Un colombo con le zampe spezzate costretto a volare sino alla morte

Un colombo con le zampe spezzate costretto a volare sino alla morte 1 SUPPLIZI DEL TIRO AL PICCIONE Un colombo con le zampe spezzate costretto a volare sino alla morte Come un aereo senza carrello, non aveva più potuto atterrare; rimase ir) aria ore e ore fino a che la fatica fece scoppiare il suo piccolo cuore - Era della splendida razza degli «^uritos», e, catturato per il divertimento dei tiratori a volo, aveva subito la solita trafila di torture - L'episodio è uno dei tanti che succedono in tutta Italia; migliaia di esemplari, se non cadono subito fulminati, passano, feriti, attraverso orribili sofferenze -1 cultori di questo "passatempo,, crudele (che non è neppure uno sport) avanzano ragioni che non hanno fondamento alcuno - C'è all'ordine del giorno del Parlamento un progetto per abolirlo; la maggioranza degli italiani si augura che la legge sia approvata (Nostro servizio particolare) Roma, 16 dicembre. Sono nel quartiere Nomentana, in uno dei tanti attici ai quali, spesso, riparano i colombi che scampano alla morte del non lontano campo di tiro a volo. La storia che mi racconta il commerciante B. è una delle tante che sono in grado di ripetervi gli abitanti degli ultimi piani in questa parte della città. Qualche tempo addietro, il signor B. vide un colombo che, volteggiando penosamente sopra la sua terranea, cercava di posarsi: ma, appena giungeva a sfiorare un qualsiasi punto di appoggio, si rialzava bruscamente, quasi avesse temuto di scottarsi. Il fatto era piuttosto strano. Osservando meglio, il commerciante si accorse che, di sotto al ventre, le zampe dell'uccello penzolavano nel vuoto, inerti. Dopo forse un quarto d'ora di penoso anfanare, il piccione cadde a terra e 'rimase immobile, le ali aperte a ventaglio, il piccolo capo riverso dà un lato. Era morto. Prendendolo in mano, non fu difficile al signor B. capire ciò che era acca- IllllllIlIIIIIIIIIflIIMIIIIIllllllllllllIIItllllIllllB duto. Una raffica di pallini da caccia aveva spezzato le zampe del colombo che, allo stesso modo di un aereo col carrello guasto, non aveva potuto atterrare, costretto a restare in aria a volare, senza riposo, senza cibo, forse un giorno, forse due, tentando chissà quante volte di interrompere, anche un solo istante, lo sfinimento di quel supplizio, fino a che il suo piccolo cuore era scoppiato di fatica. All'apparenza somigliava a uno dei tanti piccioni che popolano piazza San Marco, ma all'occhio esperto del commerciante fu facile riconoscere uno zurito. Si era concluso, sulla sua terrazza, un dramma che aveva preso le mosse parecchi mesi prima, sui Pirenei. E' sui Pirenei rocciosi e solitari che vivono gli zuritos; piccioni selvatici, di piumaggio cinerino, più minuti e snelli dei piccioni di città, straordinariamente belli e possenti. E' giusto dire che sono i volatili della libertà e dell'amore. La ricerca del cibo li spinge a lunghi voli attraverso spazi sconfinati, che li spingono dai monti a lambire i flutti del mare. Hanno un volo spiegato, classico, d'ampio respiro; il volo che, per la sua elegante semplicità studiava Leonardo Sono instancabili, nervi e muscoli, allenati alle rotte più massacranti. Quando remigano nel cielo, diresti che provano il piacere del loro grazioso atletismo. Al tempo loro si sposano formando coppie fisse, che si- amano teneramente tutta la vita, con una gioia che si rinnova ogni giorno; e si tratta di una fioritura di sentimento che sorpassa la nuda legge della generazione, e che irradia nel selvaggio regno in cui vivono un gentile alone di poesia. Come tanti altri compagni sventurati, il piccione era stato catturato vivo, con la insidia della rete, strappato d'improvviso al suo popolo. E la prima sofferenza fu la separazione dalla sposa, poi il lungo viaggio di trasporto a Roma, la stretta prigionia delle gabbie, con nelle ali ancora il ricordo degli spani sconfinati. Certe volte un uomo lo piglia e gli strappa d'un colpo le penne timoniere, un dolore come se a noi strappassero una manciata di capelli, e poi, su quella viva lacerazione, sparge il sale perché aumentino il bruciore e l'insofferenza. (Si tratta di una operazione abusiva. Le regole del tiro a volo dispongono il taglio della coda, al fine di rendere il volo più irregolare e il bersaglio più difficile ma vi è anche qualcuno che preferisce praticare lo strappo - perché il volatile, morso dal bruciore, diventa più scattante). Chiuso al buio in una delle cassette del campo, il colombo vive il momento culminante della sua disavventura. Dolorante, stordito dai botti di fucile che hanno, sterminato i suoi compagni, il suo cuoricino batte, mentre, appostato comodamente sulla pedana, un cacciatore armato di una carabina di precisione aspetta l'istante del tiro. D'un tratto si spalanca dinanzi ai suoi occhi la porta della prigione, e la vista del cielo: il prigioniero balza fuori con impeto, per una frazione di secondo ha l'illusione della libertà. Ma, non appena schiude le ali, si sbanda, zoppica: per la prima volta nella sua vita si trova in aria come un aereo senza timoni, il suo bel volo si trasforma in un pazzo starnazzare. Poi un botto di carabina gli spezza le zampe. L'episodio che mi racconta il commerciante B. è uno dei tanti che succedono ogni anno in tutta Italia. Secondo le statistiche, sono circa trecento quintali gli zuritos che annualmente arrivano dalla 1 ■ M11M1111J111L11M MI ! 1 ! 11 ! M11L11 : i M M M1 [ 111L i 11 ] : L M J Spagna ai campi di tiro a volo. ^Quando sono fortunati, cadono fulminati al primo tiro. Ma sono troppi i casi in cui vengono soltanto feriti. Allora si prospetta dinanzi a loro solo una gradazione di sofferenze. Gli può capitare di cadere appena fuori dal recinto del campo, dove stanno appostati turbe di ragazzi armati di flonde, i quali, rivali accaniti, si avventano spesso in parecchi sul piccione, e se lo strappano di mano ancora vivo, sbranandolo orrendamente. O può accadere che riescano a portarsi lontano, a guadagnare con le ossa rotte qualche cespuglio, dove li attendono l'assalto del falco o la cancrena. Ciò che aumenta il loro strazio è l'incredibile resistenza e vitalità, che acquistano durante la libera vita sugli aspri Pirenei. Possono sopravvivere per giorni, e perfino volare, con il corpo trapassato da proiettili, e quando, per ì guasti della cancrena, già esalano odor di cadavere. Solo pochissimi riescono a salvarsi. Non voglio diffondermi ancora su altri particolari strazianti. Che il tiro a volo sia offensivo e barbaro sembrerà ovvio ad ogni persona che abbia un minimo di umanità. Esso contravviene ad ogni elementare principio etico, è profondamente diseducante, è uno sfregio alla natura. Non per nulla è vietato in quasi tutti i Paesi civili, a cominciare dalla Inghilterra dove è nato. In Europa, è amaro dirlo, è consentito solo nei Paesi latini, oltre che da noi, in Spagna, in Francia, nel Belgio dei Valloni. Secondo noi, si tratta di un marchio di arretratezza. Tutto ciò che degrada le creature viventi al solo scopo di divertimento, offende il più elementare sentimento di equità. Il tiro a volo, non ha nemmeno dalla sua le ragioni della caccia, tanto è vero i cacciatori degni di questo nome l'avversano. Bisogna ammettere che in mezzo al milione di cacciatori italiani, moltissimi imbracciano il fucile per motivi economici. Ma nel caso del tiro a volo, si uccidono animali in evidente-stato di inferiorità, si provocano sevizie e sofferenze, per il solo gusto di uccidere, per il solo divertimento di un ristretto numero di cultori: circa tremila in tutta Italia. Che non si tratti di uno « sport >, come alcuni sostengono, lo dimostra il fatto che non appare nell'elenco dei giochi olimpici. Esso si svolge, quasi sempre, sullo sfondo del gioco d'azzardo, fiorisce all'ombra delle bische e dei casinò, e coinvolge scommesse di somme assai elevate. I tiravolisti, ovviamente, difendono accanitamente la loro passione ed i loro interessi. Avanzano una serie di argomenti uno più debole ed insostenibile dell'altro. Dicono, per esempio, che la soppressione del tiro a volo farebbe ridurre il flusso dei turisti in Italia. Che l'uccisione dei piccioni si fonda sù motivi non dissimili da quelli che giustificano la caccia 0 gli abbattimenti nei macelli. Che gli impianti del tiro a volo in Italia assommano un valore di quattro miliardi di cui bisogna tener conto. Che il tiro a volo procura notevoli utili ai fabbricanti d'armi e di munizioni. Al che gli abolizionisti non trovano difficile rispondere punto per punto. Un'inchiesta della Società Protettrice degli animali, tanto per cominciare, ha raccolto le dichiarazioni delle più importanti agenzie di viaggio straniere, secondo le quali nessun turista per l'Italia chiede mai informazioni sul tiro a volo. Anzi, il gioco è cosi impopolare all'estero, che semmai suscita ripercussioni negative. Non vi è dubbio, poi, che altro è uccidere animali per la necessità dell'alimentazio¬ ne, nei modi studiati per evitare loro qualsiasi sofferenza, come avviene nei macelli, altro è uccidere provocando strazianti torture solo per passatempo. Anche senza giungere alle tesi dei vegetariani (per le quali confesso di nutrire personalmente molte simpatie) certi limiti si impongono da sé ad ogni persona di buon senso. Si noti che la carne degli zuritos è dura, tigliosa, tutta muscoli e nervi, e si svende a prezzo vile nei mercati. Quanto agli impianti ed agli interessi dei fabbricanti d'armi, si potrebbe salvare ogni cosa, sostengono gli abolizionisti, sostituendo ai piccioni il tiro al piattello. Ma i tiravolisti non ne vogliono sapere, dicono che < non c'è gusto » a tirare ad un pezzo di plastica, che l'animale vivo - soddisfa di più. Dal loro punto di vista sarà anche vero; ma non tutte le cose che piacciono sono per questo lecite. Mi hanno detto alla Società Protettrice degli animali: < Anche la schiavitù, anche le case di tolleranza facevano comodo, eppure si sono abolite in rispetto alla coscienza morale... ». Ci sembra una vera incongruenza che per il beneplacito di tremila persone, si continui a permettere in Italia un giuoco che ogni anno uccide e strania centinaia di migliaia di zuritos, e che suscita in molti paesi stranieri motivi di, impopolarità e facili accuse a sensazione nei nostri confronti. E allora? Non starò qui a ricapitolare la storia delle proposte di legge abolizioniste che sono state presentate alle Camere e decadute per vari motivi, non escluse le forti pressioni degli interessati. Attualmente è all'ordine del giorno del Parlamento una proposta di legge che, tempo fa, ottenne l'approvazione unanime in sede di commissione. Tutti coloro che sono contrari allo strazio degli animali, e cioè la grande maggioranza degli italiani, debbono augurarsi che, vincendo ogni esitazione, la proposta di legge esca dai cassetti, passi al voto delle Camere ed ottenga un'approvazione di cui nessuno dubita. Cerchiamo di rispettare gli zuritos (il commerciante B. mi dice: c Es»i amano la libertà più della loro vita. Una volta, un colombo ferito piovve sulla mia terrazza. Non poteva più volare, ma camminare si. Si inoltrò sui tetti perché non potessi raggiungerlo, si fermò ad una distanza di sicurezza. Posai sul parapetto della terrazza il mangime. Il colombo, affamato, guardava il cibo, ma non si muoveva dal suo posto. Passarono alcuni giorni, finché morì. Preferì lasciarsi morire di fame, che rischiare di venir preso ancora una volta dagli uomini).