Mario Gromo è morto

Mario Gromo è morto UN NOSTRO GRAVE LUTTO Mario Gromo è morto Ricordiamo Mario Gromo in on tempo ormai lontano, nella sua allegra e pur pensosa giovinezza; aitante, il volto aperto, pronto al riso fanciullesco, con un che di irresistibile e festoso che pareva la felicità stessa del vivere. Era allora molto giovane; un'esistenza non tutta comoda, ma affrontata con fresco coraggio. Aveva per la madre un'adorazione commovente; ma nascondeva gli affetti con vaghe ironie, con un motteggio facile e innocente. Gli piaceva la vita all'aperto; canottiere, prendeva una barca qualunque e se n'andava solitario lungo il Po, accostava, si sdraiava al sole lunghe ore, ritornava abbronzato e con una serena luce nel cuore; amava la montagna, ne assaporava il cielo nitido, quel senso di ardua purezza, di conquistata letizia; e dal gusto della natura, dei bei paesaggi, della soave primavera torinese, traeva nuovi motivi e toni all'equilibrio del suo spirito, ch'era sentimentale e virile, un po' brusco e delicato. Così Io ricordiamo, quasi ragazzo, e pieno di speranze, ed è una pena: al di là degli anni la sua figura raggiante, remota e vicina, accenna, come se il lavoro l'amore le opere fossero da cominciare ancora: e tutto è già compiuto, finito. Esistenza piena, quella di Gromo scrittore, giornalista, critico, sensibile alla novità, vigile e spedito nell'accogliere l'inedito, ciò che la coltura offre di originale e di fecondo, e saldo tuttavia nella vasta coltura di lettore assiduo; agile a percepire e interi dere il mondo nuovo della scien za e delle macchine, e pur sma liziato e tranquillo e accorto nel temperamento suo, sano e rude, che non si lasciava incantare, in quell'istinto retto ed esemplare che andava diritto al sodo, senza complicazioni. Diceva semplicemente, con distinzioni capillari ma esatte, ciò che aveva da dire, così lontano da ogni ciurmerla letteraria, da ogni finzione este rizzante e ermetica, da ridurre il — ' 1? i« _i» • suo discorso a una linea chiara esplicita, che .non ti tradiva mai; e.soppesava le parole una per una, e le usava con parsimonia con sottile opera di cesello, né più né meno di quelle che erano necessarie. Sarebbe facile attribuire questo suo stile al carattere piemontese, subalpino, ma sarebbe rettorico a falso; è meglio vedere nella sua severa sobrietà di scrittore U pulita, civile e bene educata qualità del suo animo e della sua mente. Finezza e urbanità, sguardo acuto e logica. Tipici i suoi distinguo, le sue semplificazioni. Alla fine della dimostrazione, ci si riferisse a un film, ad un romanzo, a una commedia, o ad un tratto di costume, o a una ideologia peregrina e presuntuosa, abbozzava un cenno col capo, alzava lieve la mano, pareva dire: tutto qui, non ti pare? E così, con questo senso concreto e decisivo, appassionato nel fondo (ma solo pochi amici conoscevano questa sua profondità sentimentale) e spiccio nel concludere, si mise, giovane, al lavoro. E lavorò sempre bene. Novarese, nato nel 1901, era stato nel '18 volontario di guerra, poi aveva studiato leggi e praticato brevemente l'avvocatura, e infine era approdato, senza abbandonarlo più, al mondo delle lettere. Lucidità, impegno, lindura: tali apparvero subito le sue doti più spiccate, più fattive; il talen to dell'artista non le contraddi ceva, anzi se ne avvantaggiò, ne trasse un suono di onestà,' di sincerità, di fermezza e, con il sue cesso, stima considerazione fidu eia. Su due settori egli svolse fin dagli inizi la sua attività e due furono i suoi aspetti giovanili, quello del narratore e romanzie re e quello dell'organizzatore letterario, del suscitatore di in tercssi culturali, ' dell'amico di chi lavora e cerca la sua strada Con Giacomo Debenedetti ( Sergio Solmi aveva fatto le pri me armi, fondando nel '22 una piccola rivista intelligente, Primo Tempo; aveva poi collaborato al Bareni, e anzi, Li quella casa editrice, aveva rappresentato l'esule Piero Gobetti; infine, vista ben chiara entro di sé una delle sue caratteristiche vocazioni, fondò nel 1927 («Fratelli Ribet») l'indimenticabile collana Scrittori italiani contemporanei, nella qua le con fiuto singolarissimo e vi va simpatia umana aveva accolto, o addirittura rivelato, altri giovani o meno giovani scrittori curando quelle edizioni con pazienza infinita, con un entusiasmo, una abnegazione, una cordialità che rimangono tra i più cari ricordi della nostra recente cronaca letteraria : e tra quei no mi c'erano Alvaro, Angioletti, Betti, Burzio, Cajumi, Comisso, Linati, Loria, Piovene, Stuparich e non vogliamo ricordarli tutti, ma fu una fioritura fragrante che e dette poi, nel tempo, sapidissimi e a volte splendidi frutti. Fu quella un'età felice di Gromo; alle soglie di una carriera nobile e ricca di opere, già sentendo avvicinarsi l'ora delle sue più vivaci vittorie di scrittore, con ilare cuore e brillante arditezza e un che di spensierato e generoso, egli non fu solo l'editore, ma, ad avviare per le vie del mondo gli scritti degli amici, si fece revisore di bozze; e impacchettava libri, e- li spediva, e faceva, a volte, tutto da sé, il capo e il fattorino, il giudice acuto e il compagno confortatore, il propagandista lepido e-il consigliere gentile. Per conto suo scriveva Costazzurra, Guida sentimentale (che ebbe nel '29 il « Premio Fiera letteraria ») e via dicendo. Da decine d'anni i nostri lettori sono abituati a ricercare le sue prose; e non solo quelle di critica ■ cinematografica (della quale Tu senza dubbio uno dei massimi rappresentanti), ma prose di racconto e di viaggio. Gromo, in quella sua apparente secchezza espressiva, aveva il dóno dello spazio che illumina, del disegno che trae i particolari minimi a evidenza perfetta e conclusa, sapeva mettere in piedi una figurina parlante con due cenni, in un bozzetto concentrava una storia breve e il suo sentimento di spettatore, freddo e pur partecipe fin quasi alla tene rezza. Anni fa aveva schizzato una serie di ritratti di bimbi: creaturine buffe, ridicole, lepide, deliziose, incantevoli, bimbi ve ri: Gromo li aveva portati sulle colonne del giornale tali e quali, pareva che ci ridesse su, e invece a leggere ci sentivate dentro una commozione strana. Così sempre, fin dai tempi di Costazzurra, quando in paginette ancora ingenue aveva raccontato un suo piccolo e fugace amore di adolescente, ma le gite a Stupinigi o San Mauro erano tutte una fioritura; o meglio erano un soffio d'aria, di aromi, un ciclo che svaria leggiadro. E vennero poi altri libri di prose: // sentiero nascosto, I bugiardi, che fu un romanzo di caratteri forti e netti, un panorama vasto e asciutto di una società, e le ombre e le penembre, e le intenzioni e l'ironia, e il doppio gioco delle passioni e degli interessi, e un pessimismo dolente e una innocenza segreta si alternavano in chiaroscuri ricchi, tra personaggi di molto rilievo, che venivano rapidi incontro al lettore. Fu una delle maggiori espressioni della sua visione del mondo, disincantata e pur sempre fervida di qualche candida speranza. Oltre i libri della sua attività critica (Robert Flaherty, Cinema italiano, Film visti) Gromo pubblicò poi nel '52 il volume di racconti Quattro stagioni, e pochi mesi fa un volume di viaggio Taccuino giapponese. Appare in queste pagine limpidamente il suo stile. Gromo era un osservatore minuzioso e staccato, intelligente e commosso, ma di confessarsi commosso non ne voleva sapere. E così egli vi toccava l'animo se non proprio a contraggenio, con una sveltezza rapida, con un cenno breve, quasi costretto; poi la sua narrazione riprendeva, continuava stringata e lucida. Sul nostro giornale egli pubblicò con le « critiche » e i « racconti » e gli « elzeviri » ampi « servizi », Gromo amava di un amore quasi puerile, ma sincerissimo e balzante, l'aeroplano. Da quando si viaggiava su minuscole caravelle dell'aria alle meravigliose navi aeree di oggi, egli è sempre stato l'appassionato del volo, un appassionato tipico, divertito e divertente. Per volare avrebbe corso qualunque rischio; all'appunta mento per voli sensazionali (ri corderete la prima trasvolata su Polo Nord) non mancava mai. E poi raccontava. Con precisione di tecnico, con rilievo di to pografo artista, egli rivelava i paesaggio visto dalle più vcrtigi nosc altezze, nuvole, mari, de serti, smisurati abissi di ghiac ciò, sui quali l'apparecchio fila va sicuro e glorioso. Gromo non perdeva la calma, vedeva tutto, annotava tutto, era come immerso in una nuova dimensione del la natura, e dell'avventuroso viaggio si faceva rigoroso ero nista. Il suo giubilo dalle parole traspariva appena, ma quando vi incontrava non poteva tenersi una meraviglia, perfetto! Sai sono certo che andrò a passare una volta o l'altra il week-end a Tokyo. Povero amico. Non andrà a godersi questa sua gioia estrema, non potrà giungere in tre giorni al paese che più gli piaceva, il Giappone, per ritornare qui, nella nostra redazione, a dirci che tutto era andato benissimo: perfetto. Un più lungo viaggio ce lo ha sottratto per sempre; né più vedremo quel suo volto ampio e maschio nel quale si insinuava un leggero sorriso, che era fatto un po' di ironia e un po' di tristezza, che era uno dei segreti che gli uomini si portano con sé. Francesco Bernardellì

Luoghi citati: Giappone, Gromo, Polo Nord, San Mauro, Tokyo