Un treno lanciato a 90 all'ora deraglia su un ponte a Monza: 15 morti e 124 feriti

Un treno lanciato a 90 all'ora deraglia su un ponte a Monza: 15 morti e 124 feriti Disastro ferro viario siile 8 di mattina tra la nebbia Un treno lanciato a 90 all'ora deraglia su un ponte a Monza: 15 morti e 124 feriti L'impalcatura in ferro e i relativi binari erano provvisori - Velocità consentita: dieci chilometri orari - Il macchinista, che è morto sul colpo, forse non ha visto i segnali - Due vetture si schiantano sul capannone di una fabbrica dopo un salto di cinque metri - I rimanenti vagoni gremiti di operai si rovesciano prima di cadere nel vuoto-Scene di orrore negli scompartimenti fra cadaveri straziati, feriti che gémono e invocano aiuto -Il convoglio andava da Sondrio a Milano (Dal nostro inviato speciale) Monza, 5 gennaio. Lanciato a oltre 90 all'ora, in un tratto di linea, alla periferia di Monza, che avrebbe dovuto percorrere alla velocità massima di 10 l'ora, il diretto Sondrio-Milano è balzato stamane dai binari provocando un disastro di eccezionale violenza. Quindici vittime, orrendamente sfracellate, sono il bilancio dell'impressionante sciagura, alle quali si aggiungono 76 feriti gravi, di cui cinque in condizioni disperate, e 48 feriti leggeri. Sul luogo della catastrofe si stende una scena terrificante. Venendo dalla strada s'incontra una vettura di prima classe penetrata per metà in un capannone di un lanificio flav.i '■ iggiante la linea ferrata; è coricata sul fianco destro, dopo aver percorso, strisciando sul terreno sconvolto, una cinquantina di metri. Oltre il muro della fabbrica, nella sede ferroviaria ma /uori del binario, è il locomotore. Alcuni metri dietro la primo vettura ce n'è un gruppo di tre, rovesciate sul fianco sinistro. Fra queste e la prima vettura si trova una -minuscola < soo >, presa dal ciclone dell'urto, sballottata e fracassata. Un poco più avanti, sempre in direzione di Monza, si apre una larga voragine profonda oltre cinque metri, d'un sottopassaggio in costruzione; dal ponte ohe lo sovrasta sono precipitati il bagagliaio e una vettura di F, rimasti in bilico fra i binari e il fondo del sottopassaggio. Ancora sulla sede ferroviaria, e in corrispondenza del ponte, altre due vetture, una inclinata a sinistra, una diritta. Infine le ultime tre vetture del treno sono rimaste sul binario. Dentro gli scompartimenti, visioni che danno le vertigini. I sedili verticali delia prima vettura,- quella coricata sul fianco, rendono l'immagine del disastro. Sembra di vedere il disperato scompiglio dei viaggiatori sballottati, ammucchiati nel fondo, urlanti di dtsperazione e d'angoscia, presi nella morsa dei ferri che straziavano le loro carni, paralizzati dal terrore della morte, che tuttavia giunse per alcuni fulminea e per altri fu una lenta inesorabile marcia. Ancora rimangono i resti di una umanità serena e ignara che andava al lavoro — un migliaio di viaggiatori, in prevalenza operai — travolta d'improvviso nel vortice di una tempesta senza scampo. Giornali e riviste, fazzoletti, schegge di vetro dei finestrini, brandelli di indumenti, un mucchio di uova fracassate in u,n miscuglio di tuorli e di gusci, e sangue, sangue, a chiazze, a spruzzi, che va lentamente raggrumandosi. Rotaie divette dalle traversine, spezzate nette come biscotti dalla violenza dell'urto; correla staccati, contorti; grosse putrelle d'acciaio piegate, scaraventate lontano come dall'impeto di un'esplosione. Un troncone di rotaia ha perforato una vettura, è penetrato nell'interno, ha scavato fra i viaggiatori, ha trafitto e dilaniato un prete. Un altro troncone di rotaia è penetrato da un fianco della vettura, ha perforato il corpo di una donna. Spettacoli allucinanti agli occhi dei primi soccorritori, come quello di una ragazza di cui non è stata ritrovata che la testa ma non il corpo, ancora imprigionato nel groviglio di ferri e pietre. Ed ora il cronista si ferma angosciato, ha già detto troppo per la pietà del lettore. La.sciagura ha avuto cause imprevedibili. Per eliminare un passaggio a livello alla periferia di Monza, un paio di chilometri prima della stazione sulla linea di Sondrio, era stata decisa la costruzione di un ■ sottopassaggio in corrispondenza di viale Libertà. I lavori erano cominciati nello scorso ottobre, e l'amministrazione' ferroviaria aveva provveduto a rinforzare i binari con un ponte che sovrasta il trincerone del sottopassaggio. Il ponte è stato costruito alla perfezione, e infatti stamane ha resistito egregiamente allo sconquasso del treno che lo ha percorso fuori dei binari, dopo esser deviato. Diranno i tecnici che il deviamento è stato provocato dall'eccesso di velocità oon cui il treno ha affrontato il tratto delicato delle rotaie che corrono sul ponte, neoessariamente malferme. . Infatti ai macchinisti era stato ordinato di percorrerlo alla velocità massima di dieci chilometri l'ora, appunto per evitare vibrazioni che avrebbero potuto provocare la fuoruscita delle ruote dai binari. Milleduecento metri prima del ponte erano stati collocati i segnali regolamentari per avvertire i macchinisti di ridurre la velocità. Di notte tali segnali sono ripetuti da fanali, che vengono spenti quando fa giorno. Accenderli la sera e spegnerli il mattino è compito del casellante Giuseppe Garzaro, di 48 anni, titolare del casello situato al quinto chilometro, tra Manza ed Arcare. Egli è stato questa mattina l'unico testimone della sciagura, e per caso non ne è stato a sua volta vittima. Ecco il racconto fatto dalla sua viva voce, ancora sconvolta dall'emozione: *Mi sono salvato per miracolo — egli comincia col dire —. Proprio perché al momento del disastro, invece di balzare a destra sono balzato a sinistrar. Ieri sera Giuseppe Garzaro aveva acceso regolarmente i lumi di segnalazione di rallentamento, e stamattina alle 8, gli spettava di spegnerli. « Sono uscito dal casello alle 7,40, e in bicicletta, percorrendo il sentiero che fiancheggia i binari, mi sono recato al se gnale collocato 1S00 metri prima del ponte. Era già giorno chiaro, c'era nebbia, ma la vivibilità era buona. Sono poi arrivato al ponte sempre seguendo il sentiero che corre sulla sinistra dei binari. Lì giunto ppsai la bicicletta e a\ piedi cominciai a traversare i binari per spegnere l'altro segnale. Saranno state le 8 e un paio di minuti, avevo appena sentito suonare te sirene degli stabilimenti. Il diretto 341 che da Sondrio doveva arrivare a Monza alle 7£9, aveva dunque qualche minuto di ritardo. « Mentre attraversavo i binari lo sentii arrivare. Andava forte. Andava troppo forte, certo era sui noVanta, e li doveva arrivare al massimo a dieci l'ora. Ebbi subito la sensazione d'un disastro. E feci un balzo, diversamente il treno mi sarebbe precipitato addosso sfracellandomi ». Giuseppe Garzaro si copre gli occhi con le mani e tace qualche minuto. « Dopo il bai. zo — prosegue — mi voltai e dalla nebbia vidi sbucare il treno. Dalle ruote uscivano fiamme, segno che U macchinista si era accorto del suo errore e aveva frenato con la rapida. Subito dopo il treno si avventò sul ponte, e avvenne il finimondo. Un fracasso spaventoso, interminabile. Sibili, rumore di ferraglie, scintine che uscivano da tutte le parti, vetture che schizzavano come impazzite, scivolavano, saltavano in aria, si aggrovigliavano. Poi un attimo di silenzio, seguito subito da un coro agghiacciante di urla, di gemiti, di invocazioni d'aiuto ». ' Ancora una volta Giuseppe Garzaro tace, si copre il volto con le mani. « Ero inebetiti! — riprende — paralizzato dal terrore, dall'angoscia. Ma. mi ripresi subito. Corsi al vicino passaggio a livello, .col telefono-di servizio del casello avvertii la stazione di Monza, dissi di telefonare subito al pronto soccorso, c'erano decine e decine di feriti'. Li sentii urlare e gemere più forte quando tornai indietro. Intanto dagli stabilimenti vicini erano giunti numerosi operai. Aiutai qualche ferito a mettersi in salvo. € Salii sul locomotore, che nella corsa fuori del binario aveva divelto un traliccio della corrente e aveva la cabina fracassata. Dal finestrino vidi il macchinista Piero Vacchini, seduto, immobile, la testa, china, le mani incrociate sul petto. Dal bacino in giù era tutto fracassato. Era morto sul colpo. Sul pavimento gemeva l'aiuto macchinista Andrea Giuliano, anche lui fracassato. Poi arrivarono infermieri, vigili del fuoco, medici ». L'opera di soccorso è stata immediata, imponente, genero-, sa. Tutte le ambulanze di Monza, e di; Milano sono state mobilitate, insieme con i pullman e tè macchine di passaggio, per trasportare i feriti all'ospedale. I medici e gli infermieri si sono prodigati per curarli. I vigili del fuoco e il personale ferroviario si sono dedicati con prontezza all'opera di estrazione dei cadaveri imprigionati fra i rottami. Per alcuni è stato necessario ricorrere alla fiamma ossidrica per^ tagliare le lamiere. Si è detto delle condizioni in cui alcuni erano ridotti. Non diciamo di più. Giuseppe Farad Una terrificante visione del disastro mentre ferve l'opera di soccorso. Uno dei vagoni del convoglio dopo un salto di cinque metri si è abbattuto sul capannone di una fabbrica distruggendolo • schiacciando un'auto L'impressionante documento fotografico della catastrofe ferroviaria di Monza. I primi due vagoni dei diretto 341 sono usciti dai binari precipitando nella scarpata mentre orollava parte dal viadotto in costruzione. La altra vetture hanno continuato ha corea oieoa • poi hanno deviato rovesciandosi oon mi tremendo frastuono

Persone citate: Andrea Giuliano, Giuseppe Farad, Giuseppe Garzaro, Piero Vacchini