I drammi della Roma occupata nel nuovo film di Rossellini

I drammi della Roma occupata nel nuovo film di Rossellini La pellicola più importante ai margini del festival di Cannes I drammi della Roma occupata nel nuovo film di Rossellini Belle pagine fai un quadro soverchiamente lungo e che fluisce con lentezza: si scorge una certa stanchezza d'ispirazione - Un'insignificante produzione argentina e una dignitosa opera messicana, d'impegno surrealistico e a à e i . n i l e . l e (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 11 maggio. Il fatto più importante della poco importante giornata è stata la presentazione, ad iniziativa della « Associazione degli autori dei film >, dell'ultimo lavoro di Roberto Rossellini, Era notte a Roma, avvenuta nella saletta del Palazzo del Festival surriscaldata a bagno turco, tanta era la folla di critici, registi, produttori, attori e attrici che vi si accalcava. Quando l'interesse della rassegna langue, un Rossellini « fuori programmai è una manna piovuta dai cielo. Ma per la ristrettezza del tempo (il film è stato proiettato con notevole ritardo sull'orario previsto a causa delle procedure di sdoganamento) non possiamo distenderci in un discorso particolareggiato, quale il film certamente meriterebbe. Era notte a Roma è stato girato in cinque settimane, un primato che il regista si è imposto per fare in tempo a presentare la sua creatura a Cannes, sia pure ai margini del Festival. A tanta fretta va condonato il primo dei difetti del film, la ridondanza. Molti e molti tagli saranno necessari perché Era notte a Roma non paia, come è parso anche ad un pubblico di amici, soverchiamente lungo. Un altro e maggior difetto è nel manico. Rossellini, ancora una volta dopo II generale Della Rovere ha chiesto aiuto alla sua prima ispirazione, quella da cui tolse il glorioso Roma città aperta. Ma non c'è_ ispirazione che esercitata troppe volte sulla stessa materia non finisca col dare segni di Stanchezza. E se già II generale Della Rovere, pur nobilissimo, aveva un po' il carattere di una replica, Era notte a Roma pare un po' la replica d'una replica. E' un film che parla più lingue (compreso il dialetto romanesco essendo la storia di tre prigionieri di guerra, un inglese, un americano e un | russo, che dopo 1*8 settembre trovano asilo in casa di Esperia, una ragazza intelligente e senza scrupoli, la quale esercita la borsanera nei dintorni di Roma, travestendosi spesso e volentieri da monaca. L'americano è ferito ad una gamba, e il terzetto non può levare l'incomodo con la celerità che vorrebbe Esperia, la quale ha sentito I terribili bandi tedeschi e pensa alla pelle. Ma poiché il suo cuore di popolana è più grande della sua paura, gli ospiti le rimarranno in casa per parecchi giorni fino al Natale incluso, che sarà santificato in bella armonia internazionale. Come si volevano bene gli alleati In quel tempo, e come s'intendevano anche parlando lingue diverse. E il russo sembra la Russia, tanto è intensamente patetico; e l'inglese l'Inghilterra, tanto è signorile; e l'americano l'America, tanto è spavaldo e insieme scanzonato In quanto a Esperia, anche nel nome è l'Italia; mentre il suo fidanzato e un amico dottore, che appartengono a una organizzazione partigiana, completano l'allegoria delle forze che combattono insieme per la causa della libertà. Po.i la tragedia. Quando 1 pri¬ gsmmisrngcpmMrtcsggb gionieri, aiutati dai partigiani, si accingono a partire per la montagna, un delatore informa i tedeschi che Irrompono: il russo è ucciso, Esperia e i suoi amici partigiani sono arrestati (questi ultimi finiranno nelle Fosse Ardeatine), l'inglese e l'americano per miracolo si salvano, ricoverandosi prima in casa di un nobile romano e quindi in un convento. Ma la spia, che è un certo figuro di spretato, zoppo per giunta, li raggiunge anche lì; e ancora una volta la buona stella salva l'inglese (l'americano è già filato verso il sud), dandogli anche la soddisfazione, un momento prima che arrivino gli alleati, di far fuori l'ignobile traditore. Il film prima fluisce lentissimo poi addirittura dilaga in una quantità di motivi e di ambienti che potrebbero essere altrettanti film. L'ambizione dell'affresco ha tradito Rossellini; anche l'affresco deve avere una sua economia. Restano i bei momenti, le belle pagine, ma nessuna è tale che faccia dimenticare quelle che Rossellini ha già scritto su questi dolorosi argomenti. Sicché anche la più bella dote di questo regista, quel senso di verità che sa mettere nelle cose, dà luogo all'impressione opposta di un che di atteggiato e persino di oratorio. Giovanna Ralli (la nuova Nannarella della situazione) ripete la sua figurina di generosa popolana, strapazzante l'uomo che ama (Renato Salvadori) Leo Genn, il russo Bondartchouk, Paolo Stoppa e tutti gli altri reggono bene i loro esemplari personaggi. Tutto sommato, un film tor¬ ■■iiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii a i i . a è n o n i e e e e u i i e a e o k, i ¬ se da limare, certo da rive dere. Il Festival vero e proprio ha peggio che balbettato di giorno col film argentino La processione, di cui tacere è bello, e si è poi sollevato la sera con la seconda pellicola del Messico, Africano, diretta da Roberto Gavaldon e fotografata dall'immancabile Gabriel Fieueroa. Narra la storia di un taglialegna povero di spirito, carico di famiglia e di miseria, che sogna di avere un tacchino arrosto tutto per sé, su cui sfogare una fame di parecchi lustri. Rifiutandosi, se non ha il tacchino, di toccare i fagioli giornalieri, la buona moglie gli procura con un furterello il sospirato arrosto; ma quando il taglialegna sta per attaccarci il dente si presenta la Morte, che ne esige la metà, e, avutala, dà in compenso al donatore una borraccia di acqua che risana miracolosamente gli ammalati. Così Macario si fa guaritore, diventa ricco e avrà che fare con l'Inquisizione che non ci vede chiaro. Ma poiché la Morte non dà mai nulla per niente, finisce l'acqua e con questa anche la vita del taglialegna che inutilmente invoca una proroga. Questa parte della storia non è che la parentesi di un sogno: l'umile verità è che Macario è morto mentre stava divorando il tacchino: non ci era avvezzo. L'inizio del film, con quei sensi accumulati di morte e di fame, non è dispiaciuto. Poi l'ambizione surrealistica, come spesso succede, ha trascinato il regista in un gioco meccanico e pesantuccio. Leo Pestelli iiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiaiii