Un piccolo prete nero, capo del Congo ex-francese sogna una grande federazione dell'Africa Latina di Giovanni Giovannini

Un piccolo prete nero, capo del Congo ex-francese sogna una grande federazione dell'Africa Latina PARADOSSI DI UN CONTINENTE TRA IL NAZIONALISMO E L'INFLUSSO EUROPEO Un piccolo prete nero, capo del Congo ex-francese sogna una grande federazione dell'Africa Latina L'abate Fulbert Youlou quattro anni fa si presentò candidato alle amministrative di Brazzaville, contro l'ordine dei superiori ■ Fu l'inizio di una carriera sfolgorante : ora è Presidente della Repubblica, ha tre francesi bianchi fra i suoi ministri, progetta di unire in un solo Stato gli indigeni dal Ciad all'Angola Ha fatto molto per la loro indipendenza, ma è fedele alla civiltà degli ex-padroni: « Ci sentiamo uniti (dichiara) dalla cultura latina e dalla lingua francese » (Dal nostro Inviato speciale) Brazzaville, marzo Solo il grande fiume, che qui è largo cinque chilometri, separa la capitale del Congo belga, Lóopoldville, da quella del Congo ex francese foggi repubblica indipendente in seno alla. Communautéj, Brazzaville. Splendida, Léopoldville domina con i suoi grandi modernissimi palazzi, con i suoi quartieri nuovi o in costruzione, con- i suoi 400 mila abitanti; Brazzaville regge male al confronto con la sua aria di vecchia e trasandata cittadina coloniale, con una popolazione di 80 mila persone soltanto. Dietro la metropoli costruita dai belgi, c'è un impero sterminato dalle ricchezze favolose e ci sono 14 milioni di congolesi; dietro la città dei francesi, un paese grande poco più dell'Italia, con meno di un milione di africani, con risorse scarse o n<fn ancora sfruttate. Ma, a parte queste differenze quantitative, il fiume non divide ma unisce i due paesi: uguale è la razza degli abitanti bakongo, uguale la religione, gli usi e i costumi e la lingua sia quella indigena, il kikongo, sia quella appresa dagli europei, il francese. Proprio attraversando il fiume — venti minuti di battello — si comprende come non sia insensato il sogno vagheggiato da Kasa Vubu e dai nazionalisti di Léopoldville, di ricreare l'antico regno del Congo, riunendo insieme l'ex colonia belga, l'ex colonia francese e l'Angola ancora portoghese. Con l'Angola, ferreamente controllata da Lisbona, c'è poco da fare per il momento: ma col paese al di là del fiume, l'obbiettivo appare raggiungibile in un futuro molto meno remoto. La République du Congo — come gli altri tre micini paesi dell'ex Africa Equatoriale Francese, le attuali repubbliche del Ciad, del Gabon e la Centroafricana — optò nel referendum del '58 per la indipendenza in seno alla Comunità Francese; ma i quattro paesi stanno per chiedere a Parigi una più ampia, totale libertà in tutti i settori. E la Francia, secondo le ripetute ed anche recenti dichiarazioni di De Gaulle, non ha intenzione di opporsi. Ottenuta la piena indipenza, il Congo ex francese sarà pronto ad intendersi col Congo ex belga. Fin d'ora, i maggiori esponenti congolesi sull'una e sull'altra riva del fiume filano d'amore e d'accordo. Da Léopoldville, l'orgoglioso Kasa Vubu fa professione aperta di stima e di devozione per Fulbert Youlou, presidente della République, capo del governo e sindaco di Brazzaville, il quale a sua volta è largo di complimenti, consigli e benedizioni per il leader dell'Abaco. I due agiscono di comune accordo, tutti sanno che Fulbert Youlou ha avuto un'indiretta ma non piccola parte negli avvenimenti che cosi rapidamente hanno portato all'indipendenza del Congo belga, tutti concordano nell'attribuire un ruolo preponderante nell' attuale momento politico nell'intera Africa Centrale a questo piccolo abate nero sospeso dal suo vescovo <c a divinis ». Quattro anni addietro, il reverendo Fulbert Youlou, sconosciuto prete congolese sulla quarantina, divenne di colpo famoso per la sua decisione di presentarsi alle prime elezioni amm.- strative della zona non ostante il veto dell'Arcivescovo di Brazzaville. Nell'atmosfera di acceso nazionalismo, la conseguente sospensione « a diuinis » inflittagli dal capo della diocesi si rivelò utile per l'abate che iniziava, con l'aureola del perseguitato, una rapida trionfante carriera. Passava contemporaneamente e abilmente da posizioni estremiste ad altre estremamente moderate ; era lui a far prevalere nel novembre del '58 la tesi della adesione alla Comunità Francese, contro quella del distacco. I metodi del nostro abate non sembrano essere sempre stati dei più ortodossi; la lotta con gli avversari si è spostata spesso dalle aule parlamentari alle piazze, e gli scontri sono stati molti e sanguinosi fino a culminare nelle stragi di Brazzaville di un anno addietro, quando i seguaci del suo partito (ma soprattutto di razza bakongo,) si azzuffano con i membri del partito di opposizione (ma soprattutto di razza embochi;. Il quartiere nero di Poto Poto è teatro di una battaglia in piena regola fra neri che hanno una benda bianca attorno alla testa, ed altri che hanno una fascia bianca al braccio; morti e feriti sono centinaia, non diventano migliaia solo per l'intervento di truppe francesi. Vittoria piena dei bakongo. Non c'è più traccia di opposizione in questo paese, che il dolce abate governa con mano di ferro: è la prima cosa che tiene a dichiararci nell'intervista che ha concesso ad un collega della radio olandese ed a me. Avevo telefonato da Léopoldville per avere un colloquio con questo straordinario personaggio, temendo i consueti sospetti e le solite difficoltà africane, e l'appuntamento mi era stato invece immediatamente fissato nel tardo pomeriggio. All'arrivo del traghetto a Brazzaville, c'è ad aspettarmi lo stesso ministro delle informazioni, .il signor Christian Jayle, un francese (come altri tre ministri della République), figlio e fratello di grandi medici parigini, che qualche anno addietro è capitato qui per caso, si è messo a far politica in mezzo ai congolesi, è diventato presidente della assemblea parlamentare — e fu lui, bianco, a proclamare l'indipendenza del nuovo Stato nero — ed oggi è il braccio destro dell'abate. Attraversiamo in macchina Brazzaville verso l'abitazione del presidente. < Sospeso o no, "a divinis" — mi avverte il ministro — lui si considera sempre prete, e I la veste talare non se la leva | mai*. L'avvertimento è utile, ma non basta a rendere meno irreale la scena che mi si presenta nella luce violenta e nei colori esasperati di un incredibile tramonto: il presidente mi attende davanti ad una palazzina bianco calce, accanto ad una sentinella congolese dalla più smagliante delle uni/or- mi, sotto un gran vessillo nazionale verde-giallo-rosso, su un prato scintillante di smeraldo; e lui stesso è in perfetto abito talare di un candido immacolato, rotto da una gran fascia di un nero lucido come quello del volto mite e giovanile. La sentinella presenta le armi, il presidente gradisce gravemente i nostri omaggi, ci guida con solennità in una sala, fa versare dell'ottimo whisky, e dà inizio all'intervista, che si traduce nella lettura di un testo già preparato che ci consegnerà pregando di non mutare una parola. Un documento ben fatto e interessante; c'è anche anticipata la risposta alla domanda più importante, sui piani che vengono attribuiti a lui e a Kasa Vubu per un « Grande Congo ». « Il Congo belga — l'abate legge piano in un francese dolce e chiaro — sta per diventare indipendente. Quando ci sono eventi importanti in una famiglia, è logico che tutti i membri ne discutano insieme. Il popolo bakongo si è insediato da secoli sulle due rive del fiume, e mai nei secoli i legami lianno cessato di essere strettissimi fra le due frazioni. Oggi che l'Africa assume un nuovo volto e si avvia verso un nuovo destino, gli uni e gli altri non possono non preoccuparsi del loro comune avvenire in uno spirito fraterno ». E' una dichiarazione importante, è la conferma di un obbiettivo che consiste nella riunificazione di tutti i congolesi delle ex colonie di Francia e del Belgio (e, anche se diplomaticamente l'abate non ne fa cenno, dell'Angola Portoghese). La meta di Fulbert Youlou, dicono quelli che lo conoscono bene, è in realtà ancora più ambiziosa: egli vorrebbe includere nella nuova immensa federazione anche il Camerun e gli altri tre Stati dell'ex Africa Equatoriale francese, il Gabon e il Ciad e la Repubblica Centroafricana (già Vbangui-Shari). Era un'idea che prima di lui aveva lanciata il presidente della Centroafricana, Barthélemy Boganda, morto un anno addietro in un incidente aviatorio. (Era anche lui prete ma, a differenza di Youlou, aveva gettato la tonaca alle ortiche). « Io sono nato nel Congo — diceva Boganda — e sono diventato ubanghiano. Della mia tri- ■ bù una parte si trova nel Congo Belga, un'altra nell'Ubangui, un'altra ancora nel Ciad. Ma ciò che forma un vincolo essenziale fra tutti noi è ia lingua francese e la nostra cultura latina: perciò io credo fermamente nell'avvenire di ciò che deve chiamarsi Africa Latina così come si parla di un'America Latina>. Stupefacente: un immenso movimento. nero che per la sua unità si richiama non alla propria razza, ma alla lingua e alla cultura europea, e che oggi ha come suo principale esponente questo piccolo abate, che è e si proclama tenacemente prete cattolico romano. Tocchiamo improvvisamente questo tema fra l'imbarazzo evidente dei suoi consiglieri neri e bianchi, e l'unico a non scomporsi sembra lui: « Purtroppo la suspensio a divinis è sempre in atto, coll'Arcivescovo di Brazzaville non c'è niente da fare, intendo ormai ricorrere più in alto, alla Santa Sede; verrò anzi quanto prima a Roma per presentarmi al Papa, spero ardentemente che il mio caso disciplinare possa essere risolto ». (*Ha perfettamente ragione — mi dice il giorno dopo un'alta autorità ecclesiastica — prete è e prete resta, e in fin dei conti non. ha mai dato scandalo. Senza tener conto — aggiunge il prelato sorridendo — che questo prete è capo oggi di un piccolo Stato, domani forse di uno Stato immenso. Non son cose da trascurare, di questi tempi >). Non son cose da trascurare, non è da sottovalutare questo piccolo, mite abate nero, che nel salutarci accenna ad un gesto benedicente: una figurina tutta bianca rotta dalla fascia nera come il suo volto, come la notte che è scesa fulminea su Brazzaville. Giovanni Giovannini 200 400 «00 800 1000 L'abate Fulbert Youlu, presidente del Consiglio della Repubblica del Congo (Tel.)

Persone citate: Christian Jayle, De Gaulle