata da Haji Mohammed Hussen, che è all'opposizione, saprà sfruttare il malcontento ». Rispondono gli ottimisti: « E' vero, Hussen chiede nuove elezioni, ma non si faranno che nel 1963. In questi anni molti errori si potranno correggere e la massa potrà avere qualche soddisfazione ». Non convinti i pessimisti girano il discorso da un'altra parte. Essi, nella corsa di molte Nazioni per mettere un'ambasciata a Mogadiscio, vedono qualche cosa di misterioso, le prime mosse di una lotta non ancora chiara. Perché vengonof Sperano nelle trivellazioni che si fanno alla ricerca del petrolio f Desiderano avere basi aeree che si affacciano all'oceano Indiano? Settecentomila quintali di banane, un piccolo traffico di pellame, un po' di arachidi non giustificano tanto interessamento. Il nostro ambasciatore, quello francese, quello inglese, quello americano, quello tedesco, persino quello della Cina di Formosa hanno già presentato le loro credenziali. Ma verranno anche gli svizzeri, gli jugoslavi c Kruscev, nel suo telegramma di saluto, ira l'altro ha detto: « L'Unione Sovietica annuncia solennemente il riconoscimento della Somalia come Stato indipendente e sovrano e dichiara di essere disposta a stabilire relazioni diplomatiche ed a scambiare rappresentanze diplomatiche ». Mogadiscio si riempirà quindi di belle residenze, di lussuose automobili, di giovani diplomatici, di signore eleganti. Gli ottimisti sono felici, gli altri sospettosi. Ci sarà presto una vita mondana, ricevimenti ed il locale di don Ciccio — oggi l'unico ad avere la musica di un juke-box — risulterà troppo modesto. Così con questa indipendenza si apre una nuova partita, che avrà molti giocatori. Il bello è che sino ad oggi, né oli ottimisti né i pessimisti sanno dire con precisione quale sia la posta messa sul banco. Da una parte e dall'altra tutti ne intravedono molte, ma in maniera nebulosa. Enrico Emanuelli Una sentenza in Svizzera

Persone citate: Haji Mohammed Hussen, Hussen, Kruscev