Monelli risponde al gen. Carboni sulla difesa di Roma dopo l'8 settembre di Paolo Monelli

Monelli risponde al gen. Carboni sulla difesa di Roma dopo l'8 settembre Perché i paracadutisti alleati non furono lanciati sulla capitale Monelli risponde al gen. Carboni sulla difesa di Roma dopo l'8 settembre Come il comandante supremo Alexander giudica, nel suo rapporto ufficiale, gli alti comandi italiani - Quali vantaggi avrebbe avuto il paese, se subito dopo l'armistizio le nostre forze avessero combattuto con le truppe anglo-americane? Londra, maggio. Allo stato delle cose, ed essendo già stato iniziato il procedimento giudiziario in seguito alla querela per diffamazione sporta dal gen. Carboni contro Arrigo Benedetti e Nicola Adelfi, per il noto articolo comparso sull'Espresso del 30 dicembre 1958, ritengo non sia opportuno rinnovare la polemica con il gen. Carboni e rispondere punto per punto alla sua lettera pubblicata in queste colonne; a parte il fatto che nella sua lettera non c'è alcun elemento nuovo. Il generale Carboni dal 1945 ripete sempre le stesse cose, ed anche il frusto ritornello che io abbia scritto Roma 1943 unicamente per servire ai rancori e agli interessi < della corte, di Badoglio, Ambrosio, Acquarone, Roatta, Castellano, Giaccone, e tutti gli implicati nel tradimento»; ma questa volta aggiunge, che l'ho fatto anche per far piacere al generale Bedell Smith e al Comando supremo americano. Vorrei soltanto chiarire due punti. In primo luogo avvertire il lettore che la descrizione del generale Taylor, che quattro giorni più tardi era ancora con le lacrime agli occhi per la rabbia di non avere potuto eseguire l'impresa concertata, e le sue parole « ma Carboni me lo impedi con la violenza » non sono invenzione mia, come il Carboni vorrebbe far credere; come ho detto nell'articolo de) 30 aprile, io non ho fatto che riferire quanto mi disse il maggiore dell'aeronautica Francesco Campello, ufficiale d'ordinanza del principe Umberto, narrandomi di un suo colloquio avuto con il generale Taylor il 12 settembre successivo. Ora il generale Carboni può trovare « grottesco » l'episodio e far greve ironia su un generale che alle violenze risponde con le lacrime (< per la rabbia », disse il maggiore Campello, ma queste parole il Carboni non le riporta) ; io non vedo ragione per che non debba alla narrazione luomo che conoscendo l'inglese alla perfezione non poteva avere frainteso le parole e i sentimenti del suo interlocu¬ prestar fede di un genti tore; e che, ad abundantiam,] non era parte in causa in quelle vicende. E in secondo luogo vorrei giustificarmi dall'accusa di « grave inesattezza » che il generale Carboni mi fa a proposito dei campi d'aviazione intorno a Roma; rivelando un interessante documento di fonte inglese. Il Carboni scrive di non avere mai detto al generale Taylor che i campi d'aviazione fossero occupati dai tedeschi. Che cosa abbia detto al generale Taylor in quattro o cinque ore di colloquio serrato non potremo mai saperlo, che nessun altro, a quanto io sappia, vi assisteva. Ma avendo il generale Carboni affermato nel suo. libro, L'armistizio e la difesa di Roma, che rimase stupefatto nell'udire dalla bocca del generale americano che la sua divisione di truppe aerotrasportate avrebbe dovuto iniziare ventiquattr'ore più tardi lo sbarco negli aeroporti intorno a Roma, « inquantoché i campi di aviazione presso Roma erano quasi tutti virtualmente in mani tedesche » (e in una sua relazione precedente, intitolata « La verità sulla difesa di Roma » mancano addirittura le parole < quasi tutti ») — essendo questa la sua convinzione, mi pare logico pensare che le stesse parole, o forse altre più allarmanti, abbia detto al Taylor, se questi giunse alla persuasione che lo sbarco non dovesse più avere luogo. Ma a questo proposito ecco un passo che mi pare molto istruttivo, da uno scritto del maresciallo Alexander. Ho acquistato qui a Londra presso la Libreria dello Steio (H. M. Stationery Office) un supplemento alla London Gazette del ti giugno 1950, che contiene per cura di questo Ministero della Guerra il rapporto scritto dal maresciallo Lord Alexander sulla sua campagna d'Italia, e trasmesso al ministro segretario di Stato per la Guerra il 19 aprile 1947. Venendo a parlare della missione Taylor, il I maresciallo narra come il gior j ,10 8 settembre del 1943 arrivò al suo comando un dispaccio del gen. Taylor che sconsigliava l'operazione della divisione aerotrasportata; • così conti¬ nua: « Questo fu un colpo duro per noi. L'altro messaggio era del maresciallo Badoglio. Diceva che data la presenza nelle vicinanze di numerose forze tedesche non era in condizioni di garantire la sicurezza dei tre aeroporti sui quali la divisione aerotrasportata avrebbe dovuto atterrare e perciò l'azione non doveva essere tentata; in conseguenza di ciò gli era impossibile annunciare l'armistizio (alla Nazione italiana) finché l'invasione per le vie dell'aria non avesse avuto successo iuntil the airborne invasion had proved succesfull). L'affermazione contenuta nella prima parte del messaggio non era del tutto esatta, o era almeno esagerata, perché i tedeschi non si mossero che dopo l'annuncio dell'armistizio, ed il generale Taylor fondò la sua risoluzione di annullare l'operazione per le vie dell'aria piuttosto sull'evidente disorganizzazione e smarrimento (.vacillation) dei comandi militari italiani, che sul pericolo rappresentato dai tedeschi. Quanto a rinviare l'annuncio dell'armistizio, era del tutto impossibile per noi accettare il cambiamento di atteggiamento ( ), essendosi (il generale Badoglio) mostrato per tutto il tempo ansioso di conoscere le nostre carte (to see our hand exposed) prima di fare il passo Anale. Se noi permettevamo agli italiani di rimandare l'impegno preso, c'era il pericolo che, vedendo quanto poche fossero le nostre forze, se lo rimangiassero del tutto. Non era vero che non avessero il tempo sufficiente per prendere i necessari provvedimenti militari; e nello stato d'animo a cui erano in preda, è dubbio che un'ulteriore concessione di tempo avrebbe potuto produrre migliori risultati ». Come si vede, a distanza di quattro anni dagli avvenimenti, e con il senno di poi, e in possesso di tutte le possibili fonti d'informazione, il generale Alexander esprime in un rapporto ufficiale la convinzione che le parole dette al generale Taylor da Carboni e da Badoglio non erano molto conformi al vero, o almeno esagerate (le espressioni inglesi not strictly accurate, or at last exaggerated sono molto effica¬ ci nel loro stesso tradizionale understatement). E che il generale Taylor, dalle concitate parole e i tremebondi argomenti dei due, non si allarmò tanto per la presenza di forti truppe tedesche intorno a Roma e per la minaccia che potevano rappresentare, quanto per l'evidente stato d'animo irresoluto, incerto, smarrito «dei comandi militari italiani» (dei quali non aveva veduto altro campione che il generale Carboni; il maresciallo Badoglio era il capo del governo e in un certo senso fuori causa), e per la manifesta disorganizzazione (parola che può significare fra l'altro incapacità di mandare ordini rapidi ed esatti, di affrontare una improvvisa situazione con coraggio e risoluzione). Questo è l'appunto che si è sempre fatto al generale Carboni; di non aver saputo o voluto comprendere l'importanza che aveva in quel momento l'offerta di un'alleanza militare in atto con gli angloamericani, in una comune azione di guerra; e di non avere avuto il coraggio, sia pure la temerarietà, d'accettarla. E purtroppo è lecita l'ipotesi, chiaramente suggerita dal citato passo del maresciallo Alexander, che se il generale Carboni,' invece di versare subito nell'orecchio al Taylor parole di sgomento e nere previsioni, si fosse mostrato alacre e risoluto ad agire, subito per prima cosa lieto e onorato di partecipare con lui e le. fòrze americane ad un'azione sia pure rischiosa ed avventata (ma le battaglie si vincono soprattutto da chi sappia osare ed arrischiare), pur facendo presente, dopo l'accettazione, la condizione delle cose allo scopo di studiare con lui 11 modo migliore di ovviarvi, con quelle necessary military dispositions per le quali c'era tempo bastante, a detta di Alexander, che forse ripetè l'impressione avuta da Taylor, — è lecita purtroppo l'ipotesi che 11 generale Taylor si sarebbe indotto a far presente al comando americano l'opportunità di rimandare l'azione di ventiquattro o quarantotto ore, e lo stesso annuncio dell'armistizio con molte maggiori probabilità di essere ascoltato.. Paolo Monelli