La difesa della selvaggina è legata alla cura dei boschi

La difesa della selvaggina è legata alla cura dei boschi L'amminiitrqgione della caccia in Italia La difesa della selvaggina è legata alla cura dei boschi Sembra opportuno che l'organizzazione dell'attività venatoria sia attribuita agli Enti che si occupano del patrimonio forestale e dell'economia montana - Oggi le autorità provinciali hanno molti oneri, ma pochi mezzi per tutto quanto riguarda la caccia Una vera e propria amministrazione della caccia, almeno in Occidente, fu istituita dall'imperatore Diocleziano; e si hanno notizie che l'organizzazione venatoria di Carlo Magno non differiva sensibilmente da quella degli imperatori romani. Gli impiegati addetti alla caccia, specialmente nel Medio Evo, erano assai numerosi: alcuni tenevano la contabilità, mentre la grande maggioranza era costituita da funzionari tecnici, che si occupavano degli ausiliari della caccia, come « veltrarii », « beverarìi > ecc., adibiti alla cura e all'addestramento dei cari; numerosissimi i falconieri ed altamente rispettati; altri erano consegnatari e responsabili della conservazione e dell'installazione del materiato per le cacete chiuse. Vi erano inoltre impiegati particolarmente adibiti alla valutazione statistica della selvaggina esistente nel territorio della propria giurisdizione. L'amministrazione venatoria, col volgere dei secoli e coi progressi dell'agricoltura, si trasformò in amministrazione forestale. In altri termini, la amministrazione delle foreste è una trasformazione dell'amministrazione della caccia. Se consideriamo l'attuale amministrazione venatoria italiana, troviamo che essa, be ne o male, fa capo alla Direzione generale della Produ zione agricola del ministero per l'Agricoltura e per le Foreste. Richiamandomi a quanto ho dimostrato in articoli prece denti e cioè che in territorio libero non esiste quasi più selvaggina, se non in vicinanza delle riserve, e che questa è spesso dannosa alle colture agrarie, a spese delle quali la selvaggina si nutre e vive, ci chiediamo se la sede ministeriale più adatta per l'Ufficio della Caccia, e — aggiungiamo — anche per quello della pesca, non sarebbe nella Direzione generale delle Foreste e della Economia montana, anziché presso la Direzione generale della Produzione agricola. La selvaggina prospera in terreni boscosi, cespugliati ed incolti meglio che nei campi coltivati, dai quali l'agricoltura tende ad allontanarla. Se si considera che il territorio montano e collinare supera di gran lunga, in Italia, quello delle pianure intensamente coltivate, e che oggi si tende giustamente al rimboschimento su larga scala ed al ripristino di una economia silvo-pastorale, è evidente che si stanno creando condizioni favorevoli alla ricostituzione del patrimonio faunistico venatorio in tutta quella parte del nostro paese, che oggi richiama in particolar' modo l'atten zione del governo. E' stata anche presentata alla Camera una proposta di legge, d'iniziativa dei deputati Simonacci e Fracassi, per la costituzione dell'Azienda nazionale autonoma forestale, che prevede l'istituzione di una Stazione faunistica. Ci avviciniamo in tal modo all'ottimo sistema francese, vigente anche in altri paesi, che attrì buisce la tutela e l'incremento del patrimonio faunistico alla Direzione delle acque e foreste. Con lo sviluppo che il go verno intende dare al rimbo schimento e agli altri problemi della montagna, è evidente che il Corpo forestale dello Stato deve essere fortemente aumentato; esso è inoltre complesso organico più accreditato ad esercitare la vigilanza sulla caccia nei boschi e nei terreni della montagna. Il D.P.R. 10-6-1955, n. 987 che ha decentrato l'amministrazione della caccia dal ministero dell'Agricoltura e delle Foreste alle province, ha generato inconvenienti che conducono a conflitti di attribuzioni. E' strano, ad esempio, che il decentramento amministrativo, consìstente nella attribuzione alle province della materia venato ria (precedentemente di competenza ministeriale), non sia stato accompagnato anche da un decentramento sindacale ripristinando le Associazioni provinciali dei Cacciatori, con personalità giuridica propria, come era previsto dall'art 82 della legge sulla caccia del 1931. Si vorrebbe da molti che le decisioni riguardanti la costi tuzione di riserve e di casi di protezione passassero dal ministero alla province. Di fatto, oggi, tutta l'istruttoria relativa a tali Enti spetta alle province stesse. Questa disposizio ne decentrativa è giusta, per che sì tratta di valutazioni locali e non di carattere generale. Sarebbe semplice stabilire che se una decisione locale non è contrastata, è inutile rimetterla al ministero; ma quando porgono contrasti fra le parti, sembra opportuno che la decisione rimanga al ministero. Esistono inoltre nella legge vigente ed in parecchie delle proposte di legge presentate alla Camera, contraddizioni di principio. Ammesso il decen tramento biologico, contempla to dalla legge vigente, negli articoli che riguardano la zo na delle Alpi ed i comparti menti venatori, ammesso il decentramento amministrativo insito nell'attribuzione alle province della materia venatoria, non si concepisce invece l'accentramento sindacale in Roma di tutto ciò che riguar¬ dcclnposscp da l'organizzazione del cacciatori, i quali sarebbero sufficientemente salvaguardati nei loro interessi dalle Associazioni provinciali, che la legge vigente ha trasformato in semplici sezioni della Federazione, organo centrale. Facoltà ministeriali deferite alle Amministrazioni provinciali, ma Associazioni locali diminuite d'importanza di fronte all'Ente federale con sede in, Roma. Né questa è la sola contraddizione stridente che esiste nella legge ancora in vigore. Ve ne sono altre più gravi. Alle province è attribuito tutto l'onere della caccia, senza quasi alcun corrispondente finanziamento. I comitati provinciali della caccia hanno i compiti di vigilanza sull'applicazione delle disposizioni vigenti in materia venatoria, e devono provvedere e a tutte le niziative atte a conseguire 11 ripopolamento della selvaggina stanziale, anche mediante opportune immissioni, e alla repressione degli abusi in materia di caccia e di uccellagione a mezzo anche di apposite guardie >. In queste disposizioni è tutta la parte tecnica e sostanziale della caccia; ma il finanziamento per lo svolgimento di queste ed altre attribuzioni secondarie si riduce al 70 per cento delle sopratasse sulle li cenze di caccia, le quali costi tuiscono un cespite di entrata ridicolo di fronte al costo del la tessera di iscrizione, che il cacciatore è obbligato a pagare per ottenere la licenza di caccia, contrariamente a quan to prescrive l'art. 18 della Costituzione italiana. Alessandro Ghigi Rettore Universitario, Presidente per l'Italia della Commissione per la protezione degli uccelli

Persone citate: Alessandro Ghigi Rettore Universitario, Simonacci

Luoghi citati: Italia, Roma