I Paesi comunisti fissano a Mosca le condizioni per la coesistenza con l'Occidente di Alberto Ronchey

I Paesi comunisti fissano a Mosca le condizioni per la coesistenza con l'Occidente Concluso il convegno con una spettacolare cerimonia I Paesi comunisti fissano a Mosca le condizioni per la coesistenza con l'Occidente II documento insiste per lo sgombero di Berlino ed il riconoscimento della Germania Est - Fiducia nelle trattative al vertice • I giornalisti convocati all'improvviso per assistere alla firma - Gli accordi rivelati solo alcune ore più tardi (Dal nostro corrispondente) Mosca, 4 febbraio. I governanti dei paesi del Patto di Varsavia hanno firmato oggi a Mosca una dichia razione di principii o condizioni della coesistenza fra Oriente e Occidente, con un appello ai governi del basso Atlantico, e al mondo affinché si concludano accordi concreti per il disarmo generale, con una proclamazione di solidarietà verso i popoli ex-coloniali dello schieramento neutrale di Bandung con una rivendicazione del riconoscimento della Germania comunista e dello sgombero delle truppe occidentali da Berlino e con una affermazione di fiducia nel metodo dei contatti e delle trattative dirette ad alto livello. La dichiarazione occupa cir- ca ventidue pagine di protocollo ed è stata resa nota soltanto nelle prime ore di stamani. Vi si esprime, fra l'altro, la speranza che '« la prossima visita di Kruscev in Francia così come la visita nell'Urss del presidente Gronchi determinerà una miglior comprensione fra gli stati europei e contribuirà al consolidamento della pace nel mondo intero ». Un comunicato diffuso in pari tempo avverte che «1 paesl del Patto di Varsavia proseguiranno le loro consultazioni In vista della conferenza al vertice ». La cerimonia della firma è stata annunciata e si è svolta in modo assai singolare. Nelle prime ore del pomeriggio; tutti i giornalisti furono invitati a trovarsi alle 17, puntualmente, all'ingresso del Palazzo Grande del Cremlino, per assistere poi ad un « evento assai importante ». Alla nostra domanda per sapere di quale avvenimento si sarebbe trattato, fu risposto che l'argomento era ancora sottoposto al segreto. Verso le 17, all'ingresso del Palazzo Grande fummo accolti da un inserviente che ci guidò attraverso innumerevoli scale e corridoi, fra un vistoso viavai di generali e marescialli in alta uniforme, finché giungemmo nella Sala di Caterina, in cui troneggiava un gran tavolo addobbato secondo le regole che il cerimoniale prescrive per la firma dei trattati o di altri rilevanti documenti internazionali. Domandammo ai funzionari del protocollo quale accordo sarebbe stato firmato, e ancora una volta ci fu opposta la barriera del segreto. Avevamo appena cominciato ad osservare il fastoso arredamento della sala, fatta di tappezzeria di seta bianca e rossa e di pesanti ori, quando giunse un brusio dai locali attigui, al di là di due imponenti colonne di malachite, e subito comparvero tutti i massimi esponenti del mondo comunista: Kruscev in abito nero e decorazioni, guidava il gruppo, seguito da Gomulka, Ulbricht, Kadar, Cirankievicz, Grotewohl, Novotny, e quindi gli altri, capi partito e capi di governo di ogni Paese comunista europeo, fino agli < osservatori » cinesi, mongoli, coreani e vietnamesi. Si iniziò la sottoscrizione dei documenti allineati sul tavolo. Per ogni Paese, seduti su due poltrone attigue, firmavano il segretario del partito e il capo del governo. Prima il capopartito e poi il capo del governo. Firmarono, a turno, tutte le delegazioni. L'ordine delle precedenze seguiva quello delle iniziali dei nomi dei singoli Paesi in lingua russa e secondo l'alfabeto russo: Albania, Bulgaria, Ungheria, Germania Orientale, Polonia, Romania, Unione Sovietica e Cecoslo vacchia. Quando fu di turno l'Unione Sovietica, Gomulka disse qualcosa, celiando, sul fatto che Kruscev avrebbe firmato due volte: l'una come segretario del partito e l'altra come capo del governo dell'Urss. Tutti risero, compreso Kruscev. Durante l'intero svolgimento della cerimonia il gruppo di coloro che aspettavano il loro turno o che avevano già fir¬ mato, sostava in piedi, conversando. Kruscev si intrattenne con Gomulka e con Ulbricht. Rideva spesso. Era Gomulka. che raccontando storie suscitava la sua ilarità. In fondo" alla sala, oltre agli osservatori dell'Asia comunista,' si raccoglieva un gruppo di alti ufficiali, capeggiato da Koniev, il comandante supremo del Patto di Varsavia. A conclusione della cerimonia, degli inservienti recarono alcuni vassoi carichi di coppe di champagne e il gruppo dirigente del mondo comunista brindò in silenzio. Quindi, alcuni funzionari ci dissero: « E' tutto. Potete andare ». < Ma che cosa hanno firmato?», domandammo. Ci fu risposto che l'avremmo appreso dalla. Tass, « senza dubbio ». Corremmo alla Tass, ma la notizia per la quale eravamo stati mobilitati dall'ora di colazione, doveva farsi attendere fino a stamani. Ancora a notte inoltrata si ignorava che cosa i massimi dirigenti del mondo comunista avessero firmato tra i flashes ed i riflettori. La Tass taceva e così pure radio Mosca ed i portavoce del ministero degli Esteri. La consegna del segreto era osservata rigorosamente, con puntiglio e quasi con compiacimento dalle fonti informate. Benché il segreto per se stesso sia palesemente e notoriamente tra i massimi I piaceri dei funzionari sovietici, la. vicenda non cessava di sorprendere gli osservatori stranieri. Perché convocare cento giornalisti, , mostrar loro solenne— mente la firma di alcuni documenti di « portata straordinaria», invitarli ad osservare in questo atto ben otto capi di governo e segretari di altri partiti comunisti, mantenendo poi segreto il significato della cerimonia? Abbiamo avuto fino a stamattina davanti agli occhi le sequenze di questo film muto, tentando di indovinare, di venirne a capo. Avrà influito probabilmente nella vicenda qualche preoccupazione propagandistica: per esempio, il desiderio di suscitare attesa e suspense. Alberto Ronchey