Vivono in una sordida baracca e tengono il televisore e la "600,, di Francesco Rosso

Vivono in una sordida baracca e tengono il televisore e la "600,, ASPETTI DI AMBIGUA MISERIA INTORNO A ROMA =- Vivono in una sordida baracca e tengono il televisore e la "600,, Le piccole gioie offerte dai moderni mezzi di svago hanno la priorità assoluta sulle necessità, anche fisiche, dell'esistenza • Turpi 'modi di cercar fortuna, e l'abitudine di farsi giustizia da sé - L'ostentato guappismo non si limita alle bidonvilles o all'estrema periferia della capitale - Scene odiose al centro della città: bassi servizi, lo straniero da spennare - Negli immondi covili i bambini, in scandalosa promiscuità, vedono ciò che fanno i grandi - Urge la costruzione di case popolari a risanare una sciagurata società, a disperdere l'aria infetta (Dal nostro inviato speciale) Roma, 12 aprile. Nel lungo viaggio attraverso le migliaia di baracche distene attorno a Roma come una cintura di sordidezza, sostai ad un gruppo di covili che si specchiano nell'acqua melmosa dell'Amene. Sui tetti di assicelle ricoperte di carta catramata rilucevano le antenne di alcuni televisori. Una donna abbigliata con proprietà uscì da una di quelle baracche tenendo per mano una bimba, attraversò la strada, salì su una « 600» dopo aver sistemato la piccina sul sedile posteriore. Poco dopo uscì il marito che chiuse con un lucchetto il fragile usciolo della sua abitazione e si av¬ MIIllllllltMlIIIMMIMIIIllMUriIMMIlMIIllMIMtMIII vicinò alla macchina. Vincendo la naturale esitazione mi accostai e dopo essermi presentato gli domandai perché, disponendo di mezzi per consentirsi l'automobile e la televisione, continuava a vivere in quell'ambiente, una stamberga circondata da cumuli di immondizie. Si limitò a guardarmi con occhi beffardi, sedette alla guida, avviò il motore e partì. Le famiglie che vivono in baracca ed hanno l'automobile alla porta per le gite festive non sono numerose, e vero, ma possono essere indicative di una mentalità assai diffusa a Roma, dove dilaga il principio che la casa sia l'ultima preoccupazione pt-r un'esistenza conside- MIllllllUIMIIMIIMIIillllMIIIIIllIlFIMMIllIilMIIID D b o, he o a r0. rinrata civile. Molti baraccati comperano la televisione, altri ancora la motoretta, ma non si preoccupano eccessivamente se devono ridurre 10 spazio già insufficiente in cui sono costretti a vivere e dormire; le piccole gioie offerte dai moderni mezzi di svago hanno la priorità assoluta sulle necessità, anche fisiche, dell'esistenza. Questa mentalità risulta comprensibile se si tiene conto della provenienza delle centinaia di migliaia di persone arrivate nella capitale da ogni regione d'Italia con 11 miraggio di una vita più facile e la speranza di arrangiarsi in qualche modo. Come si arrangino è chiaro anche a chi non vuole vedere, se la maggioranza degli immigrati desiderano un lavoro stabile, che raramente ottengono, una forte minoranza preferisce le vie più rapide e dirette del guadagno, che di solito incappano nel codice penale. Il furto e la prostituzione sono merce corrente nelle bidonvilles, un sacerdote mi raccontava di bambini picchiati dai genitori perché non sanno rubare, o rubano troppo poco. L'amico romano che mi guidava in questo viaggio d'incubo mi accompagnò in una baracca di Monte Sacro, a pochi passi dalla Corte dei Conti. La Romagnola, una riccionese membruta come un pugile, disse che non aveva più sigarette, glie le avevano rubate tutte la sera prima quattro giovanotti, presentatisi come guardie di finanza. Ma li conosceva bene, erano dei Prati Fiscali, e li avrebbe sistemati pigliandoli ad uno ad uno. Non dubitai che avrebbe mantenuto la promessa, 1 suoi saldi bicipiti ne erano la garanzia. La preoccupazione di farsi giustizia da sé sta sviluppandosi in forma allarmante nella periferia romana e se non si provvede in tempo arriverà il momento in cui la capitale conoscerà i sanguinosi scontri fra bande rivali che sconvolgono alcune città siciliane. L'omertà è già un fatto indiscutibile fra gli abitanti delle baracche, nessuno pensa di denunciare un furto, o un'ingiustizia patita. Se poi uno dei baraccati deve rendere i conti alla giustizia, l'intera borgata insorge per difenderlo Giorni addietro, un maresciallo dei carabinieri acciuffò un pregiudicato, Cesare Tartaglia, ma fu assalito da una squadraccia di giovanotti, che per poco non 10 linciarono. Si salvò barricandosi in un negozietto di generi alimentari dove era riuscito a trascinare anche 11 giovane delinquente. Questa atmosfera di violenza, di ostentato guappismo non si limita alle bidonvilles o all'estrema periferia di Roma, investe ormai tutta la capitale, divenuta la città più rozza e proterva d'Italia, con manifestazioni di intollerabile inciviltà. L'altro giorno ero seduto sulla scalinata di Trinità dei Monti, nel limpido sole passavano gruppi di giovani straniere in abiti già estivi che avrebbero sostato volentieri in quella scenografia, forse la più bella del mondo, ma gruppi di giovinastri le molestavano deridendo le brutte e vecchie, corteggiando le giovani e graziose con frasi laide e risate volgari di cui le poverette comprendevano certo il significato perché subito scendevano di corsa la bella scalinata, diventata per loro un luogo di persecuzione. Le stesse scene, con prota¬ do La nlo 0. iMlillUMIIIM illll Illllllllllllllllllllllllll gonisti moralmente identici anche se diversi all'anagrafe, si ripetono un po' in tutta Roma, al centro come alla periferia, e sono il frutto di un sistema di vita che dovrebbe essere intollerabile in una città civile. I villaggi di baracche cresciuti come sordide fungaie ovunque vi fos¬ se un po' di suolo pubblico lllllltlllllllllllllllllllllltllllllllllllll tllllllll libero, hanno largamente contribuito alla formazione dì una sotto società torbida e rozza. La disoccupazione è la nota dominante fra i baraccati, dovuta talvolta alla reale mancanza di lavoro, ma sovente all'insofferenza per un'occupazione modesta e poco redditizia, e le schiere di giovani che non sanno come trascorrere le ore del giorno e della notte calano sul centro di Roma, a cercare merli da spennare. Fermo in via Veneto, osservavo il passaggio della gente, stranieri in maggioranza, ma tenevo d'occhio un certo numero di giovani che sostavano nei punti strategici della strada, occhi e orecchi tesi ad afferrare una frase, uno sguardo. Partivano a passo di carica per avvicinare il cliente, gli si appiccicavano addosso come mosche cavalline offrendogli svaghi d'ogni genere, per lo più turpi, parlando a voce alta con quelle quattro frasi d'inglese o francese approssimativo imparato d'accatto. Scene simili le avevo vedute a Tangeri, a Beyrouth, al Cairo; e mi si riproponevano a Roma, nella sua via più centrale, famosa nel mondo. Quelle giovani guide, avrei potuto giurarlo, terminato il loro lavoro di condurre gli stranieri alla scoperta di una Roma segreta ed innominabile, sarebbero tornati a notte alta nelle baracche di Borgata Gordiani, del Tufello, di Acquedotto Felice, scavalcati i letti messi a terra in cui solitamente dormono mischiati fratelli, sorelle e genitori, si sarebbero buttati sul giaciglio dopo aver accuratamente ripiegato l'abito buono che gli consente di comparire nelle vie del centro con aria rispettabile ed avvicinare gli stranieri di riguardo. Mi domandavo quanta colpa hanno direttamente per l'esistenza scellerata che conducono e quanta ne abbiano le autorità che, quindici anni dopo la fine della guerra ancora consentono il sopravvivere delle bidonvilles, dove la miseria fisica e morale fermenta e lievita. Porsi quesiti simili è pericoloso, si entra in un ■ giro vizioso dal quale è difficile uscire. Le autorità permettono che quasi sessanta mila persone vivano in covili indegni per esseri umani, ma molti che avrebbero i mezzi per abitare in alloggi decenti preferiscono comperare l'automobile, la motoretta, la televisione e rimanere nelle baracche a rivoltolarsi in sordidezze di ogni genere. Appena sistemati nella baracca, molti dei nuovi cittadini romani, soprattutto i giovani, hanno una sola preoccupazione, avere il telefono. In numerose baracche visitate, ho veduto il nero apparecchio, simbolo di degradazione morale in questi casi, infisso ad una precaria parete di assicelle. Il telefono è lo strumento indispensabile per determinate attività assai diffuse nelle bidonvilles, le ragazze che nel primo pomeriggio si fanno la tintarella al sole su sconnesse sedie, fra cumuli di rifiuti, potrebbero essere chiamate da un istan- te all'altro per una prestazione. Non si allontanano mai troppo dalla soglia della loro capanna lebbrosa, il telefono potrebbe squillare. Dai borghi di baracche, col pianto dei bimbi denutriti ed il torvo rancore degli uomini disoccupati, alita su Roma il fiato greve dei- l'immoralità e della delin quenza, contro cui non valgono le prediche, né le speculazioni demagogiche; se si vuole risanare la capitale è necessario costruire case popolari per tutti i baraccati, costringerli ad abitarle e distruggere gli immondi covili. Ed è necessario farlo presto, perché i bimbi che ora giocano fra le immondizie e vedono già tutto ciò che fanno i grandi, di giorno e di notte, possano respirare un'aria meno infetta. Francesco Rosso