Tandoj doveva deporre sul rapimento di Agnello

Tandoj doveva deporre sul rapimento di Agnello All'imminente pr ocesso di Napoli Tandoj doveva deporre sul rapimento di Agnello (Dal nostro corrispondente) Napoli, 18 maggio. E' vivamente atteso negli ambienti giudiziari l'imminente inizio del processo per 11 rapimento di Francesco Agnello, figliolo del barone Stanislao, avvenuto in provincia di Agrigento il 18 ottobre del '55. Il processo è stato trasferito alle Assise napoletane per «legittima suspicione ». Al dibattimento avrebbe dovuto partecipare quale principale testimone il commlssarìp di P. S. Aldo Tandoj, che ebbe il più importante ruolo nelle Indagini conclusesi dopo cinquantun giorni con il ritrovamento del sequestrato. La banda di mafiosi ritenuta responsabile del crimine aveva già compiuto un altro grave reato dieci giorni prima nel comune di Castronuovo, In contrada Plano Leone. Due degli affiliati, vestitisi da carabinieri, assalirono la fattoria di Salvatore Lima Mancuso. Ma l'imprevista e immediata reazione dell'agricoltore, che' si trincerò in soffitta, rispondendo per alcune ore al fuoco dei banditi, 11 costrinse ad allontanarsi dopo essersi limitati ad una rapina verso due impiegati di quell'azienda, Vincenzo Cardona e Filippo Sorce. Il 18 di quel mese il barone Stanislao Agnello s'era recato con l'auto, insieme al figliolo Francesco, in una sua tenuta in località Savochello, nel comune di Cammarota. Il tempo era cattivo. Mentre si trovava con alcuni amici, fra cui l'agricoltore Salvatore Manzo e il fattore Antonino Cinò, due cac datori chiesero di ripararsi dalla pioggia. Entrati, spianarono i fucili e con l'aiuto di altri due affiliati subito sopraggiunti costrinsero tutti a tene Ire le mani alzate. Dopo averli derubati di denaro, orologi e | d'ogni oggetto che potesse ave |re una qualsiasi utilità — non vennero trascurati neanche gli zolfanelli —, li costrinsero ad entrare tutti in una stanza. L'unico rimasto fuori fu il gio vane Francesco. Bendatolo, perché non vedesse la strada e fattolo salire su una cavalla, 10 portarono via. Le ricerche svolte nei giorni successivi non diedero alcun esito. Cominciarono intanto a giungere al barone numerose lettere intimidatorie, scritte sotto minaccia dallo stesso figlio. In esse si chiedevano trentacinque milioni. Mentre 11 padre del giovane temporeggiava, gli giunse una missiva redatta dai manosi. Datata 3 dicembre, concedeva sette gior ni di tempo. « Trascorso il ter mine — diceva il testo —, se non vi fate vedere con 11 de nàro, contro la nostra volontà uccidiamo vostro figlio, e la responsabilità della sua mor te la faremo ricadere su di voi, padre snaturato e avaro. I nostri mitra funzioneranno a vendetta del caro giovane che noi vogliamo tanto bene. I nuo vi Beati Paoli sono risoluti e vi attendono ». « Beati Paoli » era l'antico nome della mafia. Dall'arrivo della lettera trascorsero quattro giorni, ed 11 giovane venne ritrovato in una grotta del comune di Cianciane. Indicò il luogo lo stesso capo della banda, Giuseppe De Maria, scoperto e arrestato. Vennero catturati anche tre complici : Salvatore Castelli, Angelo Valenti e Salvatore Capodici. Altri due, Francesco Cimino e Stefano Soldano, sono tuttora latitanti. Risultò che il De Maria e il Cimino avevano partecipato all'assalto della fattoria di Castronuovo. Il processo comincerà il 3 giugno. c. g.

Luoghi citati: Agrigento, Napoli, Savochello