Il congedo di Voroscilov di Ferdinando Vegas

Il congedo di Voroscilov Il congedo di Voroscilov Col ritiro di Voroscilov da presidente del «Praesidium» del Soviet Supremo scompare dalla scena l'ultimo dei protagonisti del periodo rivoluzionario, uno dei pochissimi che sia sopravvissuto alle sanguinose purghe staliniane e che non sia stato poi accantonato dalle epurazioni di Kruscev. Il quasi ottantenne maresciallo (è nato il 23 gennaio 1881), del resto, aveva avuto negli ultimi anni solo un ruolo rappresentativo, qual è nell'Unione Sovietica quello di Capo dello Stato; in tale carica onorifica ma innocua era stato, per così dire, « imbalsamato » nel marzo del '53, nel riordinamento generale delle gerarchie sovietiche che seguì immediatamente la morte di Stalin. Così egli rappresentava quasi il simbolo vivente dell'epoca rivoluzionaria, il legame tra i giorni turbinosi della guerra civile e l'imponente realtà odierna dell'Unione Sovietica; come il suo Paese, anche Voroscilov in quarant'anni si è trasformato, divenendo infine, nella tarda età, un rispettabile statista. Quanto lontani ormai i giorni della prima gioventù, alla fine del secolo scorso, quanco il quindicenne figlio di un oneralo delle ferrovie aveva cominciato la sua attività rivoluzionaria! Pur senza emergere mai in primo piano accanto agli astri maggiori della costellazione che ruotava intorno a Lenin, anche Voroscilov percorse la normale, ma tanto rischiosa, carriera del rivoluzionario russo; si iscrisse nel 1903 a quello che era allora 11 parti¬ to socialdemocratico (poi comunista), partecipò a congressi all'estero (a Stoccolma e a Londra) e all'attività di lotta all'interno, subendo più di una volta l'arresto e il confino. La sua ora venne dopo la Rivoluzione d'ottobre, con lo scoppio della guerra civile fra « rossi » e « bianchi » ; da semplice sottufficiale salì fulmineamente al comando di un'Armata, proprio quella cui toccò il compito di difendere il settore vitale di Tsaritsin (l'attuale Stalingrado) contro le truppe bianche di Denikin. Più importante ancora del contributo dato da Voroscilov alla vittoria dell'Armata rossa fu il contributo che l'occasione diede alla carriera di Voroscilov: su quel fronte infatti egli si legò con Stalin e entrambi entrarono in urto violento con Trotzki, commissario del popolo alla guerra, per divergenze di fondo sulla condotta strategica della guerra stessa. Trotzki, giovane severo ma acuto, ritenne fin da allora Voroscilov un « personaggio decorativo », che poteva « comandare un reggimento, ma non un'armata di cinquantamila uomini ». E invero Voroscilov ha dato il meglio di sè non come comandante militare, ma come organizzatore, nei lunghi anni in cui è stato commissario alla difesa: l'esercito rosso, che Trotzki aveva creato dal nulla e Franze riorganizzato, egli l'ha definitivamente assestato e consolidato, preparandolo alla prova decisiva della seconda guerra mondiale. In questa. Voroscilov, già anziano, si è distinto ancora, una volta nel comando sul campo; ma non erano più i tempi della guerra rivoluzionaria, bensì dell'offensiva poderosa e scientifica dei generali di Hitler, che travolsero facilmente il fronte baltico tenuto da Voroscilov. Costretto a ritirarsi su Leningrado, il maresciallo contribuì tuttavia alla difesa della città, prima di cedere il comando al maresciallo Timoshenko, nel gennaio del '43. Fino alla morte dì Stalin, Voroscilov rimase comunque fra i maggiori esponenti del regime, appunto perché fedele al dittatore, che l'aveva nominato fra i primi cinque marescialli dell'Unione Sovietica e già nel '25 l'aveva fatto entrare nel Politburo. Voroscilov, dal suo canto, appoggiò Stalin nella spietata decapitazione dell' Armata sovietica alla vigilia della guerra; eppure Stalin, come ha rivelato Kruscev nel «rapporto segreto », arrivò più tardi a sospettare addirittura che 11 Maresciallo fosse... un agente al servizio degli inglesi. E' stato invece, come gli viene riconosciuto ora al momento del congedo Anale, un onesto servitore del partito; forse non una personalità spiccata, ma neppure una figura tanto secondaria, se lo ambasciatore americano a Mosca, Davis, che lo conobbe dal '36 al '38, lo ha giudicato « un uomo dotato di grande potenza intellettuale, che afferra gli elementi essenziali dì una situazione e trascura quelli di minor rilievo». Ferdinando Vegas

Luoghi citati: Leningrado, Londra, Mosca, Stalingrado, Stoccolma, Unione Sovietica