"Scene dal Faust" di Robert Schumann

"Scene dal Faust" di Robert Schumann IL CONCERTO ROSSI ALL'AUDITORIUM "Scene dal Faust" di Robert Schumann Desiderio e volontà, consapevolezza, di felicità e prontezza artistica, tanto sollecitavano Schumann a intonare, in parte, o magari intieramente, il Faust di Goethe, ch'egli, assorto, incantato, e troppo fiducioso nella pubblica cultura, scelse fra parecchi episodi di quel poema alcuni che per il carattere trascendente c simbolistico, pel gran numero dei personaggi interloquenti anonimi, per la complessità della stesura, solisti, coro e orchestra, e per l'esclusione della rappresentazione scenica, restarono, e restano oscuri ad ascoltatori non preparati. Soltanto la stampa del testo, tradotto, nel nostro caso, in italiano, e la provvida lettura di esso prima dell'udizione possono giovare all'intendimento. (Ma l'organizzazione del concerti nell'Auditorium, benché più volte esortata, non favorisce in ciò i frequentatori). La terza e ultima Parte, la più bella, è anche meno intelligibile, perché a pochi cantanti vengono di solito affidati parecchi personaggi. In un sol punto Schumann prescrisse: «La parte di Una pocnitentium non dev'essere cantata da una delle soprano la cui voce sia già stata udita », Queste Scene difettano di logicità, coerenza, e, ciò che è più manchevole, Improvvisamente presentano personaggi in uno o in un altro momento della loro vita, personaggi, come suol dirsi, prefabbricati. Chi è questo baritono che al principio dell'opera fa all'amore con una soprano: E' Faust, e lei è Margherita. Manca la presentazione dell'individuo drammatico. Il difetto nell'elementare drammaturgia si riscontra in verità in tutti i tedeschi, anche nei maggiori, al tempo del Romanticismo storico. Quali le cause? Se ne discorse in questo giornale spiegando l'insufficienza di Genoveffa dello stesso Schumann. Ma più della ricerca delle condizioni vale l'accertamento del piacere intrinseco. Questo è duplice: talvolta deriva da brevi pagine, analoghe, noll'intimità, nella cordiale espressione, nella toccante sobrietà della vocale cantilena concorde con le strumentali armonie, a quelle dei bei Lieder; talvolta è eccitato da polivoche complessità, nelle quali sentimenti agitati, vari, sfociano urgenti, e si dispongono senza scolastici vincoli in forme ampie, in volubili movenze, in fervida pienezza entusiastica, sempre rinnovati dall'immaginazione poematica, complessità dunque analoghe alle migliori e propriamente sinfoniche. Nel caso delle Scene dal Faust, alle fattezze, e delicatezze dei Lieder, che devono esser ricordati quali i più genuini e perfetti modi della creazione schumanniana, è da avvicinare per esempio la prima « scena, nel giardino », dove il moderato ripetuto palpito dei legni, la soave ansietà e il gentile slancio degli archi rlcingono le tenerezze melodiose e declamate di due voci affettuose. Diverso è nella « scena del Duomo > il dialogo di Margherita con lo Spirito del male; è una specie di arioso, che oppone alla rude declamazione maschile la timidezza di accenti spauriti e, s'estende, recitativo, finché l'irruzione corale del Dìcs irne riempie di terrore l'ambiente. Diversa è parimenti la successione degli episodi della seconda parte, dove l'impersonalità musicale di Faust non commuove, né attrae l'attenzione. Qui il piacere, meramente formalistico, viene soprattutto da elementi secondari e distaccati: la leggiadria e spigliatezza delle musiche per Ariel, la cupezza minacciosa delle « quattro donne grigie », la stridula beffarda vocalità infantile dei Lemuri. Una certa aura drammatica, suscitata dalle musiche, per la morte di Faust, è più sensibile nell'ultima Parte, dove il sinfonismo primeggia, e impressiona anche l'ascoltatore ignaro (di tante immagini e voci: il Pater Seraphicus, il Pater extaticus, il Pater profundus, eccetera, eccetera), grazie alla vigorosa emotività schumanniana. Questa dà, per così dire, corpo alle ombre, realtà ai fantasmi, ma, escluso il verismo, tutto immerge in una purezza estatica, eccettuati alcuni passi, quando ricorrono forinole troppo usate, per esempio la quasi fanfara vocale per la tripudiante salvezza dell'anima di Faust, o quando la stesura è troppo prolissa, come nel coro finale. D'aver eseguita finalmente a Torino questa composizione di rado ricordata il merito è del maestro Mario Rossi, che ebbe partecipi nel non facile lavoro le signore A. Giebel, E. Orell, M. T. Pedone, G. Las, L. Ricagno Ciaffl; i signori T. Frascati, A. Lazzari, F. Lidonni, G. Souzay, R. Arie, R. Gonzales, V. Preziosa, dei quali il programma non indicava le mansioni, l'orchestra e il coro della Rai istruito dal maestro Maghini. La linda concertazione del maestro Rossi diede evidente risalto ai caratteri dell'opera, ora patetica, ora veemente, ora mistica. Molti applausi. Scarso il pubblico; quasi vuote le galIerie' a. d. C.

Luoghi citati: Frascati, Torino