Le servette che arrivano a Milano conoscono bene i loro "diritti sindacali,,

Le servette che arrivano a Milano conoscono bene i loro "diritti sindacali,, Le servette che arrivano a Milano conoscono bene i loro "diritti sindacali,, Va scomparendo la figura della « fedele Enrica » che veniva ricordata nei necrologi di famiglia - Qualcuna cade ancora nei peccati che nascono dalla malinconia, ma le più si sposano e fanno studiare i figli - Patetiche storie e o , a i i i i è , n , i o e e (Nostro servìzio particolare) Milano, dicembre. La signorina Rosa C. aspetta un bambino. Il fatto non è estremamente insolito. Capita, capita spesso. « Tutte le ragazze del mio paese — sospira Rosa — quando vanno a servizio, ternano a casa con un figlio. Pe.- questo a me gli uomini facevano tanta paura ». Ma nei tentacolare clima lombardo, anche i timori dileguano. Rosa C. ha conosciuto, in una sala da ballo, un giovanotto intraprendente (certo, sa come si chiama, ma lui è un tipo curioso, riservato, non le ha mai detto dove lavora, e neppure dove abita), un giovanotto « elegante >: mocassini di camoscio, capelli che gron dano brillantina, motocicletta verniciata di un rosso Mamma; voi capite, non è facile resistere. E poiché, come dice il Vangelo, « la carne è debole », Rosa ha dimenticato il prudenziale spavento, e le sagge raccomandazioni: «Cerca di aver giudizio >, le aveva detto la madre, al momento di salutarla; « non fare sciocchezze », le ripeteva spesso la signora, specialmente da quando si era accorta che, in materia di profumi, avevano gli stessi gusti. « Ma l'amore, dice Stendhal, è come la febbre », e Rosa si è scordata anche della patetica, consueta scena che accompagnava il ritorno delle amiche. Scendevano dalla corriera, indossavano un cappotto troppo largo, tenevano tra le braccia un bimbette, si tiravano dietro, a fatica, una valigia di fibra consumata, rispondevano ai saluti con un sorriso imbarazzato. «La domenica — spiega Rosa, quasi per giustificarsi —, mi portava in campagna. Mi pareva di tornare dalle mie parti, qui ci sono 1 pioppi, da noi i castagni. Lui parla anche tanto bene, è proprio istruito, mi piaceva ascoltarlo, mi piaceva la sua compagnia. Può darsi che mi sposi. Dice sempre che ha incontrato la sua donna: perché mi dovrebbe tradire? ». Ci sono, in questa città, settantamila esuli, voglio dire, settantamila domestiche. Vengono in gran parte dal Veneto, e anche dall'Emilia, dal Bergamasco, e perfino dalla Sardegna. Guadagnano dalle venti alle trentamila lire al mese. Lo stipendio lo mandano quasi sempre a casa. Re la padrona è generosa, non c'è nemmeno il problema del vestire. Bastano poche lire: per il cinematogra fo, per il parrucchiere, per l'in gresso a qualche < balera », per i fotoromanzi. Con la bella sta- - igione, si ritrovano sul bastioni, ogeigdpalms o l o r - , o ai giardini. E' lì che convengono gli altri esuli, i soldati; e s'intrecciano curiosi dialoghi, in una lingua satura di tutti gli accenti d'Italia. E' la solitudine, il bisogno di sentirsi comprese, che spinge le cameriere alla piccola avventura: c'è, nelle loro storie, più tristezza che malizia, sono peccati che nascono dalla malinconia. Anche i militari cercano le « signorine » dei loro paesi, è un po' come non sentirsi lontano, Porta Venezia scompare e sembri* ili essere sul sagrato, rai giorni di festa, all'uscita dal Rosario. Ma qui, a Milano, anche la tecnica del corteggiamento prende l'aria di un gioco assurdo: servetta e soldato, tutti e due in libera uscita, sì sentono diversi, si sentono qualcuno, e le servette hanno imparato, dalle padrone, e dal giornali a fumetti, certi atteggiamenti che non hanno nulla a che vedere con le rozze schermaglie dei « morosi > paesani. La signorina Rina Berlinghieri, che da otto anni è a servizio presso la stessa famiglia, ed è delegata delle Acli per la sua categoria, difende le colleghe che frequentano la truppa. « Noi, dice, troviamo fra loro i nostri conterranei. Sono giovani e generosi, e hanno anche degli orari. E' difficile che combinino guai. Mi preoccupo molto, invece, quando vedo le mie compagne con i civili ». La « lavoratrice domestica » non è più la serva dei romanzi di Flavia Steno, indifesa, sprovveduta, e fatalmente predestinata all'inganno. La «lavoratrice domestica » ascolta la radio, guarda la televisione e, anche quando non sa leggere, ha un'idea abbastanza chiara delle cose del mondo. Sa quali sono i suol diritti, conosce a memoria il contratto, tredicesima, quindici giorni di ferie pagate, una giornata e mezza di libertà ogni settimana, somma da versare all'Inani, somma da versare all'lnps, ricupero delle ore perdute quando i signori ricevono, ma non è quasi mal mossa da rancore, non è quasi mai, come dicono le « datrici di lavoro », « il nemico pagato che ci teniamo in casa». La cameriera, salvo eccezioni, non si è allontanata dalla chiesa, ci sono, anzi, curati di provincia che ogni tanto vanno a visitare le loro parrocchiane disperse nella metropoli, e portano saluti, consigli, e santini con l'effige del Patrono; la cameriera vive la vita della casa, e capisce che il benessere non è sempre fonte di gioia, e spesso condivide il dolore della famiglia che la ospita. Forse non sono del tutto scomparsi i devoti servitori dei racconti di Cecov e di Tolstoj, che rfnssafvacdpnEv è a e i e restavano fino all'ultimo a difendere il decoro e la fortuna dei padroni avviati all'Inesorabile crollo, quei decrepiti servitori che accompagnavano anche in guerra i brillanti ufficiali dello zar che avevano visti bambini, e restavano fino all'ultimo accanto al signore caduto in rovina, nell'ultima dacia sfuggita ai creditori, per rendergli -meno amara la fine. E' ancora viva, anche da noi, la figura della «fedele Enrica », che compare qualche volta nei necrologi, e nel commossi ricordi di qualche anziana signora. Ricordate la disperata vicenda della donna di servizio Elide Fiori? Da tanti e tanti anni viveva accanto a una vecchia e desolata padrona, Clara Pagliero, una vec chia padrona abbandonata da tutti. Spesso non avevano da mangiare, ed Elide Fiori an dava in giro a cercare qualcosa, divideva il pane, piangevano le stesse lacrime, ma la donna dì servizio Elide Fiori non voleva che la gente sapes se, non voleva che parlassero di quella signora che aveva perduto tutto, anche l'amore del parenti. Quando si accorse che non c'era più nulla da fare, che nqn potevano lasciarsi, perché la signora non sarebbe mai andata, e non doveva bussare, al ricovero dei poveri, decisero, serva e padrona, di andarsene assieme, di cercare nelle acque di un fiume un rifugio per la loro disperazione. Dio avrebbe perdonato quelle due creature Indifese. Le raggiunsero mentre stavano annegando, tutte e due abbracciate, unite anche nella morte. E ricordate quella giovane cameriera romana che, ingiustamente sospettata di un furto, piuttosto che affrontare la vergogna del carcere, diede fuoco alle vesti? Non aveva trovato neppure, nel grande avvilimento, la forza di ribellarsi, si sentì incompresa, perseguitata, nessuno potè salvarla. Le cameriere restano, quasi sempre, attaccate alla loro professione, per tutta la vita. Dopo i 45 anni, comincia il declino: è più difficile trovare lavoro, se si perde il posto non è agevole scovarne un altro. Quando sono giovani, e vengono a Milano, molte cercano di entrare negli stabilimenti. Non c'è orario di dodici ore, si sentono più libere. Tante sposano operai, o piccoli artigiani, e aiutano la barca familiare prestando qualche servizio a ora. Le necessità sono molte ) figli debbono studiare. Magari attraversano la città per andare, come si dice qui, «a fare i mestieri », in un quartiere dove nessuno le conosce; non vogliono che i figli, studenti, debbano vergognarsi dell'umiltà del loro mestiere, e pregano le signore di non mbslaulbbp mandarle in giro col grem biule. Quando non possono più sopportare le pesanti fatiche le domestiche si adattano ad assistere vecchi ed infermi; da ultimo, sui sessant'anni, c'è solo l'ospizio. Arrivano col libretto della pensione, resterà ben poco per le piccole compere, ormai al paese non c'è più nessuno, i nipoti che ne sanno di loro?, passano le giornate rievocando le grandezze delle famiglie presso le quali trascorsero la vita, racconti di feste fastose, di disgrazie terribili, di amori coronati da candidi veli, o da clamorose separazioni, se ne vanno dimenticate. Le più fortunate, le « fedeli Enrlche », restano nella casa che le vide giovanette; la loro immagine non ricorda più la servetta che arrivò dal Friuli, o dalle montagne di Bergamo, le trattano come delle nonne, un po' maniache, un po' svanite, le «fedeli Enriche» appartengono davvero alla casa, alla famiglia, e quando scompaiono, lasciano davvero « un vuoto incolmabile ». Enzo Bìagi ■iiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Persone citate: Cecov, Clara Pagliero, Enzo Bìagi, Flavia Steno, Rina Berlinghieri, Tolstoj