Vita di una ragioneria
Vita di una ragioneriaVita di una ragioneria 76 anni - Suo padre era direttore di ferrovia, la nonna contessa, il nonno medaglia d'argento di Carlo Alberto - Lenta decadenza d'una famiglia Sola e senza casa, con una pensione di 9 mila lire, passa le giornate davanti a una tazza di caffè in un bar in attesa che si apra il dormitorio pubblico A un tavolo del caffè di corso Dante annoio via Ormea, c'è sempre, dalle 8 alle 19, un'anziana signora con i capelli bianchi, lo sguardo velalo di tristezza. Talvolta si distrac accarezzando il Ratto, in altri momenti gira la testa verso il muro c silenziosamente piange. E' una ragioniere, sola, ammalata, in miseria. Sta nel caffè per scaldarsi e aspettare che si riapra l'asilo notturni di via Ormea 11!) per andare a letto. Si chiama Maria Cegnato, è nata 76 anni fa a Torino. La sua vita s'inoltra in un tramonto di angoscia e di povertà dopo avere conosciuto gli agi c il decoro di un ceto al quale da tempo non appartiene più. Suo padre; geometra e cavaliere della corona, era, all'inizio del secolo, direttore di una fabbrica di prodotti chimici di Milano. Guadagnava tanto da permettersi d'avere carrozza e cavallo. A 18 anni lei, Maria, si diplomò in ragioneria. Era una dello poche donne che affrontavano gli studi. Poi suo padre venne a Torino e passò a dirigere una società ferroviaria. « Avrei potuto vivere tranquillamente senza lavorare — racconta lei, — ma ero dinamica, desiderosa di fare. Mi Iscrissi all'Università e mi occupai presso l'azienda diretta da mio padre, come contabile. Nel 1923 il babbo mori improvvisamente. Io non seppi resistere là dove lui era stato al mio fianco ogni ora del giorno e mi licenziai ». Si occupò presso una fabbrica di saponi, poi presso una di lampade e una di liquori. Gli anni passavano. «Mia madre — ripren- La ragioniera Maria Cegnatde a dire — s'ammalava spesso, era sempre bisognosa di cure o cosi l'unico mio fratello, più giovane di me di 14 anni. Ero il solo sftT ato rievoca le sue sventure a a o i i o a e , a i e n a sostegno della famiglia». Dopo la fabbrica di liquori Moria Cegnato fu assunta come impiegata del Tribunale e vi rimase 14 onni. Intanto era passata la guerra, le sventure si erano accumulate sul la sua famiglia: la madre mori nel '45, dopo una lunga e costosa malattia con successivi interventi chirurgici; Maria aveva dovuto vendere le due casette che suo padre aveva lasciato, una a Lanjzo e una a Viù. Un anno dopo era morto suo fratello. La vita si faceva più difficile. Ora la ragioniera imparava a conoscere anche gli sportelli del Monte Pegni. Trovò da occuparsi presso l'ospizio di corso Casale e vi fu anche accolta come pensionante. Nel '55 seppe che l'unico parente, un sacerdote, a Si Dalmazzo di Rivalba, era ammalato e privo di assistenza. Abbandonò l'impiego e andò a curarlo. Nel febbraio 'G9 anche lei sì ammalò di ulcere varicose alle gambe e fu ricoverata al S. Giovanni. Vi rimase quattro meri. Al ritorno a alba non trovò più lo zio: si aggravato e l'avevano ricoverato al Cottolengo. Era sola. Da un palo di mesi s'è ridotta a dormire all'asilo di via Ormea. « Alle sette suona la sveglia, bisogna uscire. Io vengo in questo bar — dice, e sì guarda attorno con occhio grato — prendo un caffè che mi dura fino a sera. A mezzogiorno mangio una minestra e una pietanza. Non mangio altro: la mia pensione di 9480 lire al mese va tutta qui. Un monsignore della Curia mi ha fatto un buono valido tutti i giorni per una minestra a mezzogiorno in via Assietta e una alla sera in vìa Nizza. Ma come faccio, io, a camminare, se le gambe quasi non mi reggono e se non ho scarpe? ». Alza il piede per mostrare le pantofole di maglia che non pos sono certo affrontare la neve. Sta rannicchiata nel paltoncino nero, liso e sfilacciato, che ha il bavero di peluche di cotone. « L'Eco non mi assiste perché ho la residenza a Rivalba e a Rivalba si scusano affermando che non hanno soldi. Aspetto di entrare al Cottolengo ». Maria Cegnato apre una borsa stinta e unta che porta sempre con sé e che contiene tutte le sue cose. Vuole mostrarci la copia della domanda inoltrata al Cottolengo. Ma fra le carte del suo passato sbucano fuori fotografie, gialle, sgualcite. Le accarezza con mano trepidante. « Mia nonna, la madre di mio padre, era contessa, la contessa Caterina Garelli di Gattlnara. Mio nonno, Giovanni Cegnato: nel 1848, sul campo di battaglia, salvò 11 suo tenente ed ebbe, la medaglia d'argento. Mia zia... >. ssscsgdnsfSsS
Persone citate: Carlo Alberto, Caterina Garelli, Eco, Giovanni Cegnato
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