A Spoleto «Il Principe di Homburg» dramma lirico d'un giovane tedesco

A Spoleto «Il Principe di Homburg» dramma lirico d'un giovane tedesco A Spoleto «Il Principe di Homburg» dramma lirico d'un giovane tedesco La musica di Hans Werner Henze ha ricordato Riccardo Strauas pei* gli ariosi con cui usava esprimere gli stati,d'animo - Un'opera, non un'opera d'arte - Pubblico mondano, molti applausi (lini nostro inviato speciale) Spoleto, 24 s'ugno- Quasi echeggiando ''esclamazione dì Robert ì? liumann nel presentare agli itimi l'opera 2 dell'ancora ' noto Chopin: — Giù il cappe..o, signori, ècco un genio! — un giornalista tedesco ha intitolato il resoconto della prima rappresentaelorie, Il maggio scorso ad Amburgo, del Principe di Hamburg del westfaliano Hans Werner Henze: «Giù il cappello, ecco un'opera! *. Saluto e ammirazione, che implicano 11 parere sfavorevole dei due precedenti melodrammi di lui, Re Cèrvo e Boulevard Solitude, già dimenticati. Essi infatti erano stati considerati dagli Ammiratori non in quanto drammi in musica, ma nella tecnica della partitura, cioè nell'ossequio più o meno totale al principio della dodecafonia attinto alla scuola dell'Infatuato Leibowita, nell'ambiguo richiamo ad antiche forme scolastiche, nell'influenza della vocalità e della melodiosità italiana e meridionale, eccetera. Ora l'attenzione si volge, oltre che alla struttura, all'«opera». Ed è lo stesso operista, trentaquattrenne, che, rlserbandosi la scelta del modi, dichiara di aspirare alla musica libera da vincoli dogmatici, allo stretto connubio della parola con la musica, e, quasi identifica l'Ar. tista con un Principe di Homburg, un sognatore, un visionarlo, che nell'agi re è pur concreto, fattivo. Subito giova un'avvertenza a coloro che lessero o ascoltarono in tedesco o in italiano la tragedia a lieto fine di Enrico von Kleist, II Principe di Homburg, 1810: la riduzione in libretto, compiuta dalla signora Ingeborg Bachmann, e gradita dallo Henze è, come in altri casi, uno stralcio, che, necessario alle proporzioni d'un'opera in musica, accentua o attenua, rallenta o accelera, alcuni episodi e sviluppi. Non al testo del romantico e disgraziato poeta prussiano, suicida a trentaquattro anni, bisogna dunque rifarsi, ma a ciò che il libretto reca, e definitivamente Ai personaggi, ai sentimenti, alle azioni, liricizzati dal musicista. I critici della letteratura ancora discutono dell'influsso che le Idee sull'individualismo e la società, le condizioni psicologiche e mentali, esercitarono •Ull'arte del von Kleist; discutono anche del sonnambulismo del Principe, singolare espediente. Siffatte discussioni, riferite alle facoltà della musica sono improprie. Conosciamo una mirabile Sonnambula, e l'Intendiamo traverso non una diagnosi né io stato familiare, ma la poesia della sua amorosa Infelicità. Diciamo, brevissimamente, che il giovane Principe, generale della cavalleria brandeburghese, sonnambulo, sogna d'intrecciare per sé una corona d'alloro e d'esser amoroso della giovane principessa Natalia. Nell'imminenza di uno scontro con gli Svedesi invasori riceve dal Feldmaresciallo gli ordini del Principe Elettore, li ascolta distratto, indifferente. Nel piano della battaglia è rigorosamente prescritta l'immobilità della cavalleria finché dura la manovra d'altri reparti. Pare al dormiente che 11 ritardo sia superfluo, dannoso, e perciò avanza. Propizia così la vittoria. Mai per la disubbidienza sarà giudicato dal Tribunale militare. Sicuro d'aver bene agito, crede che il processo sia soltanto formale. Imprigionato, condannato, è certo d'essere assolto; ma né l'Elettore può graziarlo, né egli, benché ami la vita, ami Natalia, inorridisca al pensiero delia tomba, chiede la grazia. Tutti gli interventi in suo favore son vani. Ammetta di aver errato, d'essere ingiustamente punito, e sarà salvo. Non vuole il condono, morrà. Nel respingere l'ultimo compromesso, incita l'Elettore a continuare la guerra con gli Svedesi. Bendato, vien condotto al luogo della fucilazione... E' tempo di risvegliarlo. Ufficiali, ministri, Natalia, l'Elettore, l'Elettrice, s'adunano per la cerimonia della corona d'alloro. Salve di cannoni. Si ridesta: — E' sogno? — Certo — A cavallo! A morte tutti i nemici del Brandeburgo! Tutti sanno che la Musica, non ideologica, ma soltanto lirica, non può sostenere te6i morali o sociali. Non si va dunque all'opera per disputare 0 sentir discettare di prussianesimo e di militarismo, di anormalità mentali, di principi etici, eccetera. Soltanto de¬ gli affetti, dei dolori, delle gioie, dei desideri, s'attende l'espressione sonora, inoltre la finzione è ardua. Sul palcoscenico avviene tutta l'azione che il personaggio, immoto, sogna. La musica rappresenterà la vera e propria realtà dei fatti, o questi nel velo del sogno? E' la più difficile fra le prove che un melodrammatu^go abbia da affrontare. Ed è il difetto sostanziale di questo melodramma. Di vagheggiamenti di gloria, del vano innamoramento, della certezza illusoria, si ascoltano accenni nelle prime scene; e son suggestivi tocchi armonistici, timbrici, momentanee rappresentazioni di stati d'animo di personaggi immersi, come suol dirsi, in un't atmosfera rarefatta». Ma l'irreale consistenza di tale ambiente, talvolta smagata dai commenti dei personaggi astanti, curiosi dei caso ipnotico, svanisce con l'inizio della realistica evocazione degli avvenimenti, né più si rifa. L'espediente pare, dunque, mera curiosità scenica e verbale. L'impegno drammatico dello Henze s'è peraltro attuato felicemente in più punti, quando cioè l'osservazione delle altrui maestrie ed esperienze l'ha indotto a evitare « una musica qualunque » o « il pezzo per il pezzo » ed a rappresentare invece sia pur frammentariamente personali drammi. Per esempio, l'episodio degli Ufficiali che, osservantissimi, annotano le disposizioni per la battaglia, è l'occasione d'una specie di concertato, fatto con abilità, e pur vivo nella non materiale combinazione. Parecchi cori, ben congegnati, recano con i vari interventi multanimità e distinzione. Gli interludi orchestrali, invece, son zeppe, « musica qualunque », non annodano né separano un quadro dall'altro: durano quanto occorre ai macchinisti pel cambio delle scene. Fa talvolta capolino una cantilena, quasi una canzone aggraziata, come quella del Principe (baritono), che sogna uno splendido castello; è una strana inserzione nella vocalità, casualmente ora recitativa, ora melodizzante, più spesso contrappuntistica, e quasi sempre concorde con i moti e i suoni delle voci orchestrali. Non avviene di accertare modi propri nella musicalità di questo ancor giovane compositore, ma neppur altrui reminiscenze o peggio. Se mai, la memoria va a Riccardo Strauss, per quelli ariosi o quei « gesti sonori > con i quali esprimeva o tipeggiava stati e relazioni d'animo; qui son tratti comuni al Principe ed a Natalia. E proprio costei sembra fra tante la persona meno incertamente caratterizzata dall'operista. Malgrado l'ispida, teBa, sgraziata, inespressiva vocalità, che è comune a tutti i per¬ sonaggi henziani, e malgrado la strombettante, chiassosa, pettegola, frantumata accozzaglia di suoni, qual è la parte strumentale, par di scorgere il lihcamento d'una figurina gentile, affettuosa, trepida, consolata. Accanto a lei il principe non ha personalità. Tuttavia, protagonista, di nomo, non per propria virtù drammatica, le si unisco in qualche duetto, e pare che la tecnica sia talvolta sfiorata da un soffio di umanità, se non di liricità. Qua e là, come nella scena della tomba intravista, una certa corrispondenza delle risorse musicali all'azione e alle parole è sensibile. Ma, intendiamoci, è un'aderenza casuale e superficiale. Benché dichiari di scostarsi da tanti contemporanei che < compongono > senza»riguardo alle « parole >, lo Henze, al fatto, usa le parole nel senso lessicale, mentre farte vuole metafora di parole In musica per esprimere precisi stati d'animo di precisi personaggi. E per tutto ciò, c per altro che sarebbe lungo esporre qui, anche noi salutiamo, « giù il cappello », l'ospite straniero, ma a questa composizione né drammatica né commovente, daremo, sì, la qualifica retorica di «opera» ma non quella estetica di « opera d'arte ». L'esecuzione, vigorosa e sicura, di tedeschi dalle corde vocali di acciaio, ottimi attori e declamatori, (e nomino per brevità soltanto il protagonista Vladimir Ruzdak e la soprano Liselotte Foelser come Natalia), bene concertata dallo stesso autore con l'effi¬ cace orchestra triestina e col coro della Staatsoper di Amburgo, concordava con le scene, i costumi, le luoi, disposti dal regista Helmut Kaeutner, in quella unità storica e stilistica che vorremmo sempre raggiunta con fedeltà e rispetto sia nelle opere nuovissime, sia in quelle di ieri e d'ier l'altro. Il Teatro Nuovo, che contiene circa mille spettatori, era stasera affollato nella platea più che nei palchi da pubblico cosmopjllta e, come suol dirsi, mondano. Erano presenti gli ambasciatori di Germania e di Inghilterra. Il successo sta nella cronaca: quattro chiamate ai cantanti e all'autore alla fine del primo atto, sette al secondo e parecchie al termino dello spettacolo. A. Della Corte

Luoghi citati: Amburgo, Brandeburgo, Germania, Inghilterra, Spoleto