Goebbels per la Bàarova era disposto a lanciare Hitler ed esiliarsi in Giappone di Massimo Conti

Goebbels per la Bàarova era disposto a lanciare Hitler ed esiliarsi in Giappone L'ATTRICE È TORNATA DORO 22 ANNI SULLE SCENE TEDESCHE Goebbels per la Bàarova era disposto a lanciare Hitler ed esiliarsi in Giappone II miniatro della propaganda nazista la conobbe ai suoi esordi, giunta da Praga, e se ne innamorò - lollerò di essere schiaffeggiato da un rivale, voleva abbandonare carica e famiglia; il Fuehrer affidò il "caso,, alle SS che allontanarono dal Reich la bella Lida - L'uammaliatrice» ritrova in Germania un successo forse aiutato dalle nostalgie (Dal nostro corrispondente) Dusseldorf, febbraio. «L'ha vista? E' ancora bella come una volta? Mi hanno detto che si è ingrassata... >. Il signore che mi assilla con queste domande ansiose nel ridotto del teatro di Dusseldorf, è un rubizzo industriale venuto appositamente da Francoforte per vedere Lida Bàarova., che è tornata, dopo ventidue anni, a calcare le scene della Germania. L'aveva ammirata tanto tempo fa, quando essa, la maliarda dal fascino slavo, faceva girare la testa a Goebbels e ai sommi gerarchi nazisti. E' impaziente e curioso di rivederla, ora. Il « ritorno > della Bàarova è in questo momento il più ghiotto avvenimento teatrale della Germania: c'è ancora il sapore piccante dei pettegolezzi e degli antichi scandali che eccitarono la passata generazione. II teatro della Berlinerallee, dove la Bàarova si esibisce in una frivola commedia francese, trabocca sempre di pubblico. Si vendono i biglietti con una settimana di anticipo. Sulla soglia dei cinquanta anni, Lida Bàarova non esita ogni sera a mostrarsi al pubblico in un sottile e quasi trasparente negligé che serve a dissipare tutte le apprensioni negli antichi ammiratori: è nel primo atto della commedia: < Monsieur Masure », di Claude Magnici', dove la protagonista principale, la languida Jacqueline, trova nel suo talamo due uomini. Uno è il marito, l'altro un intruso capitato in circostanze singolari nell'alcova della signora. Vuole l'autore che il terzo incomodo riesca a conquistarsi le simpatie di Jacqueline (marito consenziente) facendole credere di avere colto un suo momento di abbandono nella semincoscienza del sonno (Jacqueline abusa di sonniferi). E' un trucco tult'altro che inedito nel teatro e nel cinema, ma la gente si diverte lo stesso. Le situazioni • i dia¬ loghi boccacceschi del lavoro chiamano l'ilarità e gli applausi. Una musica jazz, rifatta sul tema della < Barcarola >, la canzone del primo film omonimo che rivelò la Bàarova, solletica piacevolmente i ricordi dei cinquantenni. E' questo un particolare omaggio del regista alla diva. Alla première, la Bàarova non potè trattenere qualche lacrima in piena scena, toccata anch'essa dai ricord;. Alla fine di ogni spettacolo la Bàarova riceve sul palcoscenico mazzi di rose rosse e rare orchidee, elargendo per riconoscenza fotografie e autografi. C'è indubbiamente del patetico in questo ritorno di Lida Bàarova avviata ormai sul viale del tramonto. «Ventidue anni di assenza dal teatro — mi dice la Bàarova — sono tanti... ». Stento a ritrovare la realtà di queste parole sul volto dell'attrice. E' uscita poco fa da un istituto di bellezza. Sarà il tocco sapiente del parrucchiere che le ha acconciato le chiome brune con un taglio corto e assai moderno, oppure il prodigio del trucco con grassi e vitamine: ma il bel volto ovale dagli alti zigomi, gli occhi lunghi, un po' languidi e un po' ferini, sono senza rughe visibili; appaiono — mi assicurano — quelli di una volta. La sua figura potrebbe fare invidia a tante ragazze tedesche di vent'anni. « Ho avuto molta paura tornando sulle scene per la prima volta: mi batteva il cuore come ad una attricetta debuttante. Ma il pubblico mi ha compensata con cordialissime accoglienze ». Forse però ha ancora un po' dì paura. Non sa se quegli ardori sono appena un tardivo e generoso omaggio alla maliarda dei tempi andati, e se vi abbia soprattutto la sua parte la curiosità della gente. Potrà chiarire i dubbi nelle settimane prossime, girando per i teatri delle principali città tedesche. « Sono piena di complessi — sus¬ surra —, ma farò del mio meglio per mostrare il mio talento ». Vorrebbe avere parti più impegnative, più cerebrali. Le piace personificare la donna complicata, la signora di mondo. Soltanto ora, prossima ai cinquanta, Lida Bàarova può cominciare a lavorare come avrebbe sempre voluto. « E' stato un brutto destino il mio; mi ha perseguitato per tutta la vita, negli anni migliori ». In effetti la celebre avventura con Goebbels e gli intrighi politici li ha scontati. Sembrava destinata ad una facile e splendida carriera, nel 1934, quando lasciò le scene di Praga (dove è nata) e cominciò a lavorare nei film della Ufa, nella capitale del Terzo Reich. L'avevano aiutata molto le amicizie dei potenti di allora. Conosceva anche Hitler: «Un uomo molto strano, con quel suo scuro sguardo di ghiaccio. Ricordo di essere stata Invitata da lui due volte, in occasioni mondane. Però non mi ha fatto mai una grande impressione...». C'era a proteggerla Joseph Goebbels, l'indemoniato banditore delle follie hitleriane. Emanava una forza magnetica, che si impossessò anche della giovane attrice; ma presto il romanzo divenne argomento di pubblico pettegolezzo. A Berlino si rideva degli infantili e incendiari messaggi d'amore di Goebbels alla bella Lida. Fròhlich, un noto attore tedesco anch'esso ammiratore della Bàarova, aveva affrontato un giorno il potente ministro della propaganda affibbiandogli un ceffone. Fròhlich, in tedesco, significa allegro, giulivo. E i berlinesi, lingue mordaci, se la spassavano contro Goebbels cantando in doppio senso « Einmaì mòchte ich fròhlich sein », " Una volta sola vorrei essere anch'io Fròhlich ". Correvano sul conto dei Goebbels voci di divorzio, e il Fuehrer, schiumante di rabbia, mandò a chiamare subito il suo ministro. Non soltanto Goebbels voleva separarsi dalla moglie, ma era anche riso¬ luto a lasciare la sua carica, facendosi trasferire come ambasciatore a Tokio: tutto per amore della giovane cecoslovacca. Hitler non voleva perdere il forsennato, insostituibile Goebbels. Questi, però, resistette, ed allora Hitler preferi affidare la « pratica » a Himmler, il capo delle SS. Una sera, alla prima di un film, una dozzina di agenti provocatori coprirono la Bàarova di volgari insulti. Due giorni dopo, in seguito allo scandalo, le SS accompagnarono l'attrice alla frontiera cecoslovacca. Erano cominciati i suoi guai, durati per oltre vent'anni. « Racconterò tutto in un libro di memorie. Bisogna che si sappia la verità» (fra l'altro, la Bàarova fu accusata di spionaggio). Il libro uscirà a Londra tra non molto. L'attrice si rifugiò in Italia, dove ebbe una parentesi felice; girò sei film, anche con De Sica, fra cui La Fornarina. Anche lì, però, la raggiunse la lunga mano di Himmler. Dovette ritirarsi a Praga (fu una specie di deportazione), dove visse sotto la vigilanza della Gestapo. Nel 1945 fuggi a Monaco; gli americani, però, l'arrestarono per collaborazionismo, riconsegnandola ai cecoslovacchi. Nelle prigioni di Praga, la polizia l'interrogò per sei mesi. « Sono stanca di questa vita di zingari », mi dice torcendosi le belle mani affusolate che si agitano senza sosta quando si parla del passato. Liberata finalmente dalle prigioni ceche, la Bàarova riparò in Austria, ma dovette andarsene anche di lì, perché la sua presenza non era molto gradita. Il destino la spinse da un paese all'altro, da Madrid a Buenos Aires (ora è cittadina argentina). Le domando con franchezza: « Sarebbe capace, nonostante tutto, di amare ancora .Goebbels?». « Se avessi venti anni di meno e non sapessi chi è Goebbels, allora, forse, ci penserei su. Goebbels ne aveva di amiche — soggiunge fissandomi con uno sguardo diritto, con una punta di orgoglio, — ma sono io, soltanto io, quella che ne ha sofferto... ». Lida Bàarova si esprime in un italiano fluido, senza accento, una delle sei lingue che ha imparato alla perfezione durante le sue peregrinazioni. Parla dell'Italia con simpatia, dice che le piacerebbe tornare a lavorare nel nostro paese. « Ma gli italiani non amano le attrici con più di venticinque anni ». Massimo Conti