Come vivono i minatori negri del Sudafrica nei desolati campi-prigione per uomini soli di Francesco Rosso

Come vivono i minatori negri del Sudafrica nei desolati campi-prigione per uomini soli I DUE PILASTRI DELLA PROSPERITÀ9: MATERIE PRIME E BASSI SALARI Come vivono i minatori negri del Sudafrica nei desolati campi-prigione per uomini soli Le società forniscono un vitto abbondante, un alloggio sano una paga impensabile in altre terre africane - Ma gli operai di colore restano chiusi per anni fra le barriere di filo spinato; a parità di lavoro, ricevono un compenso dieci volte inferiore a quello dei bianchi - Sognano il giorno in cui, finito il contratto, potranno comprarsi una moglie; non tutti ci riescono: buona parte del guadagno finisce agli incettatori di manodopera - Ora chiedono un minimo di giustizia, ma i governanti replicano: mai cedere ai negri (Dal nostro inviato speciale) Johannesburg, 27 aprile L'ora della mensa era scoccata nel campo cintato ed i minatori 'negri si affrettava no in giocondo disordine ai refettori. In un altro luogo, lo spettacolo non avrebbe avuto nulla di strano, di comunità operaie che vivono come in collegio ve ne sono ovunque, ma questo era un compound sudafricano, cioè un accampamento per soli uomini negri poco dissimile (1111 u u 1111111 min t nini im11111111 r 11 i 11 ! 11m111; t mi 1 da una prigione. Il filo spinato, saldamente sorretto dai pali di ferr^, isola dal mondo questa comunità di minatori di pelle scura, mansueti e rassegnati alla loro deprimente esistenza Domandai al mio accompagnatore perché le autorità sentano il bisogno di chiudere in rigida clausura tanti uomini, ed egli rispose: « Sono net/ri forestieri, con un contratto a tempo, e non potremmo alloggiarli diversa- 1 i 11111111111111 t ri 1 : r ! 11 n 11111m1 t 11111111111111111 ' settimana, poco più di cin mente. Se fossero liberi si mescolerebbero all'altra popolazione di colore e non riusciremmo a controllarli. Dobbiamo sorvegliarli, se non vogliamo che gli attuali nove milioni di negri del Sudafricat diventino dodici in pochi anni ». Le miniere sudafricane sono divoratrici di uomini, l'enorme e rapido sviluppo industriale del paese nel secondo dopoguerra ha aumentato le necessità di manodopera, occorreva carbone, ferro, oro, uranio in quantità sempre maggiore ed i negri già stabiliti in Sudafrica non erano più sufficienti a estrarlo. Lasciarne venire altri da1 paesi vicini, significava aggravare lo squilibrio razziale. Né si poteva facilitare una massiccia emigrazione d* operai europei; sarebbero costati troppo e avrebbero provocato la reazione delle alte gerarchie della Chiesa riformata olandese, ostile all'afflusso di cattolici e protestanti europei poco ine/ini ad adottare il suo esasperato razzismo. Le difficoltà furono superate con l'arruolamento di negri nelle liserve sudafricane e nelle confinanti colonie inglesi e portoghesi con contratto a termine, finito il quale sarebbero stati rispediti alle natie foreste. E li avrebbero pagati poco. Benché avvengano attraverso contratti bilaterali, questi arruolamenti somigliano molto alla deportazione. Appena giunto al centro minerario, f l'operaio negro entra nel compound cintato e per un anno, due, tre secondo la durata del contratto, vive esclusivamente coi suoi compagni, senza mai vedere una donna, in un cenobio forzato che genera gravi inconvenienti. Nel campo cintato i minatori negri hanno ogni assistenza, compresa quella medica, ma non hanno diritto a considerarsi residenti nella città in cui lavorano, e nemmeno uomini; non sono nulla più di un cavallo che ha una stalla decorosa ed una mangiatoia fornita. A indurli a partire per le miniere del Sudafrica, è sempre il desiderio di risparmiare un po' di sterline per comperare la moglie, che costa come minimo quattro mucche; ma al termine del contraito, quando ritornano alla tribù, si avvedono che buona parte dei loro guadagni sono finiti in altre tasche, soprattutto in quelle del capotribù, che quasi sempre è anche l'arruolatore dei minatori « volontari ». Per « consentire » che i suoi sudditi « vadano ad arricchirsi nelle miniere sudafricane », il capotribù pretende una taglia proporzionale ai guadagni degli operai. E questo avviene per tutti i negri emigrati in città. Il « garden boy » di un mio amico di Johannesburg versa una sterlina al mese al suo piumato e poligamo capotribù, rimasto nel villaggio di paglia a tutelare le ventisei mogli che gli rallegrano l'esistenza. Il suo salario è di sei sterline al mese. I minatori arruolati a contratto temporaneo devono anch'essi decurtare i loro salari per mantenere capitribù e stregoni; se gli avanza qualche cosa, comperano una moglie Nei campi cintati essi hanno vitto e alloggio gratuito, ma il loro salario è molto basso, tre sterline la quemila lire. E la vita in miniera è dura, anche per un negro. I minatori, ed in genere tutti gli operai negri, non hanno speranza di migliorare la loro situazione; incominciano come manovali e tali rimangono sempre anche se, per intraprendenza e llllllllllllIlf llf Illlllltlllllllltlllllllltlltllllllll»*1l capacità sul lavoro, riescono a imparare e qualificarsi. Nelle miniere e nelle fabbriche gli ordini li danno soltanto i bianchi, dall'ingegnere al caposquadra. Nessun negro può aspirare a compiti direttivi, al massimo arriva ad essere « baas boy », che sarebbe l'uomo di fiducia del caposquadra bianco. Sovente 10 sostituisce, ma continua ad essere manovale e guadagnare dodici sterline al mese. 11 caposquadra bianco ne guadagna iso come minimo. I negri saranno tardi, ottusi, svagati; ma non al punto da non capire che se un « baas boy » è in grado di guidare una squadra, dovrebbe anche guadagnare di più. La maggioranza dei negri che si sono ammutinati a Sharpeville e nei campi di Città del Capo non sapevano con esattezza il significato di ciò che andavano predicando i propagandisti del nazionalismo africano, la loro protesta non era tanto una ribellione politica o razziale, quanto un movimento sindacale; chiedevano un aumento dei salari. Credo che in tutta l'Africa non vi siano popolazioni di colore che guadagnano quanto gli operai negri sudafricani; ma questo non significa nulla: la disparità nel trattamento economico fra bianchi e negri è tale che l riflussi di malcontento sono inevitabili. Il cameriere zulù che mi porta il caffè in camera guadagna dieci sterline al mese; quello europeo che fa lo stesso servizio ne guadagna cento. Il cameriere europeo, è vero, ha esigenze diverse, veste abiti neri e camicie quasi di bucato; quello zulù, invece, ha un grembiulino di cotonata bianca e non deve provvedere alle scarpe. Infatti, è sempre a piedi nudi. Quando si sono lanciati contro i fucili ed i mitra della polizia al grido di « Africa Africa», i minatori e gli operai negri sapevano in modo molto approssimativo che cosa sia il nazionalismo africano, l'indipendenza, la eguaglianza razziale; al fondo del loro esasperato rancore c'era, e vi rimane, un desiderio di equità economica. E non capivano che il razzismo, oltre ad essere la mistica su cui pochi bianchi basano il loro concetto di superiorità, è anche un pretesto per pagare salari bassi. « Tu negro —■ gli dicono — sei pigro, sensuale, incapace, il tuo lavoro rende poco. Se non ci fossimo noi a farti guadagnare le tre sterline la settimana moriresti di fame ». La favolosa ricchezza del Sudafrica, il fuo incredibile sviluppo industriale nascono dalle favorevoli condizioni naturali di un sottosuolo benedetto, ma anche dai principi razziali lllllllllllltlllllllllllllllllltltllll1lllltlltlillllill*l*l c)ie si traducono in bassi salari ai negri. Dopo le rivolte negre di Sharpeville e Città del Capo, le autorità sudafricane hanno capito che non si può contenere all'infinito nove milioni di africani solo tentando di ficcargli in testa che sono esseri inferiori perché sono scuri di pelle, ed hanno promesso qualche concessione. Oltre alla kaffer beer, la birra cafra a bassissima gradazione alcoolica che i negri possono bere solo in alcuni locali sorvegliati dalla polizia, pare che gli sarà concesso di bere anche un po' di vino, ma leggerissimo, un po' di acqua colorata. Più pensosi del grave problema razziale, alcuni professori universitari riuniti in congresso a Durban, hanno dichiarato che, oltre al vino, bisogna concedere ai negri anche un aumento dei salari, ma questo suggerimento è stato accolto con quasi generale ostilità. Aumentare oggi le paghe ai negri, dicono i mistici della razza, significherebbe essere costretti a concessioni ben più gravi domani, forse permettergli di abitare a Johannesburg, Città del Capo, Pretoria. Le discussioni sono entrate in un punto morto. Dopo il fallimento dello sciopero generale proclamato la setti¬ mana scorsa, la popolazione bianca è tornata a cullarsi nell'illusione che i negri siano come le scimmie di Kipling, che volevano costruire una città, la incominciavano, ma dimenticavano di terminarla. <I negri (dicono i sudafricani) hanno bisogno di agitarsi ogni tanto, ma poi si calmano e dimenticano tutto, anche di pretendere un aumento di salario, abbiamo già fatto molto per loro costruendogli città nuove che non avrebbero mai sognato di abitare ». Essi pensano ai compounds affollati, ai raggelanti agglomerati di case in cui gli africani vivono coatti, ma trascurano di dire che a nessun negro è consentito di comperare la casetta in cui abita perché ciò potrebbe dargli il diritto di considerarsi cittadino dì Durban, Città del Capo, Pretoria. Perché negri, essi devono rimanere per sempre sudditi dei capitribù rimasti nei villaggi di paglia ad esigere il tributo dai loro uomini « andati in città ad arricchirsi ». Le metropoli irte di grattacieli, con le zone residenziali costellate di piscine smaltate d'azzurro che fanno l'occhietto all'arruffato cielo autunnale tra il ■ verde ombroso dei parchi silenziosi, devono rimanere inviolate regge degli uomini bianchi. Per gli scuri minatori che scendono ogni giorno sotto terra a scavare l'oro, il ferro, l'uranio, o calano sulle città ogni mattina come aggressive formiche a portare pesi, pulire finestre, trainare carretti, impugnare il piccone sulle strade, devono bastare i desolati agglomerati lontanissimi dal centro, dove nulla appartiene ai negri, né la Casina di mattoni, né U fazzoletto di terra che le sta davanti con tre crisantemi e quattro dalie a rompere la infinita monotonia rossiccia della terra riarsa; o vivere nei campi cintati, in una comunione che genera vizi turpi. In Sudafrica, i negri africani sono ospiti sgradevoli, da rispedire in foresta e nei villaggi di paglia delle riserve appena il costo del loro lavoro non sarà più ritenuto economico. Francesco Rosso

Persone citate: Bassi Salari, Kipling