La mostra di Nicolas de Stael iI pittore ucciso dalla pittura

La mostra di Nicolas de Stael iI pittore ucciso dalla pittura = ALLA GALLERIA D'ARTE MODERNA DI TORINO = La mostra di Nicolas de Stael iI pittore ucciso dalla pittura L'astrattismo gli aveva insegnato a intendere la poesia del colore - E l'artista, riaperti gli occhi sui paesaggi di Sicilia, di Provenza, della Spagna, riconquistò in una serie di capolavori la visione della natura - Ma forse stremato dalle ardite ricerche, forse disperando di raggiungere la perfezione, appena varcati i 40 anni, si tolse la vita S'apre oggi nella Galleria d'arte moderna di Torino dopo un lungo e difficile lavoro di preparazione una mostra molto attesa e di altissimo interesse: la prima grande c postuma» in Italia del pittore russo Nicolas de Staéì (19141955), promossa dal Museo Civico e dalla Kestner - Gesellschaft di Hannover, allestita da Vittorio Viale e da Franco Russoli, direttore della Pinacoteca di Brera, il quale ha anche curato il nutrito catalogo illustrato premettendovi un saggio critico e aggiungendovi pagine di Landò Landini. La mostra si pone su un piano di cultura internazionale, e chiude degnamente l'attività svolta nel suo primo semestre di vita dalla nuova Galleria torinese. Il nome del de Staél, che si riallaccia per via di parentele con quello della celebre scrittrice intrepida avversaria di Napoleone, non è ancor famoso in Italia come i nomi d'alcuni altri maestri dell'arte contemporanea; e potrà stupire qualcuno l'affermazione di Douglas Cooper sul Burlington Magazine di quattro anni fa: < Nicolas de Staél è il più sicuro, il più considerevole, il più istintivamente dotato dei pittori che siano apparsi alla ribalta in Europa e altrove negli ultimi 25 anni ». Ma chi, fra i visitatori della mostra, saprà con intelligenza e pazienza da quadro a quadro seguir le tappe del breve eppur tanto arduo cammino dell'artista, rendendosi ragione del suo curriculum estetico e morale, e — superate le secche della fase astrattistica deliberatamente da lui affrontata per cercare, come dice il Russoli, < l'essenza dinamica e luminosa » della real tà oggettiva — giungere senza stanchezza alle stupende immagini dell'ultimo triennio, cioè all'inizio della meravigliosa riconquista (drammatica- mente interrotta dal suicidio) d'una nuova figuratività, questo visitatore sarà compensato da uno dei più straordinari doni poetici che la pittura moderna abbia saputo offrire. Gran spreco, dopo Cézanne, si fa nella terminologia critica della parola c lezione », quasi fosse obbligo d'ogni pittore e scultore sedere sul banchi d'una dogmatica scuola; ma poche volte come nel caso di de Staél codesta parola, squillando imperiosa nell'aula sterminata dell'Accademia dell'Astratto, ci è parsa significante e ammonitrice, pregna d'un valore polemico che davvero si fa messaggio spirituale. Per de Staél, infatti, si parla di < liberazione », di premesse per la scoperta di un proprio personale < figurativismo >, proprio nel punto in cui egli si sentì gène de peindre un objet ressemblant (è una sua confessione del 1949); e i suoi ritratti di Jeannine, la compagna dì giovinezza, del 1941-42, quelli dipinti prima e le nature morte dello stesso periodo, non potevano del resto soddisfarlo, e ci lasciano alquanto indifferenti. Sulla via di una normale e tradizionale < figurazione » sarebbe probabilmente rimasto un mediocre. Una < rottura » gli era dunque necessaria, poiché col < dato veristico » le sue attitudini pittoriche non legavano; ed eccolo nel '44 già partecipare con Kandinsky e Mannelli ad una mostra parigina di Pemtures Abstraites. Si noti che a trent'anni, è alla sua prima mostra importante, e a nanre di artisti insigni; e che l'anno seguente, mercé l'amicizia di Jeanne Buche r, espone a Montevideo. Ci sarebbe riuscito coi ritratti di Jeannine? Sorvoliamo, non è questo che conta. Noi crediamo che dall'esperienza astrattistica (adottata per la virile coscienza dei mezzi ancora inadeguati ad esprimersi figurativamente secondo le proprie speranze) il de Staéi abbia tolto appunto ciò che probabilmente fra qualche decennio, al di là di tutto l'abracadabra odierno della critica saputìssima e provvedutissima, sarà considerata la vera < lezione » dell'astrattismo: una lezione di gusto nell'impiego della materia pittorica, e di misura nel rapporto fra realtà naturale e realtà artistica; e la famosa « liberazione dall'oggetto » andrà in soffitta. Se ne vuole una prova? Verso il '52 de Staél abbandona l'astrattismo che -gli ha insegnato a intendere non una libertà spirituale che già in lui viveva benché ancora incapace di esprimersi artisticamente, ma il valore poetico che può assumere il colore; ed inizia la serie dei suoi autentici capolavori ispirati dalla riconquistata visione della natura e delle figura umana. Fra questi v'è la Spiaggia del 1954. Ebbene, si guardi la linea dell'orizzonte, fra il mare e il cielo. Questa linea coloristicamente sublime ha un nome: Manet. La teorica astrattistica che lungamente ha irretito de Staél ai dissolve come nebbia e il pittore riapre gli occhi sui paesaggi di Sicilia, di Provenza, della Spagna, della Costa Azzurra. Allora è la vera c libertà». Allora il colore, non più materia d'esercitazioni linguistiche incomunicabili perché prive di significati universali, ritorna all» sua inderogabile funzione pittorica: la ricreazione lirica dell'immagine del mondo; e de Staél diviene uno dei grandi poeti della luce, quasi un Vermeer dei nostri giorni Figurazione, -astrazione, nuova figurazione: ecco la sua parabola, ecco il suo « messaggio », da meditare e da accogliere per superare l'odierna crisi artistica Non resse alla rivelazione che per successivi stadi gli si era offerta? Gli parve irraggiungibile la perfezione cui anelava, e alla stremante fatica del lavoro la *ua forza fisica, la sua tensione nervosa non resse? Un mistero avvolge il gesto tragico contro se stesso ad An- tibes, appena varcati 1 quarant'anni. Ma è forse lecito supporre che sia morto di pittura, come in altri tempi si moriva d'amore. mar. ber.