Due strepitosi esauriti a Cannes per «La dolce vita» di Federico Felli ni

Due strepitosi esauriti a Cannes per «La dolce vita» di Federico Felli ni SUIvIvA CROISBTTE KON £»I PAK A D'ALTRO Due strepitosi esauriti a Cannes per «La dolce vita» di Federico Felli ni Grande attesa, 8000franchi per una poltrona, discussioni e polemiche - Il pubblico ha accolto il film come un'opera importa,nte,che può turbare le coscienze ma solo per migliorarle - La prima lezione (Bulgaria) e qualche pellicola "scomunicata,, - La nouvelle vague presenta La cesta dei granchi come una crociata, ma non si tratta che di una modesta satira (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 10 maggio. L'Italia si è presentata per la prima volta in questo festival con La dolce vita, ribattezzata dai francesi La douceur de vivrò (ma tutti preferiscono il titolò italiano, che anche qui suona ormai proverbiale, quasi come il famoso < dolce far niente »). La grande attesa si è scaricata in un successo moderato; mentre è ancora in corso il secondo spettacolo, per il quale si è pagato anche più di ottomila franchi a poltrona, il pubblico del primo, meno inamidato ma più schietto, ha seguito con attenzione il lavoro felliniano nelle sue ardite spirali, sottolineandone con qualche applauso a schermo acceso alcune sequenze. Ma non ha nascosto, specie all'ultimo episodio, un senso di saturazione; e il calore è mancato. Ma più ancora della accoglienza immediata, importa che anche qui La dolce vita avrà un lungo strascico di discussioni e polemiche; già questa sera sulla Croisette non si parlava d'altro. Quali siano per essere le accoglienze della critica, il pubblico composito del Festival ha già accolto questo film come un'opera importante che può turbare le coscienze ma solo per ridestarle e migliorarle. Più tardi, alla gran serata sono intervenuti il regista e alcuni degli interpreti, tra i quali mancava la sospiratissima Anita Kkberg trattenuta a casa da un lieve malessere. Il film italiano essendosi preso tutti gli onori della giornata, poco resta da dire sull'altro in programma, che ci è venuto dalla Bulgaria, un cinema per ora modesto, che produce, nel suo unico stabili mento di Sofia, una media di dieci lungometraggi ogni anno, tutti più o meno improntati dai canoni della propaganda sovietica. La prima lezione è 11 secondo film del giovane regista Ranguel Valtchanov, che come nel precedente Sulla piccola isola, premiato l'anno scorso al festival di Praga, si appoggia anche qui a una sceneggiatura di VaUry Petrov, poeta nazionale. Non mancano infatti svolazzi lirici anzi crepuscolari, quali organetti nuvole e aquiloni, in questa storia, del resto garbata, di un amore fra adolescenti, soffocato dai pregiudizi della società borghese. L'ambiente del giovane Pecho è un quartiere povero di Sofia, dove suo fratello tiene bottega di ciclista; Violetta è invece una ravviata studentessa, figlia di un riccone. Eppure i due adolescenti, incontratisi per caso, armonizzano subito; e da quel loro gaio cameratismo sboccia un amore che non ha nulla da invidiare a quello di Giulietta e Romeo. Ma oltre che li divide la differenza di classe, si aggiunge contro di loro l'occupazione nazista. Il fratello di Pecho appartiene alla Resistenza, e Pecho stesso, dopo un lungo noviziato di scritte sui muri maldicenti il tedesco, è ammesso a far parte dell'organizzazione. Arrestato, subisce con eroica fermezza i più brutali trattamenti, acquistandosi cosi la dignità di capo. Se la sente Violetta di seguirlo in questi sviluppi? Personalmente forse si; ma il padre, che non per nulla è ricco, avuto sentore di questa relazione compromettente, la confina d'autorità in un luogo sicuro. Così piangendo d'amore i due giovani si lasciano per sempre. Dovrà venire il tempo che i cuori non conosceranno barriere. La descrizione del borgo e qualche fresca nota idillica riscattano qua e là lungaggini, ingenuità e conformismo alla rovescia. Volenterosi i due piagnucolanti interpreti. Nella cronaca dei film, meritano anche un cenno le pellicole c scomunicate » che trovano modo di farsi vedere, come a sfida, nel sottobosco dei festival. Fra le più attese si sono proiettate A fiato mozzo di Godard, il film che il ministro Malraux ha respinto dalla selezione francese, e La cesta dei granchi di Joseph Lisbona. Quest'ultimo, di cui si era molto parlato prima di vederlo, ha un po' deluso. Narra la storia dello stesso Lisbona un giovane di 28 anni, nutrito di cinema fino alla s punta dei capelli; fondatore di cine-club, critico di film, aiuto regista (è stato a fianco di Becker nelle Avventure di Arsenio Lupin), distributore e produttore. Qui finalmente affronta la regìa, e con l'animo esacerbato di chi ha ben conosciuto i conformismi e le porcheriole del mondo del cinema. Era lecito aspettarsene un rovente pamphlet, se ne è avuta invece lina modesta satira affidata più che altro a gustose battute. Anche la pubblicità della nouvelle vague, come tutte le pubblicità, è illusoria, aveva presentato La cesta dei granchi come < la crociata della settima arte » contro il commercialismo che la usurpa, ma le crociate non si fanno con gli spilli. Nella cornice, fra tante tradizioni che si conservano, una si è rotta. Gl'incidenti avvenuti l'anno scorso per alcuni numeri di spogliarello fuori pro¬ gramma hanno portato alla soppressione della rituale gita alle isole Lérins offerta alla stampa dalla municipalità di Cannes. In sostituzione, si è avuto un picnic al castello della Napoule, con gaio sciame di vedettes e due splendide indossatrici negre venute dagli Stati Uniti, Sylvia Casablancas col suo campione di tennis francese, musiche e danze provenzali. Leo Pestelli

Persone citate: Arsenio Lupin, Becker, Federico Felli, Godard, Joseph Lisbona, Leo Pestelli, Malraux, Petrov, Sylvia Casablancas

Luoghi citati: Bulgaria, Cannes, Italia, Lisbona, Praga, Sofia, Stati Uniti