La marea di fango e di rovine ha restituito finora 323 cadaveri di Gino Nebiolo

La marea di fango e di rovine ha restituito finora 323 cadaveri A Fréjus aumenta di ora in ora il numero delle vittime aeeertate La marea di fango e di rovine ha restituito finora 323 cadaveri Sessantasette di questi non hanno ancora un nome - Un'altra insidia a questa martoriata zona: le acque hanno dissepolto alcune mine tedesche ancora intatte e altre forse ne ha trascinate lontano - Durante le febbrili ricerche dei dispersi un elicottero americano, colpito da avaria, ha dovuto posarsi sulle rocce: i due piloti sono feriti - Annunciata una visita di De Gemile dal nos tuo invia ro Fréjus, lunedì mattina. Cinque o sei ragazzini arabi giocano con un pallone nel cortile della scuola elementare. Le loro famiglie hanno perso tutto e si sono accampate nelle aule insieme con altri sinistrati. In un angolo del cortile un soldato dà alle fiamme mucchi di lenzuola, bende e coperte servite per avvolgere le salme. Si sprigiona un odore che ammorba l'aria, ma nessuno sembra farci caso. La città ne è impregnata da giovedì e la gente non lo sente più, et si è abituata; come si è abl- tuata ogni pomeriggio alle 15, ai funerali delle vittime affiorate dal fango a mano a mano che l'acqua si abbassa. Ragioni igieniche hanno con sigliato le autorità ad ordinare che le inumazioni siano accelerate senza perdere tempo. ] morti ancora da identificare vengono fotografati, le foto grafie serviranno ai parenti per riconoscerli. E' una procedu ra che ricorda la guerra, crudele e sommaria, ma è indispensabile se si vuol tenere lontano lo spettro delle epide mie. Anche ieri ventisette bare erano allineate nella piazza Vevnet davanti alle scuole. In torno alle casse un centinaio di persone, soltanto i parentiIn pochi minuti il prete le ha benedette e subito J camion militari le hanno portate al ci mltero. Durante lo t- uallldo tristissimo funerale i ragazzi ni arabi non hanno smesso di giocare, né in città la vita si è interrotta. Era domenica, la prima domenica dopo la catastrofe. Ma non se ne vedevano i segni. Fréjus ha continuato, come fa da quattro giorni, a frugare nelle macerie, a portare fuori dal pantano le poche cose che l'acqua non ha distrutto, a seppellire i suoi morti. Anche ieri dal cielo gli elicotteri hanno scrutato metro per metro il terreno martoriato dalla valanga d'acqua, esplorando le zone dove non è stato ancora possibile mettere piede. Un elicottero della Marina americana, che partecipava a queste operazioni, ha avuto un guasto al motore ed è stato costretto ad atterrare su un terreno roccioso presso Trayas, un villaggio a un miglio dalla devastata Fréjus. Il velivolo si è ribaltato; i due militari che erano a bordo sono rimasti feriti. La zona, ora, è insidiata da un altro pericolo. Le acque del' tusclcustvpsmzvmsmdcè- aIr, f,?rV^mE?£ „„X U;1g--j^_£6j^,.fgg» Y*& infami lucri infatti di alcune mine di|guerra tedesche, di. cui naturalmente si ignorava l'esistenza. E' uh miracolo se, mentre avveniva quel cataclisma Che ha fatto rotolare pietre e macigni, qualcuno di questi non abbia fatto esplodere quegli ordigni micidiali ancora efficienti. Sono state chiamate squadre di esperti per disattivarli. E si teme che altri ve ne siano, ancora nascosti dove furono sepolti o condotti chissà dove dalle acque, pronti a mietere altre vite umane. Si è capito che ieri era domenica dall'andirivieni delle automobili e dalla ressa alle porte della città. I curiosi, che non mancano nemmeno in queste tragiche occasioni, salivano alla diga di Malpasset, alcuni superavano gli sbarramenti dei gendarmi ed entravano in Fréjus: la tragedia li investiva di getto, camminavano per le vie con espressione sconvolta, passavano feretri e rovine come chi all'improvviso si trovi in un mondo nuovo e terribile. Non tutti però erano estranei attratti da un macabro guBto. Parecchi erano accorsi per abbracciare un ferito o per cercare un disperso. Abbiamo visto automobili con targhe italiane (Torino, Cuneo, Napoli, Reggio Calabria). Da Maiola di Cuneo, in Val Stu- ra, è arrivata la signora Maria Colombo in Musso. Non aveva notizie del fratello Angelo, im-plegato presso la segreteria di a a e i Jacques Yanez, situata, proprio sotto la diga di Malpas-i set. Nell'ufficio del nostro consolato ha appreso che la segheria è stata travolta dalle acque ed è scomparsa con dieci persone — due trovate morte, sei trovate vive e due introvabili —: fra queste Angelo Colombo. Chi non può venire a Fréjus, lancia messaggi disperati. I funzionari italiani ne hanno a fasci («Prego di notificare se esiste fra i molti il nome di Giannini Agostino, rispondere a Giannini Angelo, via al Po 2, Parma », « Datemi notizie urgenti di Angelo Castagni e Balduino Castagno, scrivere per favore a Posillipo, Napoli » — sono vivi —, « Vi supplico di dirmi se fra i superstiti vi sono Armida Bonetti e i due figli > — sono vivi — e altre drammatiche ri chieste che giungono a Fréjus, ai consolati di Nizza, Tolone e Marsiglia, a cui per ora non è possibile dare una risposta). Un bilancio degli italiani uccisi dall'inondazione è impresa ' difficile, i nomi sono spesso errati, le cifre sono provvisorie. .Un giovanotto di Matera che sabato ci aveva annunciato la morte del contadino Lorenzo Rega, nativo di Pago in provincia di Napoli, oggi gridava: <E' salvo, lo credevamo morto nella sua fattoria e invece è vivo, l'ho scoperto in casa di un amico in Rue de la Liberté >. E' un episodio che illumina sulla confusione nella quale ancora oggi sì brancola a Fréjus. Secondo qualche connazionale, che avrebbe controllato famìglia per .famiglia; i morti o dispersi italiani sarebbero una sessantina; ma altri smentiscono, il colonnello che comanda la guarnigione dei gendarmi dice che gli italiani «di passaporto» non sono più di venticinque su sessanta vittime dal cognome italiano. Il consigliere della nostra ambasciata di Parigi dottor Migneco ha svolto qui un'inchiesta per accertare se è vera la notizia diramata Ieri da un'agenzìa di Parigi, in cui si racconta dell'ecatombe dì 40 operai, metà italiani e metà algerini, avvenuta in un cantiere nella località Boson, a un chilometro dalla diga schiantata. Egli ha saputo con certezza che il cantiere, le sera della catastrofe, era completamente deserto: gli uomini erano scesl in citta, e si sono salvati. A Fréjus si lotta per dimenticare la tragedia. Ma c'è chi vuol conservarsela per sempre nel ricordo: una ragazza si unirà in matrimonio con un morto. E' Irene Jodar, fidanzata ad André Capra. Dovevano sposarsi fra tre giorni. Il giovane era in auto con la madre, cercava di portarla al sicuro. Un'ondata rovesciò la macchina. Ai soccorritori gridò di salvare la donna per prima: quando essa fu tratta a riva, la fiumana lo scagliò contro un muro. Il suo corpo è stato trovato in riva al mare. Irene ha chiesto al procuratore della Repubblica il permesso di celebrare ugualmente le nozze con l'innamorato. Mercoledì in municipio, vestita a lutto, diventerà moglie di André Capra, sepolto da ieri nella fossa comune del cimitero. Gino Nebiolo vsslzC L'ing. André Coyne, progettista della diga del Malpasset II disastro 11 ha privati di tutto : ora si sfamano nel centri <H raccolta per senzatetto (Molsio)