Perché in molte aziende si licenziano le donne che contraggono matrimonio?

Perché in molte aziende si licenziano le donne che contraggono matrimonio? Inchiesta condotta da una commissione de tra 3835 lavoratrici Perché in molte aziende si licenziano le donne che contraggono matrimonio? I risultati esposti dall'on. Emannela Savio - Su cento che lavorano 46 sono nubili, 44 coniugate, 10 vedove o separate - Le assenze femminili sono doppie di quelle maschili - Il divario delle retribuzioni: dal!'8 al 32 per cento in meno a parità di mansioni - Le proposte presentate al ministro del Lavoro All'inizio del novembre '59, La Stampa aperse un dibattito tra le lavoratrici a proposito di un problema vivamente sentito: il licenziamento in caso di matrimonio. La polemica ebbe vasta eco, in tutti gli ambienti sindacali, sociali e politici. Persino l'organo vaticano intervenne per richiamare le associazioni dei lavoratori cristiani ad uno studio accurato del problema. Furono promosse indagini da parte delle Acli, della Cisl, delle commissioni del lavoro. L'on. Emanuela Savio, l'unica donna deputata del Piemonte nell'attuale legislatura, ha consegnato ora al ministro del Lavoro Zaccagnini un'accurata inchiesta-campione condotta tra le lavoratrici torinesi: c Mi è sembrato — ci ha detto — che per stabilire con esattezza la portata del fenomeno, fosse necessario partire da una base concreta: un'inchiesta condotta con garanzie tali da vincere i timori delle stesse interessate, le quali logicamente preferiscono il silenzio alla minaccia di perdere il lavoro >. Per questa indagine, < in prima sulla situazione reale delle lavoratrici in una provincia dove la mano d'opera femminile ha una densità molto alta*, l'on. Savio ha affiancato alla Commissione regionale di studio del Movimento femminile de una seconda commissione, formata interamente di esperte: assistenti sociali, slndacaliste, Insegnanti. L'incarico di coordinare i risultati è stato assegnato alla prof. Deaglio Rivarono, esperta di problemi sindacali. L'inchiesta è stata condotta su 18 aziende torinesi scelte nei settori seguenti: credito e assicurazione, abbigliamento, tessile, plastico, metalmeccanico, elettrico, chimico, cartario ecc. Un complesso di 8615 dipendenti del quali 3335 donne: 2209 operaie, 1026 impiegate. Nelle 18 ditte considerate, il personale femminile rappresenta il 37,5% dei dipendenti. Tra le donne oltre il 68% sono operaie, il 32% impiegate. La maggioranza della mano d'opera femminile (16%) è formata da nubili. Le coniugate rappresentano U44%. Il restante 10 per cento è formato da vedove e separate.Il 59% delle donne entrano al lavoro tra i 15 e i 20 anni; tra i 20 e i 30 la percentuale si abbassa al 27%. Scende di un balzo all'8% tra 1 80-35 anni ed è appena del 6% per donne superiori a questa età: casi rari, in genere dovuti all'abilità professionale singola. Nel primo anno molte donne abbandonano il posto; si rendono conto della propria insufficienza di fronte al ritmo di lavoro, all'impegno e all'abilità richiesta. La costanza si stabilizza a partire dal quinto anno in poi. Sono poche le donne che hanno a carico, in qualità di capofamiglia, uno o più figli: nemmeno il 5%. Ma raggiungono il 13% quelle che devo no provvedere ai genitoriquasi tutte nubili. Le assenze delle donne dal lavoro sono circa il doppio di quelle degli uomini. Questo è il problema principale, secondo l'on. Savio< E' chiaro che il maggior nu mero di assenze della mano d'opera femminile incide sul costo della produzione. Anzi tutto per il rallentamento delniitiiiiiiiiiiiiftiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiii lavoro e per il disagio che viene all'imprenditore dalla necessità di provvedere alla sostituzione ». Qual è il motivo delle assenze? <Si * potuto accertare per la prima volta — dice l'on. Savio — che le assenze non sono dovute tanto alla maternità, quanto al compito familiare a cui la donna lavoratrice non può sottrarsi: dovere di assistenza verso i figli, ma anche ve:so il marito o i genitori anziani. E' un problema sociale di grande importanza, che non può essere trascurato ». Come si rivale il datore di lavoro contro questo rischio? Anzitutto con il divario, purtroppo ancora esistente, tra salario femminile e maschile a parità di mansioni. In secondo luogo con la clausola di nubilato che esiste nella maggioranza delle ditte prese in esame, soprattutto in quelle con poco personale. < Abbiamo riscontrato — prosegue l'on. Savio — differenze salariali tra uomo e donna che vanno dall'8% nel settore tessile al SB% nel settore cartario. E' una favola clidsdd che la donna renda meno dell'uomo: a parità di mansioni il rendimento è identico. Il divario delle paghe svile base di una scarsa valutazione del lavoro femmin'l" ò quindi dovuto a palese ingiustizia. Il primo punto da rag giù,hffe re, quindi, è il pareggiò delle retribuzioni base. Lo Stato dovrebbe dare l'esempio concedendo alla moglie che lavora di percepire gli assegni familiari se il marito è disoccupato o malato, ed ammettendo la reversibilità della pensione al marito, in caso di morte della moglie ». Per aggirare l'ostacolo della clausola di nubilato, i sindacati hanno sollecitato Ilo aumento degli assegni familiari ravvisando in questa strada la possibilità per la donna di attendere alla casa <Non condividiamo interamente questa impostazione — ha affermato l'on. Savio —. Prima che all'aumento degli assegni, pensiamo si debbano modificarne i destinatari ». « Ci rendiamo conto — ha proseguito — del peso economico che rappresentano per le aziende le assenze delle don¬ 11111111 11111 11 111M111 [ 1 ! 111 ne. Secondo noi, la difficoltà potrebbe essere superata qualora, come avviene ad esempio in Inghilterra, si ammettesse la prestazione d'opera femminile, su richiesta delle interessate, a orario ridotto. « Una Cassa integrazione pagata dagli operai potrebbe coprire le spese. In questo caso non si parlerebbe più dell'illecito licenziamento per martrimonio. La donna non perderebbe l'abitudine al lavoro e l'abilità acquisita. Ne verrebbe salvaguardata inoltre la dignità e la personalità. In questo senso abbiamo sollecitato dal ministro l'istituzione di un rapporto di lavoro a tempo ridotto, in via sperimentale ».

Persone citate: Deaglio Rivarono, Emanuela Savio

Luoghi citati: Inghilterra, Piemonte