La vedova di Tandoj e l'amante in carcere negano tutto, anche quello che è provato

La vedova di Tandoj e l'amante in carcere negano tutto, anche quello che è provato Procede lenta Fin chi està in nn labirinto di torbide passioni La vedova di Tandoj e l'amante in carcere negano tutto, anche quello che è provato La donna sarebbe estranea al delitto, ma ha tentato di sviare le indagini credendo di conoscere il mandante - l sospetti cadono sul dott. La Loggia • Ridda di "voci,, ed episodi per illustrare i rapporti che univano i protagonisti dall'oscura vicenda (Dal nostro inviato speciale) Agrigento, 13 maggio. € Cercate la donna; il movente del delitto è la passione >, ci ha detto stasera il Procuratore della Repubblica incaricato dell'istruttoria per l'assassinio del commissario di polizia Tandoj; e ha poi escluso che per il crimine si possa cercare un'altra causale: vendetta di mafia od eliminazione d'un uomo venuto a conoscenza di troppe cose (e diremo più tardi quali). La donna non c'è bisogno di cercarla: è già nelle carceri di San Vito accusata di ca- lur.nla e di reticenza nella testimonianza. E' la vedova dell'ucciso, la bella Leila, peccatrice di provincia. Perché ha mentito al magistrato durante l'interrogatorio? Perché ha ripetuto le accuse contro il tenente di polizia Zurria, incolpandolo dell'assassinio del marito, come aveva già fatto nel colloquio concesso due settimane fa a un giornalista che aveva ella stessa chiamato per manifestare 1 suoi sospetti contro Zurria? E, se è vero che la perizia calligrafica le ha attribuito le lettere anonime inviate ai giornali per incolpare il tenente di polizia, perché tanto accanimento con. tro un innocente, contro un uomo al quale, quando è stata interrogata dal magistrato, non ha saputo muovere accuse più precise? Leila Tandoj non conosce l'assassino di suo marito. Me conosce — o, più probabilmente, crede di conoscere — il mandante del delitto. E ha voluto proteggerlo, cercando di sviare le indagini. Non lo avrebbe certamente fatto per garantire l'impunità a un mafioso. Pur vivendo da molti anni in Sicilia, non si sarebbe certamente piegata, lei, donna del Settentrione, lei, figlia di un vice-queBtore, a subire quella < omertà » che chiude altrimenti la bocca a tutti i testimoni dei delitti compiuti nall'isola. Ha dunque tentato di proteggere una persona cara. Ricordando la sua relazione amorosa con il dott. Mario La Loggia, bisognerebbe pensare che ha tentato di difendere il suo amico sapendo (o, più probabilmente, immaginando) che egli sia stato il mandante del delitto. Se è vera questa ipotesi — e su di essa sembrano fondarsi per ora le accuse —, bisognerebbe dire che il delitto di Agrigento rientra in uno schema classico: l'amante uccide — o fa uccidere — il marito della sua amica per averla tutta per sé Questa può essere la verità (siamo sulla pista giusta — ha detto il Procuratore della Repubblica —); ma non è tutta la verità. Per conoscerla bisognerebbe forse leggermen te modificare la frase signiflcativa del magistrato e dire c Cercate le donne >. L'altra donna in questa vi' cenda viene indicata nella persona della signora La Loggia: contro di lei « non ci sono seri indizi e perciò non è stata neanche interrogata », come ha dichiarato ancora una volta il magistrato inquirente, dottor Ferrotti, che ogni sera si sottopone al martìrio di una conferenza-stampa. «Né ci sono indizi seri che portino a credere a una corresponsabilità della signora Tandoj nell'assassinio di suo marito ». Sui complessi rapporti fra i tre personaggi principali (il quarto, che è il barone Agnello) appare per ora sulla scena soltanto come amante della signora La Loggia) ci viene ora raccontato un episodio significativo. Un paio di mesi fa Danika La Loggia stava giocando a canasta nell'appartamento di una sua amica: interruppe la partita per chiamare il marito al telefono, ma il numero era occupato; formò allora il numero di casa Tandoj, ed anche quello era occupato. Riprovo dopo pochi minuti e Leila Tandoj, che evidentemente aveva appena concluso la conversazione, subito disse senza dar tempo a Danika di parlate: < Sei ancora tu, Mario? » Infuriata, Danika attaccò il telefono e, senza preoccuparsi di nascondere alle amiche il suo nervosismo, chiamò il padre di Leila e gli disse alcune parole scottanti sul conto del¬ la figlia. Anche questo episodio dovrebbe riportarci allo schema classico della moglie tradita e gelosa; e invece chi lo racconta sostiene che questa è la verità, ma non è tutta la verità; e per spiegarsi dice: « Ma di chi era gelosa la signora La Loggia? ». E' difficile orientarsi in questo labirinto di passioni complicate, ma qualsiasi possa essere la verità, bisogna dire che lo scandalo, connesso o non connesso che sia con il delitto, riguarda al più tre persone o quattro, se si vuole tener conto anche del barone Agnello. Ma non esiste una < dolce vita » agrigentina, non ci sono stati « balletti rosa » o messe nere in questa città impigrita dal sole e dalla bellezza del panorama, che è ora però tutta eccitata per le notizie ricevute sulla famiglia più nota del circondario. La citta appare eccitata: una gran folla attende a tutte le ore in via Etnea gli strilloni che gridano i giornali portati da Palermo con un servizio speciale di automobili; o attende i giornalisti all'uscita del palazzo di giustizia per domandare che cosa abbia raccontato il procuratore della Repubblica. In questa calda atmosfera prosperano i microbi delle voci incontrollabili. GH « innocentisti » vedono nel fermo del dottor La Loggia la vendetta di una passione politica, i « colpevolisti » sono pronti a raccontare che La Loggia compensava Tandoj in forma molto strana per la condiscendenza alla tresca con la moglie: fornendogli informazioni che gli consentirono di scoprire gli autori di molti delitti. Ma chi dava al dottor La Loggia queste informazioni? La mafia, naturalmente. (Non c'è uomo politico siciliano al quale gli avversari non attribuiscano segreti contatti con i manosi). Altre persone insinuano invece dubbi e sospetti di natura ancor più delicata per spiegare i successi di Tan doj( che in verità furono note voli, nelle sue indagini polizie sche. Fra gli « innocentisti » e i « colpevolisti » si inseriscono i fautori di un'altra soluzione: quella del < mandato preterintenzionale ». «Può darsi — dicono — che un giorno il dottor La Loggia, parlando con uno. dei suoi dipendenti, abbia accennato al fastidio di avere fra i piedi il marito dell'amica; e che questo dipendente, peccando di eccesso di zelo, abbia fatto fuori Tandoj». E se s! tenta di far comprendere quanto assurda appaia questa spiegazione, ci si sente rispondere: «Siciliano è lei? No: e allora non può comprendere la Sicilia». Forse noi, continentali ,npn possiamo neanche comprendere l'argomentazione dei < colpevolisti » quando dicono: «Lei sa chi è La Loggia? E chi è suo fratello? E chi sono i suoi amici principali? Quale funzionario avrebbe messo a rischio la propria carriera buttando in carcere La Loggia senza avere prove sicure a suo carico? Si fosse trattato di un mezzadro o di un operaio... ma era La Loggia». In verità finora prove precise contro La Loggia o contro le altre persone fermate non ce ne sono; almeno per quel che ne sappiamo. E nei nuovi interrogatori subiti oggi, tanto La Loggia quanto la signora Tandoj si sono tenuti continuamente sulla negativa, rifiutando di ammettere anche fatti per i quali la polizia ha prove schiaccianti. Anche nes suna prova è stata raccolta contro il presunto autore materiale del delitto, quel Calatone del quale ieri la polizia ha distribuito delle fotografie prese dopo che gli erano stati fatti indossare abiti uguali a quelli che — secondo le dichiarazioni dei testimoni- — portava l'assassino. Ma non si è pensato ad invitare pri- ma questi testimoni per vedere se riconoscevano nel Calacione la persona che uccise 11 dottor Tandoj; e c'è da domandarsi quale valore potrebbe domani avere un riconoscimento da parte dei testimoni, che sarebbero evidentemente influenzati dalle fotografie. In ogni caso il fermo del Calacione non è stato tramutato in -ìrresto; e nulla ancora si sa sulle, accuse portate alle altre persone fermate dalla polizia, che tra quattro giorni dovranno essere rimesse in libertà se non verrà emesso un mandato di arresto a loro carico. Oggi la polizia ha interrogato la moglie e la madre di Antonino Milioto, il contadino fermato ieri perché sospettato di aver ospitato il Calacione la notte seguente il delitto e di aver nascosto l'arma del crimine: una pistola Beretta calibro 9. Tornando al movente, andrà detto che a Roma il dott. Tandoj era stato incaricato di indagare sulla falsificazione su vasta scala di titoli pubblici, per i quali era stata adoperata carta autentica del Poligrafico di Stato. Sarebbe stato accertato che i responsabili provenivano da Agrigento; e dunque, Tandoj (si dice) sarebbe tornato ad Agrigento non per costringere la moglie a seguirlo a Roma, ma per cercare i colpevoli. E fra questi delinquenti andrebbe cercato l'assassino. Contro tale ipotesi, oltre le parole precise del Procuratore della Repubblica, ci sarebbe l'antica tradizione che vieta ai mafiosi di uccidere i commissari di polizia, gli avvocati, i medici, i sacerdoti: tutte le persone, cioè, che compiono il loro dovere. Ma esiste veramente questa tradizione che, per quanto riguarda i poliziotti, appare smentita da una serie di delitti: dal lontano assassinio del commissario Petrosino fino ai delitti della banda Giuliano? L'ipotesi del crimine passionale rimane però la più probabile. Ma bisognerà ancora attendere per conoscere l'epilogo di questa storia d'amore e di sangue che ebbe inizio diciotto anni fa quando una ragazza di Parma, a nome Leila, volle divenire madrina di guerra e scrisse ad un reggimento che si trovava sul fronte russo, indirizzando la lettera < all'ufficiale che oggi non ha ricevuto posta ». Soltanto il capitano Tandoj quel giorno non aveva ricevuto posta; e fu lui ad aprire la lettera. Diciott'anni più tardi, doveva chiudere la sua vita per mano di un sicario prezzolato. Enrico Altavilla Antonino Milioto, di 58 anni, fermato ieri (Telefoto) La vedova del commissario Tandoj durante un ricevimento mimmiimmimmiii miiiiiiiimiiii munì miiiimmi in imiiiiiw La signora Danika La Loggia In una recente foto (Tel.)i