Il mostro di Pontoglio descritto dall'amante: «Era un uomo normale, voleva bene alla mia bimba»

Il mostro di Pontoglio descritto dall'amante: «Era un uomo normale, voleva bene alla mia bimba» Hai distrutto tre lamiglle massacrando nove persone Il mostro di Pontoglio descritto dall'amante: «Era un uomo normale, voleva bene alla mia bimba» Drammatico confronto in aula tra l'imputato e una sua cucina: la donna ha affermato che egli ebbe dei complici nell'ultima strage - L'assassino conclude: "Signor presidente, d'ora in poi io sarò muto,, (Dal nostro inviato speciale) Bergamo, 21 aprile. Il processo contro Vitalino Morandini, detto il « mostro di Pontoglio », è virtualmente finito ieri con la completa ammissione di ogni reato imputatogli, cioè nove omicidi e una sequela di furti. < La mia testa mi faceva dire che dovevo uccidere », questo è il sunto delle sue conclusioni, sulle quali non intende discutere e nemmeno difendersi. Non è xeppure rammaricato di quello che ha fatto, benché < forse», ma soltanto «forse», se si trattasse di « ricominciare da capo non lo farebbe più. », Quindi da stamane egli approfitta del suo diritto di non comparire in aula se non dietro le precise richieste della Corte. Il Morandini non si sarebbe presentato neppure ieri se non fosse stato per portare la propria testimonianza a scarico d$ Felice Castoldi e di Vincenzo Volsi, suoi coimputati nella strage della famiglia Breno, l'ultimo anello della catena atroce di delitti, con tre morti (23 gennaio 1956). Egli si considera un «uomo d'ono-re » e, come tale; in dovere di portare tutto il suo contributo al trionfo della verità: egli dichiara di essere stato il solo ad uccidere i tre Breno. Un suo compagno di cella, Emanuele Lorenzo Pecis, attualmente detenuto a Mantova e che forse sarà udito domani, té un bugiardo » se afferma aiiiMiiiiiiiitiiMiiiiiiiiiuii iiiiiiiiiiu iiii (come afferma) di aver udito da lui come confidenza che il Castoldi fu il mandante del triplice omicidio per 500 mila lire e che il Volsi lo aiutò materialmente. Ormai tutto l'interesse del processo si concentra sul Volsi e sul Castoldi. Decisamente, a scagionarli non basta la dichiarazione del ■ Morandini contro la quale oggi ha movimentato l'udienza la testimonianza di Agostina Morandini, cugina del « mostro ». Dei gli affittava una camera in Pontoglio, però a malincuore, sicché le loro relazioni non erano affettuosissime. Ma lei si ammala gravemente, se la cava quasi per miracolo e tornata dall'ospedale a casa sua il cugino va a trovarla. E' avvenuta da poco la strage dei Breno. Come staf La poveretta straziata da dolori atroci non fa che lamentarsene e l'altro, per consolarla, le dice: « Chi lo sa che cosa pagherebbe ti Breno per trovarsi nelle tue condizioni invece di essere morto ». Si tratta di Cesare Breno, cioè del capo della famiglia. E soggiunge: «Se U \ Breno non si metteva con cor¬ te leghe sarebbe ancora vivo» « Mettersi » è detto nel senso di litigare e a sentir lui queste leghe erano il Volsi e il Castoldi, contro i quali, del resto, convergevano i sospetti della prima istruttoria. Egli disse pure di conoscere bene il Volsi e il Castoldi; nonché di aver visto il Castoldi e il iiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiii:iiiiiiiiii o l l a l , i i , i a a i i e e U ¬ l i i e é l Breno litigare aspramente la sera prima del misfatto e « darsi dei titoli ». Il Volsi e il Castoldi, che hanno seguito la deposizione della donna agitandosi nervosamente nella loro gabbia, insorgono tutti e due insieme gridando ad alta voce « disonesta.' ». La teste insiste: « Io dico la verità, c'era, presente anche mia figlia». Quindi scoppia in un pianto convulso, sembra lì lì per svenire, ma si rianima portando alle labbra qualche sorso di una boccetta tifata fuori dalla gonna. E soggiunge: «Afe ne ha dette anche di più ». Questo « di ;iiù », riassunto nel minimo, sarebbe stato che il vetro infranto per entrare in casa Breno dalla finestra era stato rotto con il diamante, cosa che il Morandini non avrebbe saputo fare; e che il Volsi e il Castoldi non avevano alibi consistenti. 'Occorrerà un confronto diretto fra il « mostro » e la cugina. Nell'attesa sfilano molti testimoni, fra i quali Franca Camanìni, amica del Morandini ma non soltanto di lui. Egli l'amava un po' più degli altri, mangiava spesso e dormiva nella casa di lei a Brescia pagando una retta complessiva di lire 1500 al giorno, ma era quasi sempre a corto di denaro. Sembrava un uomo normale ed era molto affezionato alla bambina di lei, che accompagnava all'asilo, che portava con sé al ci- iiiiiiiiiiiiiniiiii iiiiiiiiiiiiniiiii ìiiiinii nematografo e alla quale regalava di tanto in tanto gelati. Avv. Moggi - Quando ti Morandini tornò da lei dopo il delitto Breno aveva graffi nel visot Teste — No. Questa circostanza sarebbe tn contrasto con le dichiarazioni del Morandini, secondo le quali Emilietta Breno, non uccisa dal primo colpo di pietra, si sarebbe rivoltata graffiandolo; se non aveva graffiato lui, contro chi erano andati i gruffit Ed eccoci al confronto. Il presidente comincia col domandare al Morandini come va con la sua gola. Ieri era senza voce. Pare che vada meglio. Quindi gli espone le dichiarazioni della cugina, domandandogli di volta in volta se è vero. Egli risponde sempre negativamente, talvolta rafforzando la negazione con « parola d'onore », oppure € lo giuro ». Imputato — Mia cugina può dire quello che vuole. Presidente — No, lei non può dire quello che vuole, perché ha prestato giuramento, siete voi che potete dire quello che volete. Imputato (con un gesto di stizza) — Allora signor presidente potrei anche dire che è stato lei ad aiutarmi (ilarità generale, ma il presidente non gli- contesta questa eventuale libertà di trovata). Imputato — Io ho detto la verità. Se lei non mi crede è inutile parlare. E' richiamata la teste Agostina Morandini, che ripete come un disco il racconto precedente. I € no » dell'imputato diventano ancora più secchi, ma, tutto sommato, si tratta di circostanze secondarie. La perizia ha già stabilito che il vetro non fu infranto col diamante; e, quanto ai nomi del Volsi e del Castoldi, il Morandini non faceva che ripetere quanto dicevano allora i giornali. Prima che l'udienza sia rimandata, il Morandini dalla sua gabbia fa cenno di parlare e dice; < Signor presidente, le faccio presente che d'ora in poi io sarò muto ». Presidente — Ciò non mi impedirà di rivolgervi delle domande, se è il caso. Imputato — .Lei è padronissimo, ma io non parlerò. E questa anima feroce ha l'aria di un principe offeso perché la giustizia degli uomini osa dubitare delle- sue parole.