Il piano verde

Il piano verde Il piano verde Sebbene il testo definitivo del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa sia ancora ignoto e sia ancora in corso di elaborazione la corrispondente relazione al Parlamento, le notizie oramai certe sul cosiddetto « piano verde» consentono di formulare su di esso un primo giudizio. Come è noto, il « piano » : 1) prevede lo stanziamento in cinque anni di 550 miliardi di lire a favore dell'agricoltura; 2) dispone il reperimento dei fondi necessari prevalentemente attraverso il ricorso a mutui con il consorzio di credito per le opere pubbliche; 3) stabilisce criteri, obiettivi e settori d'intervento in relazione ai quali ripartire la spesa; 4) fissa, sia pure provvisoriamente, gli stanziamenti per ognuna delle voci considerate; 5) decreta, infine, laddove necessario, innovazioni normative atte a rendere più efficaci gli interventi finanziari. A un' primo sguardo, il « piano » sembra confermare il giudizio, che ne è stato dato nei giorni pasiati, « di un insieme di provvedimenti non collegati organicamente, formulati secondo la prassi tradizionale degli interventi sezionali ». A un esame più approfondito, tuttavia, esso appare piuttosto il punto di approdo, sia pure temporaneo, di uno studio accurato e realistico dei bisogni e delle possibilità d'intervento in agricoltura e di un ragionamento politico che potrebbe, se sviluppato, realmente preludere a una nuova politica agraria. Chi confronti, infatti, la natura degli interventi accettati nel piano con quella delle proposte sbandierate al riguardo negli anni passati non può non riconoscere, anzitutto, che si è tenuto fermo il rifiuto di un artificioso sostegno dei prezzi agricoli e di un più accentuato protezionismo, che era stato per anni il leit motiv di quelle proposte. In contrapposto il piano fa esclusivo affidamento, per 10 sviluppo dell'agricoltura, sull'aumento della produttività, la riduzione dei costi, 11 miglioramento della qualità, la valorizzazione commerciale dei prodotti, oltre che sulla più completa utilizzazione delle risorse naturali e così facendo resta sulla via maestra segnata da tempo. In questo quadro, il piano si ispira — ci sembra — ad un doppio criterio. Da un lato, infatti, mette esplicitamente da parte tutte le questioni di fondo della nostra politica agraria, politica fiscale, contratti agrari, riordinamento fondiario, riordinamento del credito, riordinamento dei servizi, ecc., di fronte alle quali — come l'esperienza passata ha dimostrato — le forze politiche sono diverse, le idee non sono ancora abbastanza chiare o le strutture amministrative sono ancora inadeguate. Dall'altro cerca di mettere ordine nella congerie di provvedimenti attualmente in vigore per l'agricoltura e di rivitalizzarli, assicurando ad essi un coordinamento, nuovi mezzi finanziari e nuovi indirizzi di spesa. Così impostato il piano potrebbe, indubbiamente, risultare pericoloso se gli mancasse un'intelligente e robusta applicazione. Esso, infatti, potrebbe aggravare il carattere disorganico che la nostra politica agraria ha da molti anni. Bisogna, tuttavia, riconoscere che, all'opposto, esso può diventare strumento efficace di rinnovamento, se — assicurati con esso alla sua azione mezzi e libertà di movimento — il Ministro in-, tende affrontare una per una le obiettive situazioni suscettibili di miglioramento e nello stesso tempo riorganizzare servizi e strutture amministrative e preparare nuove proposte, più aderenti alla realtà, per affrontare in un prossimo avvenire le questioni di fondo sopra ricordate. Che questa sia l'intenzione appare evidente, oltre che dalle dichiarazioni del ministro Rumor, dalla stessa articolazione del Diano di spesa. In questo i due terzi sono ancora una volta destinati agli investimenti fondiari, ma è esplicitamente detto che essi debbano unicamente servire: o a completare lo sforzo compiuto nell'ultimo decennio ( che non può senza grave danno esser lasciato a mezzo, specie nel campo dell'irrigazio¬ ne), o a incoraggiare gli investimenti più produttivi connessi alla conversione delle culture. Per il rimanente, i fondi sono destinati all'immediato miglioramento delle produzioni, particolarmente a quelle zootecniche; a un più efficiente e facile ricorso al credito di esercizio; al potenziamento delle attrezzature e dell'organizzazione dei produttori rispetto al mercato. Per oltre 20 miliardi, infine, i fondi sono assegnati ad un potenziamento della sperimentazione, della ricerca economica e della assistenza tecnica, cioè a cose che hanno gran bisogno di essere potenziate e riorganizzate. Basta questa ripartizione dei fondi a indicare come il problema del piano, a partire da oggi, si sposti. Il giudizio nei suoi riguardi si potrà avere, infatti, non più in termini generali, bensì sapendo dove e come i soldi si spenderanno, quali strutture organizzative si accetteranno e quali si respingeranno, come in concreto il coofdinamento tra interventi diversi si realizzerà in un determinato comprensorio e così via. Il « Piano verde », cioè, - nato realisticamente da un'empirica valutazione delle necessità e delle possibilità d'intervento — ha bisogno adesso di creare e far seriamente funzionare, accanto al Ministro, organi capaci di scegliere e controllare i singoli interventi, facendone così di fatto un piano di sviluppo della nostra agricoltura. Manlio Rossi-Doria

Persone citate: Manlio Rossi-doria, Rumor