Ghelardi confessa, difende gli altri imputati ma non dice come usò il miliardo truffato di Gino Nebiolo

Ghelardi confessa, difende gli altri imputati ma non dice come usò il miliardo truffato In quattro ore di Interrogatorio al Tribunale di Savona Ghelardi confessa, difende gli altri imputati ma non dice come usò il miliardo truffato Con precisione ha ricostruito vent'anni di raggiri - "Avevo sempre paura; bastava una telefonata a fare crollare tutto,,-A una domanda del presidente è balzato in piedi con una mano al petto: "Dichiaro formalmente che ho sempre agito da solo: non ho avuto complici,, (Dal nostro Inviato speciale) Savona, 23 febbraio. Leandro Ghelardi, il « ragioniere miliardo », si è deciso a parlare In quattro ore di udienza, tutte dedicate aliti sua' deposizione, ha descritto il colossale imbroglio che gli permise di portar via dalle casse del comune di Savona — di cui era alto funzionario centinaia di milioni. Senza scomporsi ha ammesso gran parte dei fatti che l'accusa gli'addebita. E' stato preciso, di una precisione matematica, da buon contabile, nel lungo racconto di vent'anni di raggiri. Soltanto per un attimo è parso evastvo e confuso, vicino a perdere la calma: quando il presidente del Tribunale gli ha chiesto dove è andato a finire il denaro estorto, Ghelardi ha finto di non capire, s'è portato le mani alla testa. Poi ha accennato vagamente a speculazioni rovinose, a debiti da tamponare, alle spire mortali di avidi strozzini. In tasca, del miliardo e più, non gli sarebbe rimasto nulla. Che cosa spinse l'irreprensibile e zelante impiegato comunale a compiere la grande truffar L'udienza si è aperta con questa domanda. L'imputato, che ha preso posto su una sedia di fronte al presidente, dott. Ribaldone, ed è circondato da una diecina di avvocati, risponde con voce chiara: « Avevo una situazione familiari' difficile, il mio tenore di vita era troppo elevato. Mi ero messo a commerciare in quadri d'autore e in gioielli e ho subito perdite gravi. Da principio credetti di risolvere ognt problema prendendo de¬ naro a prestito, ma i soldi non bastavano. Allora pensai di approfittare del mio incarico in Comune e cosi incominciò, se mi si passa il termine, la emorragia di quattrini dai fon. di municipali ». Con termini esatti il ragioniere espone il suo infallibile sistema. Dice che le sue manovre finanziarie si possono dividere in due periodi: dal ' taso al i9',e — primo periodo ,— ?gi\ ti dedicò ad estorcere soldi alla Tesoreria, del Comune, alterando semplicemente le cifre dèi mandati dì pagamento. La cosa gli fu faci\e, ma non molto redditizia perché le complicate registrazioni dei mandati gli impedivano di aumentare troppo le cifre. Dovette quindi escogitare una nuova tecnica, la mise in atto nel 194S — inizio del secondo periodo — e riuscì a perseguirla, senza essere scoperto, fino a pochi mesi prima di essere arrestato, nell'estate del 10S8. Dalla Tesoreria, Ghelardi si rivolse alla Esattoria. Di redola questi uffici, gestiti da banche, si limitano a riscuotere le tasse comunali e non effettuano mai pagamenti diretti Il ragioniere, sfogliando vecchie carte, scopri che una volta il Comune, a corto di denaro, aveva ottenuto dalla Esattoria un anticipo di un milione sulle rate delle tasse. Egli fece la stessa operazione, ma a proprio vantaggio; e qui l'impiegato modello si rivela abilissimo falsario. Falsifica una ordinanza del Comune in cui si chiede un anticipo sulle rate dei ruoli di imposte, per lavori pubblici e saldo di fat- banca t ture dei fornitori del Municipio; poi aggiunge i documenti necessari, falsi tutti quanti: lettere del sindaco, lettere della prefettura, delibere della Giunta provinciale amministrativa, e decine di altri fogli di garanzia. Presidente — E con tutta la documentazione vi siete presentato alla sportello della Ghelardi — Sì, prospettai la cosa al cassiere come una normale pratica ed ebbi il denaro in assegni. Da quel pforno ho continuato a falsificare e ad incassare. Avv. Ciurlo (parte civile) — afa esistono norme che regolano i pagamenti: la Esattoria avrebbe dovuto versare i soldi alla Tesoreria, non a voi; come siete riuscito a riscuotere t Ghelardi (con un sorriso divertito) — Io non sono un ipnotizzatore, caro avvocato; in banca ho detto che il Comune era disposto a corrispondere gli interessi sulla somma che prelevavo e la difficoltà fu superata agevolmente. Nel 1946, nel 1947 e nel 1946 il Ghelardi effettuò i suoi colpi più grossi: riuscì ad impadronirsi, con il solito sistema della documentazione falsa, di tutti i tributi comunali; per tre anni fu come se i savonesi avessero pagato le tasse a esclusivo beneficio del funzionario. Alla Tesoreria, durante quel periodo, non arrivò mai una lira: tanto che, restato senza liquido in cassa, per pagare i mandati, gli stipendi, i fornitori, ecc., il Comune dovette ricorrere, tramite la Cassa di Risparmio, ad anticipazioni, e sulle anticipazioni pagò regolari interessi, per coprire i quali fu poi necessario un intervento dello Stato. E' questo forse l'episodio più clamoroso della forsennata attività del Ghelardi: nessuno se ne accorse, nessuno se ne allarmò; egli potè proseguire indisturbato. Presidente (all'imputato) — Voi agivate tranquillamente senza timori, anche quando le somme che riscuotevate erano elevatissime t Ghelardi — Io avevo sempre paura: sapevo che bastava una telefonata, un incontro qualsiasi perché tutto il mio castello di carte false crollasse; non c'era neppure bisogno di una ispezione vera e propria per scoprirmi. Presidente — Da parte delle autorità comunali non vi fu mai domandata una spiegazio ne sull'esatto importo delle tassef Ghelardi — No, quasi mai; io godevo della stima generale. Il raggiro, sempre più perfezionato, si protrasse fino al giorno in cui la Banca di Novara fece presente al Comune che la situazione contabile era molto confusa. La Giunta incaricò l'assessore alle finanze Bavassano di effettuare un controllo e riscontrò che le cifre fornite dall'ufficio tributi quelle dell 'ufficio ragioneria erano in contrasto. L'assessore ebbe i primi sospetti e chiese alla Esattoria un rendiconto dei ruoli. Ghelardi, saputa la cosa, falsificò in fretta a fu ria anche il rendiconto in cui dimostrava che il bilancio era regolare. Si era nel giugno 1958 e l'estremo tentativo del fun zionario andò a vuoto: egli fu smascherato e arrestato. Ghelardi — Vorrei però precisare che io avevo smesso di falsificare i mandati già nel mese di aprile 1958. P. M. — Macché, lei mente! Lei si era ipotecata persino la rata delle tasse di ottobreli tribunale vuol sapere dove il Ghelardi ha messo il miliardo che ha truffato e il ragioniere tentenna, si turba, diventa èva sivo: «/ soldi che ho preso mi servivano soltanto per pagare acconti di debiti che avevo contratto e non mi erano mai sufficienti: i debiti erano superiori di tre, quattro volte Gli usurai mi hanno rovinato, insieme con le mie disastrose speculazioni». Però non precisa quali speculazioni fossero le sue e di quale portata. — Se è vera la storia delle speculazioni e voi vi trovavate sull'orlo del traodilo, perché avete comperato una villa a Spotomo, perché vi siete messo a commerciare in gioielli e quadrit Ghelardi — Avevo sete di denaro. Acquistavo un gioiello senza pagarlo, il gioielliere mi faceva firmare una cambiale con una somma superiore del doppio, io correvo a rivendere il gioiello a metà prezzo per pagare, i debitori. « Non avete mai fatto traffici di cocaina e di merci di contrabbandot » domanda in/Ine il presidente. Dopo il breve smarrimento, il ragioniere è ritornato padrone' di sé e risponde impassibile: * L'opinione pubblica savonese mi attribuiva traffici loschi e io non smentivo le voci in modo da giustificare il mio tenore di vita ». L'ultimo argomento della udienza riguarda le che aiutarono l'ex-funzionario\ a incassare gli assegni emessi dalla Esattoria: chi erano gli intestatarit Ghelardi sostiene che nei primi tempi prendeva nomi a caso e falsificava le gi¬ .252JfJ55| "ì \ rate; poi ricorse ad amici (Basso, Gramegna, Solari, Setti: al cuni degli imputati a piede li bero). Nessuno di essi avrebbe mai sospettato la provenienza truffaldina del denaro: ricevevano gli assegni, li riscuotevano, si trattenevano una provvigione, restituivano il resto a Ghelardi. Nel gioco entrò anche un impiegato di banca di Vado Ligure, Domenico Penna (altro imputato), il quale cam biava gli assegni senza il minimo sospetto. La versione del ragioniere sembra non convincere il presidente: « E' possibile che tut te queste persone non abbiano avuto dubbi sul modo con cui ricavavate quei soldi? Si trat tava di decine di milioni alla voltai Non sono per caso vostri complicit » Ghelardi balza in piedi e si porta una mano al petto: « Dichiarò formalmente — esclama ad alta voce — e categoricamente che io ho sempre agito da solo. Vorrei .essere creduto, non ho avuto | compiici, ho avuto soltanto de ìgli amici». Su questa teatrale affermazione il tribunale chiude l'udienza: l'interrogatorio proseguirà domattina. Gino Nebiolo II rag. Ghelardi lascia l'aula dopo l'udienza (Telefoto)

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