Università e industria

Università e industria Università e industria Nell'incessante progresso riovuto al « miracolo economico italiano » l'industria chiede un maggior numero di laureati, dotati di una preparazione migliore ; l'università, nelle sue attuali condizioni, non è in grado di fornirli. Indice della grave malattia nella quale versa l'organo supremo della nostra cultura è il fatto che sui problemi dell'istruzione il convegno chiusosi oggi a Ischia, è la undicesima grande riunione, a partire dal 1956. E non si tiene conto dei congressi minori. Se avrà un seguito concreto, come tutti hanno auspicato, il convegno in questione potrà essere più importante degli altri, in quanto ha messo in diretto e spesso vivace contatto i « produttori » di^ laureati con i « consumatori » degli stessi: i professori universitari, cioè, con gli industriali. Si è detto che il male da cui è colpita l'università italiana è triplice: difetto di uomini, di strutture, di mez,zi. E ciò, forse, non è esatto, perché tutto si riduce ad un problema di mezzi. Con essi, i docenti, pochi, ma, in buona parte, animati dallo spirito della ricerca, dalla gioia di un conscio sacrificio, dall'amore per il sapere, troverebbero gli uomini atti ad aiutarli ed a sostituirli negli anni venturi, troverebbero gli strumenti per meglio istruire i moltissimi allievi, per incrementare le attrezzature, per far progredire la scienza e la cultura. Nel convegno di Ischia si è soprattutto parlato delle Facoltà di Ingegneria e di Scienze Economiche, quelle che maggiormente forniscono e dovranno fornire in futuro i dirigenti ed i tecnici d'alto livello, dei quali l'industria' abbisogna. Ma lo stesso piano decennale della scuola non metterà queste facoltà in grado di sovvenire alla domanda di tecnici e di economisti che si prevede per i prossimi anni, anche se l'attuale prosperità economica dovesse subire l'influsso di parziali recessioni o di cicli discendenti. Inoltre, mentre la riforma per la Facoltà di Ingegneria sembra essere vicina al porto, quella per Economia e Commercio è allo stato di una relazione ufficiale, già modificata e contraddetta da almeno ventuno altre relazioni degli istituti universitari o scientifici direttamente interessati. Vi è, dunque, almeno per la seconda delle facoltà, un problema di fondo, riguardante un suo ridimensionamento ed una sua riforma; mentre anche con la prima, la facoltà d'ingegneria, essa ha in comune gravissimi problemi istituzionali, quale quello del tipo di cultura — umanistica o tecnica — che dovrebbe divenire patrimonio dei giovani delle scuole secondarie, destinati a salire i grpdini degli atenei. Altre grari questioni sono connesse alla creazione di una classe di tecnici, intermedi tra i laureati e i diplomati di scuole secondarie — classe esistente in quasi tutti i paesi esteri — che molti industriali hanno auspicato e quasi tutti i professori hanno condannato, non giudicando utili i « sotto-ingegneri » ed i « sub-dottori ». Né meno difficili sono i problemi della funzione formativa e informativa delle università; degli indirizzi di studio e delle specializzazioni, che hanno particolare importanza per l'ingegneria, in relazione alla complessità dell'industria, ecc. ecc. Allo stato attuale, può essere giudicato eccessivo ottimismo quello di chi crede che questioni di tanta portata possano essere facilmente e rapidamente risolte. Dato, pfrò, che incalza lo sviluppo economico e cresce la domanda di lavoro altamente qualificato, la parte concreta del congresso, più che sulle riforme strutturali dell'università, è stata quella sul modo con il quale gli industriali, pressati dalle loro attuali esigenze, possano aiutare il mondo accademico a « produrre » laureati migliori e più numerosi Il modo può essere vario e molteplice: con l'offrire l'opera di uomini pratici e specializzati che aiutino il teorico nelle concrete applicazioni del suo insegnamento (meno buona è, certamente, l'usanza degli « incarichi universitari » che obbliga i pratici a diventare dei teorici spesso non preparatissimi) ; con il sovvenzionare le ricerche scientifiche nei campo universitario; con l'aiutare, soprattutto, quegli studenti dotati di ingegno, ma non di mezzi di fortuna, che spesso si trovano tra i cosiddetti « studenti lavoratori ». Essi, ora, male studiano e poco rendono, oppressi dal quotidiano lavoro. Non si dimentichi che ancora oggi la massima parte dei giovani universitari deriva dalle classi superiore e media della nostra società e che, perciò, molti buoni elementi possono utilmente essere aiutati. Se i contatti tra industriali e professori nel campo individuale ed in quello delle loro organizzazioni, dovessero svilupparsi sempre più, come è stato auspicato e promesso, può darsi che il convegno di Ischia abbia un risultato concreto a vantaggio dell'università e dell'industria. Altrimenti i suoi « atti » costituiranno un altro libro di teoria tra i molti delle nostre private biblioteche. Diego de Castro

Persone citate: Diego De Castro

Luoghi citati: Ischia