I tedeschi entrano in Parigi deserta come una città morta di Loris Mannucci

I tedeschi entrano in Parigi deserta come una città morta Tragico ricordo <fi veni9amimi! ta I tedeschi entrano in Parigi deserta come una città morta Desolata e tumultuosa fuga dei cittadini - I rimasti assistono alla sfilata dei carri armati nazisti dalle nestre chiuse e con le lacrime agli occhi - La prima domenica di occupazione: il tempo è bello, i arigini escono di'casa, camminano guardando dinanzi a sé, come se le divise verdi fossero invisibili (Nostro servizio particolare) Parigi, 14 giugno. Venerdì 14 giugno 1940. Sulla scrivania alla quale era seduto il prefetto di polizia Roger Langeicon, cupo e preoccupato, 1 messaggi arrivavano a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro, trasmessi telefonicamente dagli uomini che egli aveva predisposti nei punti nevralgici della capitale e intorno ad essa. «Ore 5,20: tre automobili piene di soldati tedeschi arrivano dinanzi alla caserma di Saint-Denis»; «ore 5,30: due camioncini carichi di soldati gtenlcsI |j t„^„„„v.i .. • ictclette pas ano dal a Po°rt°a Ipassano aana Porta] della Villette»; «ore 5,35: !e truppe tedesche scendono la rue de Fiandre in direzione delle stazioni Nord ed Est»; «ore 5,50: trenta agenti di polizia sono prigionieri a Bpndy, dopo essere stati disarmati dai tedeschi»; «ore 6,10: cinque o sei autoblinde si dirigono verso Aubervilliers »; «ore 7: si segnala il passaggio di distaccamenti tedeschi in vari punti di Parigi. I.soldati tedeschi arrivano alla caserma Saint-Denis e disarmano un agente»; «ore 7,15: alcune staffette motorizzate tedesche ed un'automobile passano sul Quai des Grands Augustins »... Pochi istanti dopo quattro automobili si fermavano nel cortile della Prefettura e da esse scendevano quattro ufficiali tedeschi che si facevano immediatamente annunciare al Prefetto. Nel suo studio entrarono un colonnello ed un altro ufficiale superiore: erano giovani, fecero il1 saluto militare e lo invitarono, in un francese perfetto, a recarsi alle undici all'Hotel Crillon, Piazza della Concordia, per incontrarvi il generale che comandava l'esercito di occupazione. Il Prefetto di polizia Roger Langeron era stato lasciato al suo posto da' governo in fuga per rappi esentarlo dinanzi all'invasore insieme col Prefetto della Senna. Aveva ricevuto dal ministro dell'interno Georges Mandel le ultime istruzioni in un incontro drammatico svoltosi il 10 giugno mentre i camion che, durante la notte, avevano prelevato gli archivi dei vari ministeri si dirigevano già verso il Sud. Il suo primo compito era stato quello di canalizzare la massa incredibile di profughi provenienti dal Nord e dall'Est che attraversavano la regione parigina, di assisterli nel miglior modo possibile, e di provvedere affinché i rifornimenti continuassero ad affluire nella città per coloro che erano stati costretti a rimanerci. Dopo il 10 giugno gli arrivi alle Halles erano diventati scarsi, e poi si erano fatti rarissimi. Mancavano i mezzi di trasporto e i commercianti all'ingrosso come quelli al dettaglio avevano avuto soprattutto una preoccupazione: mettersi al sicuro. Cosicché molte botteghe erano chiuse, e poiché bisognava pur mangiare, 1 piccioni delle piazze e dei giardini furono le vittime innocenti della situazione. L'esodo della gente del Nord e dell'Est fu tragico. Nel libro di memorie che ricorda quei giorni il prefetto Langeron scrive: «Vedo passare dinanzi alle mie finestre, Boulevard du Palais, una fila ininterrotta e infinitamente triste di vetture e. cavalli, a buoi, di carrozzelle da bambini e anche ciclisti, e pedoni, e cani, e bestiame. I materassi sul tetto delle automobili, i sacchi dentro, tutto un bagaglio fatto in fretta e furia in cui sono state messe le cose più preziose, più care... ». A quei fuggiaschi delle regioni settentrionali e orientali si erano aggiunti, il 10 giugno, quelli di Parigi; e Roger Ferdinand potè scrivere poi in Ces messieurs d'hier: « Senza averne l'aria, di preferenza al tramonto oppure all'alba per evitare di dover dare spiegazioni alla portinaia, i parigini filavano in ordine di precedenza da un paio di settimane: prima gli oziosi e poi i grossi borghesi, per semplice misura di prudenza. Si lubrificava molto nelle autorimesse, si verificavano gli accumulatori, si comperavano le gomme per otto ruote, si mobilitava il denaro liquido disponibile sotto lo sguardo disperato degli impiegati di banca. Ma il panico si scatenò a Parigi e nei sobborghi soltanto il giorno che Forges-les-Eaux e"bbe il triste onore del comunicato ». Forges-les-Eaux, in Normandia, sulla strada di Dieppe, era a due ore di macchina dalla capitale, e ognuno lo sapeva. Quel nome aveva messo improvvisamente in luce l'ampiezza della sconfitta. E anche 1 parigini si erano dati alla fuga, incominciando col prender d'assalto i treni. Ciò aveva costretto il prefetto di polizia a ordinare la chiusura delle stazioni. Scrive Martin du Gard in La uhronique de Vichi/: » La Gare de Lyon sembra in rivoluzione: le inferriate sono chiuse e i viaggiatori rimasti dentro si aggrappano disperatamente agli ultimi tre ni ufficiali » Gli fa eco L. Levy in Vérités sur la France: « Intorno alla Gare Saint-Lazare. caduta la notte, si indovinava nell'oscurità una strana ani. mazione; si rasentavano i gruppi di profughi i quali, talvolta, morti di stanchezza, si lasciavano cadere sul marciapiede e si addormentavano, uomini, donne e bimbi, appog- giati alla facciata di una bottega ». A quel panico non era stata estranea la voce che il governo avesse dato l'ordine ai militari di difendere la capitale casa per casa. Anche senza sapere dove andare, chiunque aveva potuto, era partito. Chi in automobile, chi in bicicletta, chi a piedi, magari spingendo o trascinando una carretta... Allontanarsi da Parigi era stato per alcuni giorni il I principale pensiero di centi|naia di migliaia di uomini e j donne seguiti dai bimbi in laprime. Soltanto il 13 giugno iera stata comunicata la deci- ISÌOne di Proclamare la capitaie ] t ciuà aperta ,f ma a quel mo_ mento la gente aveva già abbandonato le case . e ì carri r r o n l a o o o e o é o i i i francesi in ritirata avevano quindi attraversato una città quasi deserta prima di andare ad unirsi alle colonne dei fuggia-chi. Ed ecco l'avvenimento al qual^ nessuno aveva mai osato pensare: i tedeschi erano a Parigi. Lo stato maggiore si era installato all'Hotel Crillon e aveva convocato il prefetto di polizia. Preceduto dai motociclisti vestiti di mantelli di cuoio, il corteo interminabile di carri armati era incominciato alle otto del mattino entrando dalle porte della Villette, della Chapelle, di Clignancourt e Saint-Ouen. I parigini che non avevano potuto allontanarsi stavano nascosti dietro gli scurini del le finestre chiuse, con i denti stretti e le lacrime agli occhi, per osservare da uno spiraglio quella sfilata che non finiva mai; e alla fine si tap pavano le orecchie con le mani per non udire il canto gutturale di quei soldati, accompagnato dal rumore delle ruote sul selciato, che riempiva le strade della città morta. Mentre decine di automobili con altoparlante circolavano invitando gli abitanti a rimanere in casa per 48 ore e minacciando di fucilazione gli autori di saccheggio, i ministeri e gli stabili ufficiali nonché i principali alberghi venivano occupati uno dietro l'altro e il tricolore francese era sostituito dalla bandiera a croce uncinata. Alle 9,45 essa veniva alzata sull'Arco di Trionfo, sotto il quale c'è la tomba del Milite Ignoto. L'offensiva psicologica seguì immediatamente quella militare. Dopo aver conquistato la città bisognava tentare di conquistare la simpatia, e il compito era più difficile. Gli uffici di propaganda avevano sguinzagliato in tutte le direzioni, ma principalmente verso 1 quartieri popolari, decine di ufficiali che parlavano perfettamente 11 francese, scortati da distaccamenti di soldati, per arringare i parigini nelle strade. Non appena scorgeva-,1'crsmcamno un po' di gente costoro si fermavano e pronunciavano un discorsetto sempre sullo stesso tema: < La Germania non voleva alcun male ai francesi, che erano stati mal governati, e l'odio tedesco era rivolto soprattutto all'Inghilterra ». Alla fine della giornata i servizi di polizia segnalarono al Prefetto una quindicina di suicidi. I carri armati della Wehrmacht continuavano a sfilare. Gli incidenti furono relativamente pochi. Nonostante qualche atto di saccheggio e di violenza gli occupanti, obbedendo alla parola d'ordine, si dimostrarono corretti; e a poco a poco la gente ricominciò ad uscire. Venne la domenica 16 giugno. I tedeschi occupavano la città da due giorni. Il prefetto Langeron scrive nelle sue me morie: «E' giorno di riposo per gli operai e gli impiegati. Il tempo è bello. La circolazione nelle strade è più densa, specie nel pomeriggio. Il comportamento dei passanti è . di una dignità perfetta. Guardano dinanzi a sé come se le divise verdi fossero invisibili e trasparenti. Si sforzano, per un momento almeno, di dimenticare, di credere che tut- ,10 ciò è un brutto sogno. Al- 'cuni cinematografi si sono riaperti con l'autorizzazione o su richiesta degli occupanti, ma attraggono poca gente. La circolazione automobilistica è rigorosamente proibita. Per la prima volta vediamo le strade assolutamente vuote. I mona menti e le case si staccano sul cielo. Ci sembra di vederli per la prima volta ». Loris Mannucci

Persone citate: Chapelle, Gard, Georges Mandel, L. Levy, Lyon, Roger Ferdinand, Roger Langeicon, Roger Langeron