- il figlio di Mazzini di A. Galante Garrone

- il figlio di Mazzini - il figlio di Mazzini I giornali e la radio hanno dato l'annuncio, in questi giorni, delh scoperta di un gruppo di lettere di Mazzini all'amico e protettore Démosthène Ollivier, il repubblicano marsigliese padre del celebre ministro delYEmpire liberal. Per la verità, si sapeva da molti anni dell'esistenza di queste lettere. Il conte Sforza, al quale le aveva fatte leggere la vedova di Émile, ne parlò in un articolo del 1926; e Salvemini le aveva addirittura copiate, e si proponeva di pubblicarle. Ma, per le traversie dell'esilio, quelle copie andarono perdute. Uno studioso italiano, per suggerimento di Salvemini, si mise alla ricerca dei discendenti di Ollivier, li trovò a Parigi, e ne ebbe la promessa che quelle lettere sarebbero' state ancora una volta tratte fuori dall'archivio di famiglia. Poco dopo, lo stesso studioso incaricò un giovane storico, Salvo Mastellone, di recarsi dai discendenti degli Ollivier, a ricordar la promessa. E così quelle lettere, a tutt'oggi inedite, tornarono alla luce. Donate dalla famiglia alla « Domus Mazziniana » di Pisa, saranno per intero pubblicate in appendice a uno studio del Mastellone su Mazzini in Francia, di prossima pubblicazione. Sono lettere importanti, non solo per quel che. di nuovo ci dicono sui rapporti^ di Mazzini con i repubblicani francesi (di Parigi, di Marsiglia, di Lione), e sul suo stato d'animo, trascorrente dalla speranza all'angoscia, nella critica estate del 1833, ma per quel po' di luce che gettano su un personaggio misterioso: il supposto figlio di Mazzini e di Giuditta Sidoli. Dell'esistenza di questo figlio — morto in tenerissima età — si cominciò a parlare verso la fine del secolo scorso, per una precisa testimonianza di Émile Ollivier. La corrispondenza, pubblicata nei decenni seguenti, fra Mazzini riparato in Svizzera e la Sidoli rientrata in Italia, ci svelò poi l'indubbia esistenza di una creatura, indicata con l'iniziale A. o Ad., e rimasta a Marsiglia, affidata alle cure di Démosthène Ollivier. E si fece strada in molti la convinzione che dovesse trattarsi del miste rioso figlio di Giuditta e di Maz zini, probabilmente morto nel 1835, perché dopo quell'anno più non se ne parla nell'epistolario. Ma i documenti più sensazionali (così li definì Salvatorelli) sono quelli da me pubblicati nel 1951 sul «Ponte»; l'atto di nascita e l'atto di morte di quello che, con grande probabilità,. può considerarsi il figlio di Mazzini e della Sidoli. Anche qui, debbo dirlo oggi come lo dissi allora, il merito risale a Salvemini: che ebbe l'idea di andare a sfogliare i registri dello Stato Civile di Marsiglia dal 1832 al 1835, scovò i due certificati, e ne fece una copia che andò poi perduta. Io mi rimisi alla ricerca, sulla scorta delle indicazioni avute da Salvemini; e quando già disperavo di venirne a capo, nella immensa congerie dei certificati anagrafici (com'era alta la mortalità infantile, specialmente in quegli anni di gravi epidemie!), i due preziosi documenti balzarono un'altra volta alla luce. Dunque questo bambino, denunciato come figlio di genitori sconosciuti, nacque a Marsiglia Fu agosto 1832, e vi morì il 21 febbraio 1835. Gli furono dati quattro nomi: il primo era Joseph, cioè il nome di Mazzini-, poi Démosthène, che era il nome di Ollivier; poi Aristide, nome di un fratello di Démosthène, anch'esso amico di Mazzini e della Sidoli, e molto legato alla Giovine Italia; e infine Adplphe, che fu il nome prescelto da Mazzini e da Giuditta, ed era forse una reminiscenza, non casuale, deh'Adolphe di Benjamin Constant. Potrebbe a tutta prima sembrare non altro che curiosità pettegola e irriverente, questo minuzioso frugare nella vita privata di Mazzini, questa indagine di sapore quasi giudiziario sui suoi legami amorosi con la Sidoh e .sul figlio che ne sarebbe nato, e che i genitori avrebbero tenuto nascosto a tutti, fuor che all'amici) Ollivier. Ma la verità è che quell'amore, divampato altissimo fin dal primo incontro dei due esuli, e la nascita di quel bimbo, e le dolorose peripezie della sua breve esistenza, e la morte avvenuta proprio quando Marsiglia era raggiunta dal colera, lasciarono il segno, non meno delle vicende politiche, su Mazzini: dapprima infiammandolo di entusiasmo, di gioiosa alacrità (e sempre egli rimpiangerà le immense speranze di quel primo periodo s di vita giovine, pura e lietamente devota»), e poi la¬ sciandogli nell'animo una contrazione cupa e amara, e voluttà di pianto, e perfino pensieri di sui-' cidio. Per questo anche il piccolo Adolphe, legato al dramma di Mazzini e di Giuditta, appartiene alla storia. E' un'altra pennellata aggiunta al quadro della crisi della Giovine Italia nel 1833, della spedizione di Savoia, e della « tempesta del dubbio ». Che Adolphe fosse il figlio di Giuditta, quasi nessuno ormai, tra i biografi di Mazzini, dubita più. Ma sarà stato anche il figlio di Mazzini? Il Mastellone non lo crede; e, facendosi forte di alcuni documenti secondo i quali Mazzini non avrebbe conosciuto la Sidoli prima del gennaio o febbraio del 1832, affaccia l'ipotesi di un concepimento avvenuto in Svizzera, non si sa ad opera di chi, e di una successiva protezione generosamente data da Mazzini alla giovane vedova, di cui egli si era fortemente invaghito. Io resto dell'idea che i-due si conobbero e si amarono già verso la fine del 1831 (idea accettata anche da Salvatorelli); e ne dirò le ragioni, che qui sarebbe troppo lungo esporre, in un articolo sul « Ponte ». Mi scriveva Salvemini nel 1049, dopo la riscoperta dei due certificati: «Che si tratti del figlio di Mazzini non c'è dubbio... Siamo di fronte al famoso coup de foudre romantico. In quegli ultimi mesi del 1831 Mi mise insieme un figlio e la Giovine Italia ». I nomi di Adolphe e di Giuditta — come già Salvemini mi aveva preannunciato — compaiono più volte nelle lettere di Mazzini a Ollivier. E' un insistente chieder notizie della salute di quel bimbo gracile e malaticcio rimasto a Marsiglia nelle mani di Ollivier. Il quale, svogliato e pigro corrispondente (tutto l'opposto di Mazzini, che scriveva decine di lettere al giorno), e frastornato da mille altre cose, tardava a rispondere, forse anche per l'imbarazzo di dover dare notizie sempre più cattive. E Mazzini lo supplicava, s'infuriava, tornava alla carica, per sapere qualcosa di più di quel povero Ad. (« J'ignore tout, s'il est mort, s'il est vivant»), E si noti anche il continuo invio di denaro per il mantenimento di quel bimbo bisognoso di cure: Mazzini voleva essere il solo a darsi carico di tutte le spese. Sembra la sollecitudine di chi si sente responsabile dell'esistenza di una propria creatura. E oltre all'ansia per Adolphe. la desolazione per il distacco da Giuditta, e, unico rifugio dell'anima, la dedizione di sé alla santa causa: «Sono solo in un deserto. Giuditta è partita... Io sono rassegnato a vedere sfogliarsi tutto il mio presente. Forse è Dio che allontana da me tutto quello che avevo di caro al mondo, perché io mi possa dare, tutto intero, alla santa causa del mio paese Mi ci darò. E che non sia invano ». (Ginevra, 6 luglio 1833). A. Galante Garrone