Rievocata la teatrale minaccia di suicidio della signora abbandonata dai "protettori,,

Rievocata la teatrale minaccia di suicidio della signora abbandonata dai "protettori,, Letta in aula, una missiva deità affarista genovese subito dopo il evaeh Rievocata la teatrale minaccia di suicidio della signora abbandonata dai "protettori,, L'imputata dichiara che, oppressa dai debiti, compi un ultimo raggiro di 100 milioni, con una falsa raccomandazione di un ministro Sperava nel frattempo di riottenere l'appoggio delle personalità che avrebbero favorito l'inizio del suo turbinoso movimento finanziario iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiii i iiiiiiii(Nostro servizio particolare) Genova, 20 novembre. Nella terza giornata^ del processo Roisecco si sono sentiti parecchi nomi di grossi personaggi della capitale; ma è rimasto il mistero sui veri partecipanti ai traffici della signora genovese accusata di truffa per mezzo miliardo. Oggi .si è ripetuto, nell'aula del Tribunale genovese, che la signora Roisecco era in stretta amicizia con l'onorevole Gonella e con la sua famiglia, che era in dimestichezza col prefetto di Roma, Antonucci, col sottosegretario alle Finanze Castelli, con la onorevole angolani Guidi, con l'onorevole Franceschi™, col Capo della Segreteria dell'onorevole Sceiba, Vitali. Sono stati anche fatti marginalmente ì nomi del questore di Roma, Polito e dell'onorevole Compiili. Ma gli accenni erano rivolti a precisare l'ambiente romano messo in moto dalla vicenda Roisecco, non servivano affatto a identificare i personaggi che entrarono direttamente negli iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiniiiiiiiii affari della intraprendente signora. Quei personaggi, rimasti ignoti, dovevano essere potentissimi. A un certo punto il prof. Spinedi, coimputato, già consulente della Roisecco, ha detto su domanda del presidente: « Si trattava di interventi politici. Le operazioni svolte dalla signora erano tecnicamente impossibili. Certi permessi di importazione si potevano avere soltanto dietro interventi discrezionali dall'alto. Al rango di un direttore generale di ministero non era possibile ». Avv. Cigarini (Parte Civile) — Allora si tratta di un sottosegretario, di un ministro. Prof. Spinedi — Ministro del Commercio estero era a quel tempo l'onorevole Ivan Matteo Lombardo. Chiedetelo a lui. Avv. Cigarini — Non vogliamo sapere chi era il ministro, vogliamo sapere quale personalità politica appoggiava la Roisecco. Prof. Spinedi — So soltanto che quei personaggi avevano necessità finanziarie... (la fra- se, che poteva essere rivelatrice, è rimasta sospesa). Neppure oggi, dunque, i misteri di fondo sono stati svelati. Ma si è capito ancor meglio che il romanzo è davvero grosso. Nella prima parte, fino al '51, tutto filò liscio. La Roisecco ottenne eccezionali permessi per importare petrolio dal Messico, caffè, perfino zucchero a beneficio della Camera del Lavoro di Genova. Nella seconda parte abbondano i capitoli drammatici, come quello conclusivo, di cui si è parlato oggi: 100 milioni tondi carpiti al comm. Sacerdoti, di Roma, facendogli credere che il denaro era necessario per finanziare la campagna elettorale della d. e, nella primavera del '53. A quel tempo, la signora era oppressa da enormi debiti contratti per pagare altri debiti con relativi interessi del 600 o del 720 per cento (l'imputa ta ne parla tranquillamente, masticando caramelle). I permessi straordinari non arrivavano più: la sua stella era offuscata, oppure i protettori romani non erano più potenti. Trovandosi alle strette, la signora realizzò il colpo fatale: si fece dare 100 milioni dal Sacerdoti, Fabbricò un assegno falso di 200 milioni a nome del senatore Guglielmone (Presidente: « Come le venne in mente Guglielmone?». Rispo sta: « Non lo avevo mai visto, sapevo che aveva una banca»). Fabbricò una lettera falsa di garanzia firmata dall'onorevole Gonella e riuscì con quei documenti a ingan nare il comm. Sacerdoti, impegnandosi a restituire entro dieci giorni la somma, più 20 milioni di premio, pari a un interesse del 720 per cento Invece corse a Genova per pagare alcuni creditori. Alla scadenza tornò a Roma col marito, sicura di avere il famoso appoggio. Era un sabato: chiese un rinvio fino al lunedì, ma la domenica scomparve lasciando al suo collaboratore prof. Spinedi, che l'aveva presentata al Sacerdoti, una lettera in cui diceva: « Quando lei riceverà questa mia io non sarò più. E' tutto falso, l'assegno, la firma, tutto. Non conosco Gonella che come amicizia. E' per avere tentato qualche operazione IlIIIIIIllllllIllllllllIIIIIIIIIIIIIIIIllIlllllIIIIIIIIIII non riuscita. Nemmeno per il grano c'era niente di vero. Ho ingannato tutti, commerciando con speculazioni sbagliate e il buco si è fatto sempre più grande, non c'era altro rimedio che continuare come in un sogno a fare assegni su assegni. Una doppia vita che il destino tragico della mia famiglia chiude con me. Ho ingannato tutti, da mio marito che domani crede anche di incassare, agli amici più cari. Perdonatemi. Non ho il cervello che ragiona. Dietro di me ho tutte le mie bambine. Ve-'da con Stefano e con mio cognato di non fare pubblicità». (Il marito ricevette una lettera simile. Commenta: «Io non capisco nulla, io, mi hanno telefonato da Firenze per cercare mia moglie ». Presidente: « Qui è tutto incomprensibile »). Vale la pena di riportare per intero la lettera: sembrerebbe la tragica confessione di un'alienata. Ma in seguilo si presta a diverse interpretazioni: il suicidio restò un tentativo, la signora finì in una clinica a Genova, guardata a x>ista da quattro agenti, mentre il suo collaboratore, professor Spinedi, doveva cavarsela, da solo a Roma. Egli ha oggi raccontato ai giudici di essere stato ingannato in modo teatrale: la signora lo convocò a piazza del Gesù, alla segreteria della d.c, facendosi vedere mentre usciva dallo studio di Gonella portando l'assegno famoso e la lettera di garanzia. Spinedi afferma dunque di essere stato colto in buona fede. Dovette pagare di persona, essendo stato minacciato di denuncia dal Sacerdoti. Ma ebbe poi la sorpresa (sono sempre parole dello Spinedi) di sentirsi chiamare al telefono dall'avv. Paolo Boitani,- legale della Democrazia Cristiana, il quale disse di voler sistemare la faccenda degli assegni a nome della direzione del partito. In un colloquio avvenuto nello studio di via Barberini 35 il 3 maggio 1953 parlò degli « assegni della d.c. ». Poi un altro avvocato, Sequi, amico di Boitani, assicurò che « dopo le elezioni il partito sarebbe intervenuto pagando con modalità da studiarsi opportunamente in maniera da non potersi dire che il partito stesso riconosceva llIllllillIIIIIIIIIIllllllllllllllIlllllIIIIIIIflIlllllllllll la propria corresponsabilità nell'operato della Roisecco ». Cosi sfa scritto negli atti, così ha detto Spinedi. Alle promesse non seguirono i fatti. Ma quell'intervento del legale della Democrazia Cristiana lascia molti- interrogativi, complicati dal fatto che indubbiamente la Roisecco aveva strette relazioni negli ambienti democristiani. Il prof. Spinedi ha raccontato di averla cercata diverse volte a casa Gonella, formando un numero telefonico segreto, csattamen- te l'8/,.937. L'interrogativo più grosso resta questo: la Rai secco aveva avuto realmente promesse tali da essere sicura dì restituire i 100 milioni? Qualcosa crollò veramente fra sabato 21 marzo e domenica 22? Presidente — Come si era deturminato l'avvenimento che capovolse la sua situazione? Signora Roisecco — Avevo avuto una promessa che valeva più di 100 milioni... (Poi si ferma senza cedere al martellamento degli avvocati che vogliono sapere di piti). « E' questo il processo delle cose strane», ha detto in seguito il presidente. E' anche il processo della reticenza osservata come ura disciplina. Mario Fazio

Luoghi citati: Firenze, Genova, Messico, Roma