Morto a 90 anni il produttore Arturo Ambrosio che creò a Torino Ia cinematografia italiana di Giorgio Lunt

Morto a 90 anni il produttore Arturo Ambrosio che creò a Torino Ia cinematografia italiana Xell9 ospedale di Pancalieri dove due anni fa era spirata la moglie Morto a 90 anni il produttore Arturo Ambrosio che creò a Torino Ia cinematografia italiana Dai suoi teatri di posa uscirono quasi 1500 film, con la partecipazione di grandi attori: la Duse, Novelli, Tina di Lorenzo - L'accordo con D'Annunzio per filmare le sue opere - Nel 1943 aveva lasciato la sua attività • Stroncato da un attacco di broncopolmonite (Nostro servizio particolare) Fancalieri. 25 marzo. E' deceduto all'alba di stamane, nell'ospedale di PancaMeri, il comm. Arturo Ambrosio, pioniere della cinematografia italiana. Aveva novanfanni ed era giunto nel piccolo Comune piemontese una ventina di giorni fa, ospite di una figlia e del genero, avv. Clara. Proveniva da Roma, dove trascorreva gran parte dell'anno presso un'altra figlia. Era convalescente di un'influenza, le sue condizioni si aggravarono appena arrivato a Pancalieri Una broncopolmonite lo costrinse a farsi ricoverare all'ospedale, dove un paio di anni addietro si era spenta la mo¬ glie. A poco a poco declinò, nella scorsa notte entrò in agonia e alle 5 cessò di vivere, conservando fino all'ultimo piena lucidità di spirito. Arturo Ambrosio era stato il vero creatore della cinematografia italiana. Al favoloso mondo della celluloide aveva dedicato l'intera esistema. Sul piano internazionale, il suo nome può stare degnamente accanto a quelli di Pàthé o di Zukor. Nato a Torino nel 1869, si era diplomato in ragioneria ed aveva cominciato a lavorare come commesso in un negozio di tessuti. Più tardi aveva aperto un negozio di ottica e fotografia in via Santa Teresa. La sua passione per l'arte fotografica e per gli esperimenti della cinematografia avevano trasformato il piccolo negozio in una specie di salotto culturale, dove convenivano gli artisti-fotografi piemontesi. Nel 1904, dopo un viaggio a Parigi, Arturo Ambrosio pensò di « girare > un documentario sportivo con un nuovo modello di macchina da presa acquistata in Francia. In collaborazione con Roberto Omegna tradusse in pellicola la prima corsa automobilistica Susa-Moncenisio. Nello stesso anno « girò » un cortometraggio sulle manovre degli Alpini al Colle di Ranzola. La nuova attività lo affascinò al punto da trasformare in rudimentale stabilimento cinematografico parte di una villa che possedeva, al n. 187 dello stradale di Nizza. Nacque così la « Film Ambrosio e C. ». / primi interpreti delle sue pellicole * a soggetto » furono i filodrammatici della Camera del Lavoro; ballerine, equilibristi, comici provenienti dai « varietà». Ottenne subito largo successo, anche all'estero. Nel 1908 sviluppò l'azienda, costituendo una società anonima. Nel nuovo teatro di posa di via Catania furono realizzati i primi tre film che fecero epoca: « Gli ultimi giorni di Pompei* protagonista Lydia De Roberti, e due documentari del suo collaboratore Omegna: « Caccia al leopardo » e « I centauri », dedicato ai cavalleggeri di Pinerolo. Nove anni dopo, Arturo Ambrosio impiantava a Torino, in via Mantova, uno stabilimento cinematografico che era il più perfetto d'Europa. Scritturò decine di attori, i cui nomi divennero presto famosi. Per le pellicole di maggior impegno non esitò ad assicurarsi interpreti d'eccezione: da Eleonora Duse a Ermete Novelli, da Tina Di Lorenzo ad Armando Falconi ed altri. La maggior parte del successo era merito della sua larghezza di vedute, della versatilità del suo fiuto commerciale. Per assicurarsi la supremazia sugli altri produttori esteri, comprese che era indispensabile offrire al pubblico film più grandiosi, con interpreti migliori e soggetti più avvincenti. I suoi «operettisti» avevano nomi celebri nel campo della letteratura: come Alfredo Testoni, Guido Gozzano, Giovacchino Forzano, Sandro Camasio e Nino Oxilla, Nino Berrini. In questo campo, il < colpo » più clamoroso l'Ambrosio lo fece a Parigi nel 1911 stipulando con Gabriele d'An nunzio un contratto in base al quale il poeta-soldato si impegnava a cedere alla Casa ci nematografica i diritti di portare sugli schermi tutte le sue opere, garantendo inoltre una produzione di soggetti a scadenze fisse. Sorta come una piccola ditta a carattere artigiano e soprattutto dilettantistico, la « Ambrosio Film », si impone al mondo con la forza del suo ideatore e con la qualità delle pellicole sfornate a getto con finuo, sui temi più diversi. Agli attori e attrici di grido — fra i < divi » superstiti di quell'epoca fascinosa potremmo citare Gigetta Morano, Mario Bonnard, Giovanni Cimara e pochissimi altri — si affiancavano registi non meno esperti, come Luigi Maggi, Febo Mari, Augusto Genina, Alessandro Rosenfeld e molti altri. Lo stesso Ambrosio si cimentò con bravura nella difficile attività di regista. Il peso e l'importanza della « Ambrosio Film » nel mondo della cel luloide è dimostrato da un significativo particolare: l'attrice americana Leslie Carter giunse un giorno a Torino, con tutta la troupe, dagli Stati Uniti per « girare » negli stabi!ime?iti torinesi una pellicola dedicata alla Du Barry. L'epoca d'oro di Arturo Am¬ brosio durò circa vent'anni. Dai suoi teatri di posa uscirono quasi 1500 film, che portarono in tutto il mondo il buon gusto e la sensibilità della cinematografia italiana, sia pure con le manchevolezze tecniche e gli effetti talvolta ingenui che caratterizzavano il € muto ». Dopo la prima guerra, nel 1918, la Casa passò ad un gruppo finanziario milanese e Arturo Ambrosio entrò a far parte dell'Unione cinematografica italiana». L'impresa non diede i frutti sperati, e Ambrosio si ritirò nei suoi poderi in Toscana, dedicandosi agli svaghi preferiti: il giardinaggio e la viticoltura. Nel 1921 la nostalgia per il cinematografo lo riprese,struggente. Si associò ad un industriale bergamasco, Armando Zanotta, con il quale realizzò tre film: H giro del mondo di un birichino di Parigi, La nave e Theodora. Dopo un'altra lunga pausa nell'attività a cui si dedicava con uno slancio giovanile; nel 1935 aveva trascorso alcuni mesi in Palestina e Trans giordania, per « girare » — su invito dell'Ordine francescano — un documentario sui luoghi santi. Tornò ancora al suo mondo di celluloide nel 1939, come direttore di produzione della « Scalerà ». Nel 1943 diede il definitivo addio ai teatri di posa, alle macchine da presa, alle pazienti e sfibranti fatiche che ogni pellicola degna di questo nome richiede. Da allora, Arturo Ambrosio Miiiriiiiiiriiiii ili ■>■ 11111 ! 11 i 1111 ■ 11111 ■ iti i ir tciiiiir i alternava tra i quattro figli la sua vita, ricca di ricordi e di rimpianti. I due figli maschi lavorano anch'essi nel campo della cinematografia, uno a Milano l'altro a Roma. L'età non impediva al comm. Ambrosio, fino a poche settima ne addietro, di intraprendere da solo il viaggio da Torino a Roma, o di qui a Milano, per abbracciare i nipoti. Le spoglie di Arturo Ambrosio saranno portate domani mattina a Torino, dopo un ri to nella cappella dell'ospedale di Pancalieri. Il feretro giungerà al cimitero generale alle 10, per la tumulazione nella tomba di famiglia. Giorgio Lunt Arturo Ambrosio, il pioniere del cinema Italiano iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiia