accusato d'aver ucciso un maestro afferma di esser vittima di pettegolezzi

accusato d'aver ucciso un maestro afferma di esser vittima di pettegolezzi MI direttolo ti iti attico alle Assiso effi Berr/amo accusato d'aver ucciso un maestro afferma di esser vittima di pettegolezzi (Dal nostro corrispondente). Bergamo, 3 dicembre.' E' iniziato stamane in Corte d'assise il processo per il «giallo deli Lago d'Iseo», 11 caso forse più interessante e misterioso della cronaca bergamasca del dopoguerra Sul banco degli imputati siede il direttore didattico Italo Gheza, di 50 anni, da Castro (Bergamo), che i magistrati accusano di aver ucciso la sera' del 23 novembre 1916 il maestro Lorenzo Morosini, gettandone poi il cadavere nelle acque del Sebino. Movente del delitto sarebbe stata, secondo l'accusa, la vendetta, perché la vittima aveva sposato l'ex-fidanzata del Gheza, Maria Carmela Glisoni, anch'essa insegnante. Il dibattito, iniziatosi alle ore 10, si è aperto con la lettura dei capi d'accusa: omicidio volontario e soppressione di cadavere. Subito dopo si ha un colpo di scena: il primo difensore, l'avvocato bresciano Enzo Paroli, annuncia alla Corte la decisione di rinunciare alla difesa dell' imputato per essere ascoltato quale testimoniò a discarico. L'altro difensore, avvocato Pezzotta, del Foro di Bergamo, presenta immediatamente istanza alla Corte perché il collega venga citato quale teste e dichiara di volersi associare nel collegio dì difesa all'avv. Natteo, pure del Foro di Bergamo. La Corte accoglie l'istanza e prende atto della modificata costituzione del collegio dei difensori. Dopo la relazione dei fatti, esposta dal presidente, viene chiamato l'imputato. Il Gheza esce dalla gabbia, si dirige verso l'emiciclo e con voce ferma si dichiara assolutamente innocente, negando decisamente ogni addebito. Egli dà la sua versione dei fatti che lo hanno condotto — alla distanza di tredici anni dalla scomparsa del Morosini — sul banco degli imputati: parla di una serie di malintesi e pettegolezzi orditi ai suoi danni. In pratica si dice vittima delle « voci popolari » a lui contrarie in tutta la zona dell'Alto Lago d'Iseo. La fase centrale della deposizione si ha quando sono iniziate le contestazioni sulle presunte confessioni che l'ex-direttore didattico avrebbe più volte reso ai parroci di Castro e Bisogne, don Pasinetti e don Recaldini. „ «Nel 1949 — dice il Gheza — ricevetti una lettera anonima ed udii circolare nella zona voci secondo le quali sarei stato l'autore dell'omicidio del Morosini: naturalmente dovevo scagionarmi. Mi recai dalla Glisoni per chiederle se avesse avuto notizia del marito scomparso: se si fosse messa in chiaro la faccenda sarei stato completamente scagionato. La trovai però molto fredda e scostante nei miei confronti; per questo pensai bene di rivolgermi al suo parroco, don Recaldini di Pisogne. Vedendo che anch'egli manteneva un atteggiamento sostenuto nei miei confronti, più volte gli dissi: — Per qualcuno sono lo 11 col pevole! Si rende conto di questo? —. Penso di avere anche pianto, perchè il mio carattere è piuttosto emotivo». Quando il presidente conte sta all'imputato la circostanza secondo la quale non solo al parroco di Pisogne egli avrebbe confessato la sua colpa, ma anche a don Pasinetti, parroco di Castro, il Gheza risponde: « Non è vero. Magari in buona fede, ma don Pasinetti ha travisato tutto perché intimamente convinto, che io fossi 11 colpevole: io però non ho cercato altro che di persuaderlo del corìtrario! ». Quindi l'udienza viene tolta e aggiornata a domani. p. a. I! prof. liaio Gheza nell'aula «ielle Assise di Bergamo dopo l'interrogatorio (Telefoto)

Luoghi citati: Alto Lago D'iseo, Bergamo, Pisogne