Intervista con il grande chirurgo

Intervista con il grande chirurgo Intervista con il grande chirurgo Oggi si possono curare non solo i vivi, ma i «morti-»; i casi di reviviscenza con i massaggi al cuore non sono rari • Ma con l'ibernazione forse un giorno vivremo a rate, per secoli o millenni Roma, 14 maggio. Il passaggio dalla vita alla morte non viene più considerato come qualcosa di fatale e di irrevetsibile. Concetti nuovi stanno rivoluzionando questo campo, negletto fino a ieri dalla scienza medica. E le stesse parole (vita, morte, reviviscenza) vanno perdendo il loro significato tradizionale. Nel passato la morte era ritenuta un distacco repentino e definitivo dalla vita. Oggi invece si sa che essa avanza negli organismi viventi piuttosto lentamente, per tappe. La prima è rappresentata dalla morte apparente ed essa può trarre in inganno anche i medici più bravi: sul corpo si diffonde un pallore cadaverico, i muscoli si rilasciano, il sistema nervoso non dà più reazioni. All'esame dello stetoscopio il cuore risulta fermo; e se si mette uno specchietto davanti alla bocca del morto apparente, non si appanna. Eppure, come dice la parola stessa, si tratta solo di un'apparenza di morte. In realtà, il sangue continua a scorrere per un certo tempo; in taluni casi, accertati scientificamente, persono dichiarate morte sono risuscitate spontaneamente persino dopo una ventina di ore dalla presunta morte. Sono questi avvenimenti tutt'altro che eccezionali, e non c'è forse villaggio che non possa raccontarvi le sue macabre storie intorno a sepolti vivi o a morti resuscitati. Oggi tuttavia vi sono sistemi sicuri per accertare se la morte di un individuo sia solo apparente oppure reale; per esempio, la scienza dispone di aghi capaci di segnalare il più tenue fluire del sangue nel cuore. C'è poi la morte relativa. Il sangue cessa di scorrere. Tuttavia, non possiamo ancora parlare di morte assoluta, definitiva. Infatti, le cellule continuano a vivere, e anche a lungo. E' un'osservazione comune che la barba continua a crescere sul volto dei cadaveri. Le cellule più fini e delicate, come le cellule nervose, sono le prime a deteriorarsi; si cal¬ cola che non sopravvivono più di sei minuti dopo l'arresto della circolazione del sangue. Alcune cellule, come per l'appunto quelle cornee, dimostrano invece una vitalità eccezionale. La scienza medica è sempre più convinta che si possa intervenire con successo nei casi di morte apparente e anche di morte relativa. E' appena di un mese fa il caso della decenne francese Anne Marie Leroy risuscitata in una clinica di Parigi La bambina aveva inghiottito un tubetto intero di pastiglie vermifughe ed era morta in seguito a paralisi cardiaca. Il medico Olivier Modod le spaccò il petto, le estrasse il cuore e lo massaggiò fino a quando non lo vide ripalpilare. La reviviscenza della bambina di Parigi, anche se non è una novità dal punto di vista scientifico, rappresenta tuttavia un'ulteriore conferma di come sia possibile curare non solo i vivi, come si è fatto finora, ma anche i morti. E' in questo ordine di idee che vanno collocati gli esperimenti compiuti di recente a Torino dal prof Achille M. Dogliotti alla testa di un gruppo di medici. Come abbiamo diffusamente riferito ieri, gli esperimenti sono consistiti nel riportare alla vita un grosso cane e un vitello dopo sei ore di morte biologica ottenuta col sistemi dell'ibernazione. L'importanza degli esperimenti torinesi risiede nel fatto che i ricercatori di altri paesi avevano ottenuto finora la morte apparente dei pazienti abbassando la temperatura fino a 24 gradi; e solo raramente la vita era stata allontanata da un organismo per la durata di un'ora e mezzo. Nella clinica chirurgica di Torino, invece, la morte del cane e del vitello venne protratta, come si è detto, per sei ore e la temperatura dei corpi fu abbassata finn a zeio gradi. Il prof. Dogliotti si trova in questi giorni a Roma per un congresso internazionale di chirurgia e domani darà conto ai suoi colleghi degli esperimenti compiuti nella clinica chirurgica di Torino. Negli ambienti del congresso J'aJiTiu-ncio dei risultati conseguiti a Torino viene valutato sotto molti aspetti. Abbiamo domandato al prof. Dogliotti se questo progressivo dilatarsi dei confini ritenuti sinora rigidi fra vita e morte avrà applicazioni pratiche su quel mammifero che tanto ci sta a cuore e che è l'uomo. La mente è portata a voli per il momento eccessivi, quale può essere quello della risurrezione dei morti, ma ijprofessore ci ammonisce a re- stare sul terreno concreto. Ora come ora, gli esperimenti di Torino hanno bisogno di essere ripetuti più e più volte e dovranno essere studiate a lungo, con pazienza, le eventuali modificazioni arrecate ai vari organi dal raffreddamento a zero gradi. Solo in un secondo tempo, si potrà prendere in considerazione la possibilità di applicare la stessa tecnica agli organismi umani. Se tutto andrà bene, gli esperimenti di Torino risulteranno come una vittoria fondamentale nel campo della chirurgia: basti pensare che i pazienti potranno essere svuotati del sangue, messi in una condizione di morte apparente per diverse ore e operati con tutta tranquillità. Come pure, forse un giorno la morte per infarto resterà solo un ricordo di tempi arretrati. Così anche, quasi tutte le cause attuali di morte violenta porteranno in avvenire solo a una sospensione temporanea della vita. Se poi da queste applicazioni probabili si lascia campo libero alla fantasia, le ipotesi più suggestive e inverosimili acquistano una consistenza positiva. Per esempio, torse vr.rrà il giorno in cui gli uomini vivranno a rate; magari un mese, due mesi e poi cadranno in una lunga ibernazione. Rivivranno magari in capo a un secolo, daranno un'occhiata in giro nel nuovo mondo e poi, dopo un certo numero di settimane, decideranno di tornare a dormire per un altro secolo; e così, fra vita e morte apparente, passeranno i millenni. Ben inteso, sono tutte congetture da fantascienza. < Tuttavia, mi dice il prof. Dogliotti, se i grandi chirurghi che ebbi per maestri potessero oggi tornare in vita e si affacciassero nella sala operatoria mentre sono al lavoro si metterebbero le mani ai capelli, griderebbero che sono un pazzo o uno stregone. In appena vent'anni la chirurgia ha camminato con gli stivali delle sette leghe e attualmente il panorama è diventato tutt'altro. E quali altre conquiste saranno compiute nei prossimi vent'anni, a nessuno è dato anticipare oggi. Di una cosa però possiamo essere certi: i nostri figli saranno protetti molto meglio di noi dal¬ la morte ». n. a. iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiini iiiiiiiiiiiii prof. Achille Mario Dogliotti durante l'intervista

Persone citate: Achille Mario Dogliotti, Anne Marie Leroy, Dogliotti

Luoghi citati: Parigi, Roma, Torino