"Qui non ce guerra,, di Giuseppe Dessì al Gobetti

"Qui non ce guerra,, di Giuseppe Dessì al Gobetti te prime del Teatro Stabile di T'orino "Qui non ce guerra,, di Giuseppe Dessì al Gobetti Nei tre atti di Giuseppe Dessi (Qui non c'è guerra), v'è un lungo racconto drammatico e paesano e v'è un motivo di polemica ideale, un'appassionata dichiarazione di umanità. Nel racconto paesano ritornano modi cari al naturalismo, figure e tipi e casi, paesaggio e psicologia; ma all'autentica o simulata obiettività e indifferenza di naturalisti e veristi è sostituita, per quella idealità di giustizia e d'amore propria del Dessi, una partecipazione al destino dei personaggi, una pietà e carità che esprimono l'intima, ben modulata unità, e la sofferta e affettuosa delicatezza, di tono e di fantasia, di un'opera di per sé episodica, e forse un po' slegata. Slegatura narrativa e descrittiva, S&...COSÌ si vuol dire, voluta dall'autore e che tende a illustrare con successivi tocchi di colore, e indugiata progressione, il complesso dramma non solo di questo o quel personaggio ma di un intero mondo di creature, che a stento e dolorosamente escono dal vortice della guerra. E' il passaggio dal disordine all'ordine; ma che cos'è l'ordine? Il concetto varia di molto a seconda degli stati d'animo, dei pregiudizi, della cupida avarizia, degli egoismi, e c'è un ordine di fatto, duro e crudele, che coincide esclusivamente con gli interessi non solo di una classe ma delle singole persone, e c'è un ordine morale che nasce dal tumulto e dalla coscienza e dalla speranza, e può apparire sovvertitore e non è che equo e riparatore. Dessi, che l'anno scorso in questo stesso teatro ottenne un bellissimo successo con La Giustizia, sente siffatti problemi con sensibilità poetica, con finezza d'artista. L'azione si svolge in Sardegna, nel 1944, quando già i tedeschi avevano abbandonato l'isola agli alleati, ed erano cessati i bombardamenti ed una relativa tranquillità permetteva alla gente, attonita e dispersa, di ritornare alle case, di riprendere il corso della vita. Strana vita rotta, confusa, piena di eccessi e di lutti, di coraggio e di brutture, di inquietudine e di licenza: fiducia e disperazione. Tra quelli che non possono sperare più c'è il conte Scarbo. Era stato un aviatore brillante e ardito, ora è un vecchio ammalato inguaribile: ma lotta ancora, non si lascia ancora sopraffare dalla morte, perché attende, ancora attende suo figlio. Il ragazzo s'era arruolato sette anni prima nelle Brigate Internazionali in Spagna, e il padre da quel giorno ha aspettato di vederlo rientrare. Dentro, nel segreto dell'anima, forse aveva sempre saputo la verità, ma senza arrendersi, senza cedere. Ora un nipote, paracadutista dell'esercito di liberazione, gli pprta la certezza: quel figlio è stato fucilato dai tedeschi. E Scarbo si lascia morire. Scarbo è un personaggio-chiave nel dramma; trascolora in lui l'inconscio slittamento dal passato all'avvenire, qualcosa che si perde per sempre e che pur ha dischiuso, romanticamente, il presentimento del futuro, fremente e nuovo. E accanto a lui è un altro personaggio-chiave, anzi senz'altro il personaggio protagonista. E' una donna, è Susanna, governante campagnola, presunta amante del conte, prodiga della sua giovinezza a tutti i maschi che incontra; ma questa ragazza che frequenta i soldati. americani, libertina e sfrenata, ha un cuore profondo, una pienezza d'affetto, di dedizione, di carità che la innalza su tutti. A Scarbo ha dedicato la sua tenace tenerezza, lo chiama nonnino, lo assiste, ne allevia la pena; e ovunque ci sia bisogno di una parola, di un gesto di coraggio e di bontà, Susanna accorre. V'è in lei un che di aspro e riottoso, di spensierato e un po' folle, quasi di sfacciato; ma v'è soprattutto, orgogliosamente, una nobiltà e una purezza d'anima che fanno della donna ribelle, e quasi ribalda, una specie di strana messaggera celeste. Il personaggio nella rappresentazione di Iersera, al Teatro Stabile di Torino, era affidato a Lilla Brignone. E allora diciamo subito che l'attrice eccellente ha tratteggiato e modellato la bizzarra figura con commovente agrezza, con sofferenza soavu. In questi tipi, in queste figure che sono acerbe e quasi astiose al di fuori, ed hanno dentro una patetica grazia che si rivela a dispetto e contrasto, e si effonde, e piano piano ti prende il cuore, Lilla Brignone è parti colarmente brava, penetrante e vittoriosa. Anche iersera abbiamo visto il personaggio nascere e crescere in lei, e dalla spregiudicatezza aggressiva, insolente della prima scena comporsi, e approfondirsi e consu-1 marsi nella collera generosa, nel patimento, in una smemoratezza e fantasia ultima, che soltanto più ai morti e a una sognata pace si volge, come a un estremo rifugio. Susanna dunque, per ritornare al testo, conduce la sua guerra contro i sordidi parenti di Scarbo che rappresentano l'altra faccia della società, quella che non pensa ai poveri. Avidi, soltanto si curano dell'eredità del vecchio, e di sottrarla a Susanna, e ad ogni altro; e la cupidigia identificano (eccoci al motivo polemico cui si accennò in principio) con il senso stesso dell'ordine sociale e di un presunto diritto antico. Attorno a questi De Luna, e alla loro ipocrita « impeccabilità» di notabili e signori, si aggira servile e complice o sordamente inquieto tutto il paese. Gli episodi che illustrano questa caccia spietata all'eredità rientrano in una caratterizza zione scenica abbastanza sfruttata, se pur intensa Non li seguiremo minutamente; ricor diamo piuttosto qualche altro personaggio che aggiunge luce e ombra al quadro: la giovane Rita, protetta da Susanna, che sta per essere madre, e al vicibo campo d'aviazione fa scop¬ pitaunràCaeglanetequmpefodorotrgural'uste zafrddpaaOe ptosìapEhgLSsiè stricddlainnBvsqqtvdppsDvdcdlslltlveScstAmcpmRsltccfiGdhddBvnmnmlnni piare una rissa, ed è violentata; e Manlio, figlio naturale di un fratello di Scarbo che morirà in combattimento; e il dottor Cabrano, leale, onesto, anche egli personaggio non nuovo alla drammaturgia, ma franco nel disegno. Tutta questa gente si raggruppa alla fine, ed è questo il senso ultimo del dramma, su due poli opposti: quelli pei-quali non c'è più guerra (e forse non c'è mai stata) e che dopo il tumulto riparano nel loro ben difeso egoismo; e gli altri pei quali (Rita, Susanna) la guerra continua. Perché guerra è la condizione stessa dell'uomo che non si chiude in se stesso, ma che insiste, sconfitto e p'ur pieno di oscura speranza, ad amare coloro che soffrono. Di Lilla Brignone abbiamo detto. Filippo Scelzo, attore di accentuata dizione e di plastica espressività, ha dato al vecchio Scarbo un respiro ampio e drammatico. Giulio Oppi, con naturalezza accorta e subdola, ha rilevato del cupo De Luna i segni più pit toreschi e scenici. Luisa Ros sì è stata una Rita di bella apparenza e ingenuità. Sem pre bravi Bertolucci, Ortolani, Enrici. Una vecchia popolana ha avuto da Mercedes Brignone aderente naturalezza, La scenografia dì Mischa Scandella è imponente e mas siccia. Sul breve palcoscenico è stata eretta una gran co«j struzione, su toni grigi e ne-i ri, alta, profonda e vasta, che con quella luce di pietra già! dona ai personaggi un colore! d'anima. (Ma nella piccola sala ci è parsa tuttavia troppo incombente). Nominiamo infine il regista. Gianfranco De Bosio ha dato la miglior prova della sua intelligenza e sensibilità nella penultima scena, quella delle condoglianze, quando Scarbo è appena morto e i paesani vengono a far visita ai parenti. Sono gruppi diversi e avversi, signori e popolani, spregiudicati o superstiziosi: il sussurro velenoso si alterna alla preghiera. De Bosio ha regolato il movimento, gli spazi, il ritmo delle voci, lo stacco degli accenti, in modo che vorremmo dire ottimo. Fu uno spettacolo arioso e delicato, pieno di sfondi, di allusioni, di singolare evidenza pittorica. Tutto lo spettacolo, del resto, è stato da lui condotto con bravura. Tuttavia l'intensità della bella rappresentazione, che si rivela nei particolari e negli episodi, è stata contraddetta dalla lunghezza e monotonia di un testo nobilissimo ma un po' opaco, dall'insistenza su una sola tonalità senza variazioni scattanti, dai lenti indugi, da un che di funereo. Sicché le reazioni del pubblico, pur attento e rispettoso, furono piuttosto riservate. Era una « prima assoluta >, come si dice, e le opere di teatro devono fare il loro cammino: a contatto del pubblico via via si schiariscono, e convincono. Iersera gli applausi hanno salutato i vari quadri e alla fine, cordiali e rinnovati, hanno chiamato più volte gli interpreti alla ribalta, e il regista e l'autore. f. b.

Luoghi citati: Lilla Brignone, Sardegna, Scarbo, Spagna, Torino