L'Italia e l'Occidente di Luigi Salvatorelli

L'Italia e l'Occidente L'Italia e l'Occidente Non certo a caso il presidente Tambroni ha tenuto la sua esposizione 'finanziaria ed economica alla vigilia dell'annuale festa della Repubblica, commemorante la giornata in cui il popolo italiano — per la prima volta nella sua storia — esercitò integralmente, liberamente, unitariamente, il suo diritto di autodecisione, iniziando così un nuovo periodo della sua vita millenaria. Questa nuova vita non procede senza intoppi, che occorre rimuovere se non si vuole tornare indietro. H presidente Tambroni ha tratteggiato un quadro lusinghiero del nostro progresso economico ; e noi non pensiamo affatto a negare il grande avanzamento economico e civile, la elevazione del tenore di vita, come media nazionale. Ma la media nazionale è, in Italia, come dappertutto una astrazione. C'è chi parla — addirittura come di situazione consolidata — di una divisione del nostro Paese in due zone, l'una di pieno sviluppo (o almeno ad esso approssiman tesi), e l'altra di sottosvi luppo, di dislivello crescen te. Se le cose stanno così, si pone ner l'Italia un problema fondamentale: superare a tutti i costi una divisione simile, che minaccerebbe né più né meno che l'unità nazionale. . Parliamo non della unità materiale, esterna, territoriale: parliamo dell'unità intima, politico-etica. Il progresso economico ne è un coefficiente necessario; ed è altresì un indice sicuro delle possibilità di progresso politico-morale, per il legame che passa tra le diverse attività umane. Ma esso non basta per trasformare quelle .possibilità in realtà: occorre l'avanzamento diretto della coscienza nazionale, e l'attività etico-politica corrispondente, Su questa posizione centrale le condizioni italiane, in questo quattordicesimo anniversario del 2 giugno 1946, non sono soddisfacenti. Lo • sviluppo fisiologico del nuovo Stato demo cratico è combattuto da due parti diverse: esso è attaccato di fronte, e insidiato alle spalle. Non si era ancora visto, in questa travagliata elaborazione della democrazia italiana, un fenomeno come quello odierno, di una cospicua minoranza di parlamentari socialisti insorgente contro i deliberati congressuali, contro la maggioranza del partito, contro il « leader » liberamente eletto, per imporre al psi una presa di posizione esclusiva in favore dell'Urss, contro i governi atlantici (Italia compresa), con l'argomento che questi sono « capitalistici », e quella è socialista: falsamente identificando, così, democrazia libera con schiavitù capitalistica, e totalitarismo sovietico con socialismo. E ciò, proprio nel momento in cui il governo dell'Urss minaccia la distruzione missilica del nostro Paese (e non so di quanti altri) solo che a Mosca sorga il sospetto della partenza di un «U-2» da una base italiana. Di fronte ad un episodio come il presente, ogni persona non in mala fede deve rendersi conto delle difficoltà che Nenni e i suoi compagni autonomisti incontrano a perfezionare e consolidare la impiantata democratizzazione del psi: processo che rappresenta, più che un vantaggio politico del psi, una necessità vitale della giovine democrazia italiana. E proprio contro questa necessità nazionale è in pieno sviluppo l'altra offensiva, quella che attacca alle spalle, o piuttosto si insinua fra i ranghi delle formazioni politiche italiane. Offensiva di cui la manifestazione di punta, per ora, rimane l'adunata dell'Angelicum intorno a quelli che potrem mo chiamare (facendo loro molto onore) i Maurras d'Italia. L'adunata è venuta dopo il noto articolo anonimo dell'Osservatore fiomano, riecheggiante l'Unam sanctam di Bonifacio Vm, * * Contro il pericolo di sinistra, la democrazia italiana deve serrare le file e seguitar a promuovere — riconoscendo, incitando. controllando — la demo cratizzazione piena del psiCnimtrptvvarsgrceEgmzStlzinosSspludrcVbècseialppacus Contro il pericolo di destra, non conviene attardarsi e mpigliarsi in polemiche conro avversari a linguaggio prestabilito, intrecciante olranzismi e ambiguità. Conviene creare fatti, promuovendo e realizzando quella autonomia politica che altri riconosce e rinnega con le stesse parole. Niente meglio che l'odierno centenario della riunione dell'Italia centrale al Regno italiano e costituzionale di Vittorio Emanuele II ci può insegnare come siano perfettamente conciliabili l'affermazione dell'autonomia dello Stato nazionale, e il rispetto dei valori religiosi e del'istituto ecclesiastico. La causa della democrazia italiana, e della sua indipendenza estera e interna, è causa della civiltà occidentale, umana e cristiana. Se Messene piange, Sparta non ride. Lasciando stare Paesi usciti da un pezzo dalla zona di libertà, la Francia oggi si trova in una situazione più difficile di quella dell'Italia. Essa rassomiglia a una piramide che si regga sulla punta. Volendo assicurare la stabilità e forza del governo, è stata disciolta tutta la compagine costituzionale; si sono annullati parlamento e partiti, per andare poi in Inghilterra a esaltare (con ragione) l'uno e gli altri. In Germania è stabilita di fatto una autocrazia personale che sfida il tempo, aspirando apertamente a una durata indefinita, e con ciò impedisce l'intima unità nazionale, condizione sine qua non di salvezza per l'avvenire del Paese. Sarebbe troppa ambizione augurare che il nostro Paese dia per primo l'esempio di quel raddrizzamento nella libera democrazia senza del quale si rischia di perdere la partita politico morale impegnata con il comunismo totalitario? Certo è, in ogni caso, che solo per questa via è possibile quella stretta associazione dei popoli europei occidentali (Inghilterra compresa, naturalmente) auspicata adesso da De Gaulle. Luigi Salvatorelli paspd

Persone citate: Bonifacio Vm, De Gaulle, Maurras, Nenni, Tambroni, Vittorio Emanuele Ii